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Il valore della disobbedienza

Il valore della disobbedienza

Le donne attive nella Resistenza tra il 1943 e il 1945 furono 35.000, 70.000 tutte le donne organizzate nei Gruppi di Difesa della Donna, 4.653 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti...

Mercoledi, 06/05/2020 - Secondo gli storici, anche se le cifre sono ancora in difetto, le donne attive nella Resistenza tra il 1943 e il 1945 furono 35.000 quelle che operavano come combattenti, con funzioni di supporto, 20.000 le patriote, 70.000 tutte le donne organizzate nei Gruppi di Difesa della Donna, 4.653 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti, 2.756 il numero delle deportate nei lager tedeschi, 2.900 le donne giustiziate o uccise in combattimento, 512 le commissarie di guerra, 1.700 le donne ferite e 19 insignite della medaglia d’oro al valor militare. La storia delle donne nella Resistenza è passata sotto silenzio per molti anni e solo nel 1965 (dopo 20 anni!), quasi fosse stata una rimozione collettiva, grazie a un documentario della regista Liliana Cavani “La donna nella Resistenza” si tornò a parlare e a intervistare le donne che avevano fatto- e non partecipato- la Resistenza. Non solo la storia, ma anche la letteratura sembra averle dimenticate: unicum il romanzo di Renata Viganò “L’Agnese va a morire” del ’49 dove però la donna non fa la parte dell’eroina.
Il loro contributo è stato molteplice: c’erano le staffette che,con le loro biciclette (poi vietate agli uomini), portavano ordini, volantini, armi; chi con atti di resistenza civile condivideva un pezzo di pane, una coperta, dei vestiti; chi combatteva, chi venne incarcerata, torturata, seviziata o uccisa. Dal punto di vista storico, la Resistenza segna l’inizio dell’emancipazione e della liberazione della condizione femminile, che vide nell’ottenimento - e non concessione del governo Bonomi - del diritto di voto attivo nel ’45 e passivo nel ’46: un percorso che portava le donne sulla via della parità nei diritti politici. Mentre durante il fascismo alla donna era stato riconosciuto un ruolo di primissimo piano all’interno delle mura domestiche e nella procreazione dei figli come “angelo del focolare”, negli anni della guerra le donne avevano sostituito gli uomini prendendo il loro posto nella società e nella famiglia ed erano state parte attiva della vita socio-economica del Paese. Ancora tra il 1946 e il 1947 l’Assemblea costituente si interroga sulla “missione familiare” della donna che, per volontà dell’on. Aldo Moro diventa “essenziale funzione familiare” come recita oggi l’art. 37 della Costituzione.
Con la Resistenza le donne iniziano un percorso di consapevolezza di sé e dei propri diritti garantiti dalla nostra Carta costituzionale -anche e soprattutto grazie al lavoro delle 21 madri della Repubblica - e lo fanno senza pretendere nulla in cambio: non sono state poche le donne che, a guerra finita, sono tornate alle loro vite precedenti senza chiedere nessun riconoscimento perché sentivano di aver fatto solo il loro dovere. Alcuni le consideravano all’epoca dei fatti delle “bandite” che seguivano gli uomini che si davano alla macchia e vivevano, dormivano, mangiavano in promiscuità e che rischiavano la vita combattendo contro l’esercito nazifascista.
Nell’aprile ’45 le donne raggiunsero il loro scopo: liberare l’Italia ed entrare finalmente nella vita pubblica. Possiamo citare dei nomi come Nilde Iotti, Teresa Noce, Tina Anselmi, Adele Bei, Carla Capponi, Irma Bandiera, Tina Costa, Gina Borellini e tante altre ma non renderebbero giustizia alle tantissime donne che, rimaste nell’anonimato della storia, hanno contribuito alla realizzazione della Liberazione. In particolare, voglio citare il contributo nella Resistenza romana, nell’UDI, nelle istituzioni italiane ed europee e per i diritti delle donne di Marisa Rodano che quest’anno ha compiuto 99 anni e che è in mezzo a noi a testimoniarci il valore e l’importanza di quella scelta di 75 anni fa. Noi siamo le figlie, le sorelle, le nipoti di quelle donne che hanno aperto il cammino delle donne verso altre e sempre nuove battaglie politiche. Le nostre radici femministe e antifasciste iniziano da lì. Questo stesso settimanale nasce a Parigi nel 1937 con e per le donne e ancora oggi ci accompagna nelle nostre battaglie. Siamo ancora in cammino.

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