WELL_B_Lab* - Mai avute così tante donne in Parlamento, ma il numero non ci racconta qual è il loro potere reale né l’efficacia legislativa. Dati OpenPolis ci aiutano a capire la strada ancora da fare affinché la rappresentanza abbia anche un impatt
Badalassi Giovanna Sabato, 28/02/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2015
L’attuale Legislatura si caratterizza per numerose peculiarità, tra cambi di governo e di maggioranze, protagonismo governativo a discapito dell’agibilità politica del Parlamento, riforme istituzionali. Si vedrà in futuro quali saranno le ricadute, positive e negative, di tutte queste novità. Intanto, in occasione dell’8 marzo, vale la pena trarre alcune prime riflessioni sul ruolo delle parlamentari, che non sono mai state così tante in tutta la storia d’Italia - quasi il 30% -, una percentuale identificata in tutti i processi come punto di svolta del cambiamento e che avrebbe la possibilità di lasciare il segno. Lo stanno facendo? Farsi un’opinione in questo senso è molto complicato, considerata la criticità del momento politico ed economico, alcuni elementi li forniscono i dati di OpenPolis , della Camera e del Senato.
In generale, l’ultimo rapporto di Openpolis sull’indice di produttività dei ‘palazzi’, pone l’accento su dinamiche parlamentari molto particolari quali il progressivo accentramento da parte del governo della funzione legislativa: l’84% delle leggi approvate - e tutte quelle più importanti - nella XVII Legislatura sono infatti di iniziativa dell’esecutivo, che ha così ridotto molto il campo di azione di Deputati e Senatori insieme alle dinamiche di negoziazione politica. Risultato di questa tendenza è che “dei quasi 1.000 fra deputati e senatori quelli che riescono veramente ad influire sui processi parlamentari non arrivano a 100. Molte volte non bastano impegno e presenza costante, quello che veramente conta è presidiare ruoli politici - ad esempio capogruppo - o istituzionali - ad esempio presidenza di commissione - che regolano l’agenda dei lavori e definiscono le priorità”.
All’interno di questo processo, vediamo che ruolo hanno assunto le donne e quale contributo stanno offrendo ai lavori parlamentari. Intanto, è importante sottolineare che la maggiore presenza femminile in questo Parlamento è frutto di un forte ricambio generazionale e della classe politica. Sia alla Camera che al Senato le donne hanno infatti mediamente alle spalle un numero di anni di mandato inferiore a quello degli uomini: 3,6 anni in media per le donne alla Camera, contro i 4,6 degli uomini, 3,6 anni per le Senatrici contro i 5,9 dei Senatori. Una dinamica confermata anche dalla sottorappresentazione delle donne politicamente più longeve: tra i 50 deputati più longevi vi sono solo 9 donne elette, il 18% (contro il 30,8% medio delle donne alla Camera), mentre trai senatori più longevi le donne sono solo 3 su 50, il 6% (contro il 28,3% di donne al Senato). L’indice di produttività parlamentare, che premia sia la quantità del lavoro legislativo sia la qualità in termini di norme approvate in via definitiva, ci restituisce anche per le donne un potere parlamentare legato agli incarichi parlamentari che sono stati ad esse attribuiti.
Alla Camera, su una produttività media di 60,19 punti, quella riferita alle donne è lievemente più bassa (52,6) rispetto a quella degli uomini (63,5). Tale differenza è dovuta essenzialmente al maggior numero di ruoli e cariche che gli uomini hanno assunto nelle Commissioni e nelle cariche di responsabilità (Presidenti di Commissioni, di gruppo ecc). Infatti, se le parlamentari alla Camera arrivano al 30,8%, la loro presenza nei ruoli di responsabilità (Capo Aula, Capo Commissione, componenti del Governo o Presidenti di Commissioni) scende invece al 22,8%, con un indice di produttività di 76,6 contro 108 degli uomini.
Diversa è la situazione al Senato dove le donne sono riuscite a meglio esprimere il proprio potere legislativo in termini di produttività. Nonostante le senatrici siano il 28,2% del totale, la percentuale con un incarico parlamentare scende anche in questo caso al 22,3%. L’indice di produttività delle elette è però di 92,6 punti conto i 91,2 dei colleghi uomini. Tale risultato è merito delle senatrici che hanno avuto incarichi, sulle quali è confluito un maggiore carico di rappresentanza: per queste infatti la produttività è di 145,1 punti contro quella di 103,4 punti espressa dai senatori.
Ma su quali ambiti e politiche si impegnano maggiormente le nostre rappresentanti? Analizzando la composizione delle Commissioni parlamentari si osserva ancora una certa segregazione dei temi politici trattati. Le donne componenti delle Commissioni che si occupano di Salute, Lavoro e Previdenza, Istruzione, cibo e agricoltura e sono infatti il 43% al Senato e il 45% alla Camera, mentre le parlamentari attive nelle Commissioni per i Lavori pubblici, Comunicazioni, Difesa, Territorio e ambiente, Affari costituzionali, Affari esteri, Industria, Giustizia e Politiche europee non superano il 21,8% al Senato e il 27% alla Camera.
Un’evidenza empirica che va letta sotto diversi aspetti. Da una parte si trova conferma dell’interesse delle parlamentari per i temi politici tradizionalmente femminili e particolarmente critici in questo periodo di crisi: lavoro, sociale, famiglia, diritti, conciliazione, istruzione. Un impegno da valorizzare certamente in termini positivi. D’altro canto occorre riflettere sull’influenza delle decisioni dei partiti che lasciano alle donne le politiche caratterizzate da una forte debolezza in termini di potere politico e finanziario.
Temi politici considerati ben più rilevanti in termini di potere reale rimangono infatti ancora appannaggio dei parlamentari maschi. Questa segregazione è da considerarsi nociva per tutto il sistema, non solo per la minore rappresentatività femminile. Un maggiore riequilibrio della rappresentanza in settori attualmente così segregati consentirebbe infatti di migliorare l’equità e l’efficienza della funzione legislativa, anche modificando reti di relazioni lobbystiche consolidate con un contributo di maggiore trasparenza.
Siamo quindi ad un punto di passaggio, nel quale i progressi di rappresentanza femminile ottenuti nelle ultime elezioni non si sono ancora tradotti in un impatto sul sistema particolarmente innovativo e di cambiamento. Forse ci vorrà ancora tempo per vedere dispiegarsi appieno la potenzialità innovatrice delle elette. Certo è che questo processo, che pure appare irreversibile, va seguito e sostenuto, sia nel migliorare ancora la rappresentanza femminile in termini quantitativi, sia nel favorirne la piena espressione dei contenuti e delle proposte in sede parlamentare.
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