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Illegittimità premio maritaggio

Illegittimità premio maritaggio

Riceviamo a pubblichiamo la lettera inviata al sindaco Ciro Borriello di Torre del Greco di Udi di Napoli e Comitato antiviolenza e salute donne

Martedi, 22/06/2010 -
Al Sindaco di Torre del Greco Ciro Borriello

E p. c. Ai capigruppo dei partiti presenti nel Consiglio Comunale di Torre del Greco

 



Oggetto: illegittimità premio maritaggio





Lette le argomentazioni del Sindaco Borriello, circa un presunto obbligo, creato da un legato testamentario, della Giunta Torrese a perpetuare l’anacronistica usanza di attribuire “un premio maritaggio per fanciulle disagiate” , ce ne riteniamo oltre che insoddisfatte, di più motivate a chiedere il ritiro della delibera per il suo palese conflitto coi principi costituzionali



Tale conflitto non ammette alcun tipo di giustificazione, per cui la narrazione fatta dal Sindaco non pone sotto diversa luce la vicenda e la perpetuazione di una violazione, più grave perché istituzionale, dei diritti e della dignità femminile.



Riassumendo le argomentazioni di cui sopra si apprende che l’ecclesiastico Sannino nel 1883, avrebbe, per legato testamentario, disposto che le autorità cittadine si facessero garanti della distribuzione benefica postuma dei proventi derivanti da uno stabile di sua proprietà. Obbligatoriamente, sostiene il Sindaco, i proventi sono destinati in parte alla chiesa della Santa Croce, in parte all’ex ECA ed in parte al premio maritaggio, ed il comune sarebbe semplice esecutore di una volontà testamentaria.



Queste disposizioni al primo esame, a parte altre perplessità di carattere logico-storico, nella loro mera esecuzione pongono il Comune in una posizione di sudditanza rispetto alle volontà di un singolo cittadino, il cui supposto intento, per l’epoca, benefico attualmente confligge con la prima legge dello Stato. La Costituzione infatti rende illegittima ogni discriminazione per sesso, religione, condizione economica. Un bando pubblico non può quindi stabilire che le candidate debbano comprovare la loro buona condotta con un certificato del Parroco ( vedi testualmente delibera)



Il Sannino non può essere comunque chiamato in correo, per l’operato della Giunta Torrese, in quanto la destinazione testamentaria, forse legittima al tempo della stesura del documento, lo vedeva ignaro del successivo varo Costituzionale. Ci pare inoltre azzardato pensare che legati così rigidi possano aver attraversato, immutati, i cambiamenti radicali avvenuti dopo il 1883 nel nostro Paese e nel mondo, anche nella condizione femminile.



Il Sannino inoltre, al suo tempo, non poteva aver previsto l’istituzione dell’ECA (1937), eppure questo ente fino al suo scioglimento è stato erede beneficiario . Successivamente allo scioglimento dell’ ECA, sostiene il Sindaco, il lascito è impiegato per altre finalità. Per quanto riguarda poi la parte destinata alla Chiesa di Santa Croce pare improbabile che la Curia permetta un’ingerenza comunale sull’uso del lascito.



Insomma l’argomento della fedeltà alle disposizioni postume viene invocata solo per la parte riferita alle “donzelle”, come da presunto testamento, o fanciulle, come da delibera.



Concludendo se il Sannino non poteva auspicare una differente condizione da quella che vedeva imporre alle donne del suo tempo, anche per la sua collocazione nelle gerarchie religiose, Il Sindaco e la Giunta Torresi sono tenuti istituzionalmente non solo ad auspicare una differente condizione femminile da quella che vedono, ma a favorirla.



Il “premio maritaggio” è palesemente una deroga istituzionale al principio della dignità civile delle cittadine: la delibera che stabilisce i criteri di assegnazione, oltre a quanto sopra detto, valuta la condizione delle candidate in base a quella del nucleo familiare d’origine, stabilendo una sorta di svilente tutoraggio familiare esteso alla maggiore età (possono partecipare donne fino ai trent’anni). In sostanza, tra i requisiti, non fa testo la condizione soggettiva dell’eventuale beneficiaria, ma quella dei congiunti. Si assume, nel testo della delibera, il principio, come altri sconfitto dal movimento delle donne, della subordinazione femminile alle gerarchie familiari.



Ampiamente argomentata la richiesta di ritiro della delibera, riservandoci altre azioni legali in caso di mancato buon fine della presente, intendiamo significare con forza l’inconsistenza delle argomentazioni a sostegno della delibera in oggetto e la loro assoluta pretestuosità.



L’evidenza prorompente dietro lo schermo delle scuse addotte, parla di uno scambio di favori tra uomini delle Istituzioni Pubbliche e uomini delle gerarchie religiose, nel controllo, apparentemente, simbolico dell’immagine e delle libertà femminili. Diciamo apparentemente perché è certo che il controllo espresso sulle donne si esprime normalmente e non ufficialmente attraverso le violenze volutamente ignorate da chi ha l’obbligo di combatterle.



Tutto quanto pensiamo della natura antidemocratica di premi, sorteggi ( istituiti, come ha fatto la giunta Torrese, anche sui posti di lavoro) e riffe apre un problema sulla conduzione maschile (solo una consigliera eletta nel comune) del potere, causa la legge elettorale che genera la convinzione, in chi è nominato nel potere, “di potersi permettere tutto”.



Nel rinnovare l’invito a desistere dal procedere al sorteggio per il “premio di maritaggio”, ci firmiamo.



Udi di Napoli, Comitato antiviolenza e salute donne



Napoli, 22/06/10

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