Viaggi svelati - I bambini che giocano in strada al tramonto e sullo sfondo la Dubai dei cataloghi turistici
Marzia Beltrami Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2006
Poco prima di trovare il mio primo lavoro a Dubai, ho preso in affitto una stanza presso una signora americana, in una villetta nel quartiere di Jumeirah, che per me è un posto del cuore perchè tra le sue righe ho scoperto il volto umano della città.
Un villaggio di pescatori ora divenuto quartiere residenziale, Jumeirah per la maggior parte è disseminato di villette e palazzi di Sheikh locali. La bellezza di Jumeirah non è ovvia – va scoperta con calma e pazienza, si rivela solo se ti metti a guardare i dettagli. Oltre ai centri commerciali e ai palazzi, rivela una storia che da secoli parla di vita dura, mare, deserto, pescatori e raccoglitori di perle.
Nella luce dorata del tramonto, nell’estate di Dubai, il quartiere si sveglia e si popola di gente – mi verrebbe da dire: gente normale. A Dubai a volte si dimentica cosa sia la vita familiare normale, siamo tutti così lontani dai nostri cari e dalla casa.
Così, quando la calura si fa meno accanita, i ragazzini escono e giocano lungo le strade di Jumeirah – comprano dolciumi al negozio che sta di fianco alla moschea. Con le loro kandoura – le tuniche bianche – riescono anche a correrci! Le bambine, invece, le intravedi se il cancello di casa rimane aperto e loro mettono il naso fuori. Quasi mai giocano in strada, ma ti guardano curiose e silenziose, spesso da dietro le gonne delle donne di servizio.
Poi escono anche le nonne e le mamme…occorre fare attenzione, perchè raramente capita di vederle altrimenti. Vanno a fare due passi nel quartiere – esattamente come fa mia madre dopo cena in Italia, e questo pensiero mi scalda il cuore.
Poiché gli Emirati sono in schiacciante minoranza (solo il 20% della popolazione e probabilmente, a Dubai, molto meno), è come osservare un animale in via d’estinzione. Le donne più anziane portano il burqa, in una declinazione particolare in voga solo nei paesi del Golfo che si affacciano sul Mare Persico – una specie di maschera che sembra di metallo, ma in realtà non è che lino dorato indurito, e copre solo le sopracciglia, il profilo nel naso, i lati delle guance e la bocca. Sulla faccia lascia una macchia color indaco, quasi indelebile. Eppure molte di queste donne più anziane non se lo tolgono mai, nemmeno durante i pasti. Lo sollevano con una mano, si nutrono con l’altra, ma la faccia non la mostrano mai, nemmeno alle altre donne della casa.
Non portano l’abaya, la tunica nera, ma vanno a passeggio in larghi abiti di tessuto leggero e colorato, la testa coperta da un velo in tinta, che scende sul petto a coprire il profilo del seno.
Dalle vecchie case arabe che rimangono lungo la spiaggia, quelle bianche, basse e senza finestre, per ripararsi dal caldo, e con un cortile interno, per prendere aria senza farsi vedere, a volte le donne di famiglia escono e si siedono sul muretto che divide la strada dalla spiaggia.
Il quadro è paradossale: eccole a fare da sfondo discreto e quasi impercettibile ad un gruppo di turisti in bikini. Loro che vivono segregate per la maggior parte, dagli uomini di famiglia, loro che sentono come loro diritto fondamentale e inalienabile quello alla pudicizia del proprio corpo, ormai si trovano a vivere in una società che ignora per la maggior parte le loro tradizioni e gli si para in faccia con sfacciataggine. Che effetto abbia su di loro, è difficile dire.
Il popolo emirato, e le donne in particolare, sono dotate di una grazia innata e abituate alla massima tolleranza.
Ho tantissimo rispetto per queste donne. Malgrado la modernità rampante di questo paese, sono ancora le donne del deserto, quelle che prima di diventare ricche si alzavano la mattina prima dell’alba per fare a piedi i dieci chilometri e arrivare al mercato di Bur Dubai dove comprare il cibo per la famiglia. Quelle che andavano nel deserto a raccogliere quel poco che esso può dare: funghi, erbe curative e che gestivano famiglie numerosissime o che addirittura combattevano a cavallo. La situazione è molto diversa per le nuove generazioni, nate e cresciute in un benessere a volte oltraggioso, avidi fruitori dei nuovi media e delle nuove tecnologie, ibridi di un passato beduino e di un presente globale. La vera scommessa – che conosciamo bene anche noi in Europa – è quella dell’identità culturale.
Jumeirah è anche una spiaggia, il litorale di Dubai, quello dei cataloghi turistici. Il mare del Golfo Persico è generalmente calmo e di un verde smeraldo brillante. La spiaggia si estende per una decina di metri in larghezza. Adoro la pace e la calma di Jumeirah, quella sua aria così bohemienne e rilassata.
(12 luglio 2006)
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