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Il turismo etico e sostenibile

Il turismo etico e sostenibile

Parliamo di Bioetica - Sempre più si critica il “turismo di massa” e si mira a promuovere forme di turismo sostenibile e responsabile Occorre economizzare acqua ed energia, scaglionare i flussi turistici nelle zone più fragili e progettare struttu

Maria Antonietta La Torre Domenica, 27/04/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2014

 Spesso si lamenta l’incapacità del nostro Paese di valorizzare pienamente le proprie risorse naturali e culturali a fini turistici; si sottolinea che questo potrebbe e dovrebbe essere un volano di sviluppo. In effetti, il turismo è un fenomeno in forte espansione a livello mondiale, ma sin dalle origini esso si è dimostrato “invadente” nei riguardi dell’ambiente e delle culture ospitanti, creando squilibri e danneggiando le risorse naturali per piegarle a esigenze di mercato. Non solo il turismo internazionale ha spesso mortificato le culture locali, ma ha contribuito alla deforestazione, alla distruzione di habitat naturali per la costruzione di strutture ricettive, alla produzione di rifiuti e ha messo in pericolo ecosistemi marini e costieri con attività senza controllo. Per altro, anche in questo settore, le differenze tra Nord e Sud del mondo sono rilevanti, sia per numero di spostamenti, sia per equità nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall’utilizzo delle risorse, che in buona misura finiscono a pochi grandi operatori e non producono un valore aggiunto per le comunità locali. La Carta europea del turismo sostenibile nelle aree protette risale al 1991. Ma il documento che ha segnato una svolta è unanimemente considerato la Carta di Lanzarote per un turismo sostenibile del 1995, quando si è riconosciuto che “il turismo è un fenomeno ambivalente poiché può potenzialmente contribuire al raggiungimento di obiettivi socio-economici e culturali ma può anche, allo stesso tempo, essere causa del degrado ambientale e della perdita di identità locali”, e quindi si è elaborata una definizione secondo la quale “lo sviluppo del turismo deve essere basato sul criterio della sostenibilità, ciò significa che deve essere ecologicamente sostenibile nel lungo periodo, economicamente conveniente, eticamente e socialmente equo nei riguardi delle comunità locali”. Contemporaneamente, si è molto diversificata la richiesta turistica da parte di utenti sempre più consapevoli dei limiti del turismo massificato, che non consente la reale conoscenza dei luoghi e delle culture locali e spesso produce danni e accentua le differenze tra il turista e gli ospiti, enfatizzando il divario economico e mortificando le usanze locali, piegate alle curiosità dei viaggiatori. I tempi sembrano dunque maturi per una diffusa consapevolezza delle potenzialità, ma anche delle conseguenze ambientali che i flussi turistici possono avere, cosicché sempre più si critica il “turismo di massa” e si mira a promuovere forme di turismo sostenibile e responsabile. Da un lato, infatti, il turismo può essere considerato un mezzo per favorire l’empowerment della parti deboli del mercato, dall’altro, in fin dei conti, il turismo stesso dovrebbe essere interessato alla conservazione dell’ambiente da cui trae vantaggio. Il turismo può coincidere con lo sviluppo se è programmato consultando le comunità locali, preoccupandosi dell’equità nella distribuzione dei vantaggi, se risulta economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibile nel lungo periodo, non producendo danni per le attrazioni turistiche e la natura. Del resto il Codice di etica del turismo proposto dall’Organizzazione mondiale del turismo risale ormai al 1999 e sottolinea proprio il possibile contributo del turismo alla comprensione e al rispetto reciproco tra i popoli e le società, ma anche le sue potenzialità di fattore di sviluppo sostenibile: “Tutti i responsabili dello sviluppo turistico dovranno salvaguardare l’ambiente e le risorse naturali, con la prospettiva di una crescita economica sana, continua e sostenibile, tale da soddisfare in modo equo le necessità e le aspirazioni delle generazioni presenti e future.” (Art. 3) Quali sono le strategie per ottenere un simile obiettivo? Innanzitutto economizzare le risorse come acqua ed energia, ma anche scaglionare i flussi turistici nelle zone più fragili, per ridurre l’impronta ecologica, e infine progettare strutture turistiche ecocompatibili, col fine di tutelare la biodiversità, anche se ciò dovesse comportare limitazioni all’accesso ai siti particolarmente fragili. La Commissione europea ha commissionato uno studio di fattibilità (presentato a Bruxelles dopo due anni di lavoro nel febbraio del 2013) per sviluppare un sistema di indicatori europei del turismo per una gestione sostenibile delle destinazioni (ETIS – European Tourism Indicator System), rivolto a tutti gli stakeholder e dunque non più centrato sul visitatore. Infatti, si auspica un bilanciamento tra bisogni del turista, della comunità ospitante e dell’ambiente e si invitano gli operatori, su base volontaria, a implementare la sostenibilità come parte integrante della gestione delle prestazioni, degli obiettivi e dei processi decisionali. Un utile strumento di pianificazione è poi il calcolo della “capacità di carico turistica”, vale a dire del limite, inteso come numero di visitatori, oltre il quale le risorse ambientali e culturali di una destinazione possono trovarsi in pericolo.

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