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Il tocco e la parola di una ingegnera

Il tocco e la parola di una ingegnera

Percorsi cooperativi - Politecnica è una cooperativa di progettazione e la sua Presidente è Francesca Federzoni, che abbiamo intervistato

Maria Fabbricatore Domenica, 24/11/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2013

Abbiamo intervistato Francesca Federzoni Presidente di Politecnica una delle cooperative italiane più importanti nel settore dell’architettura e dell’ingegneria con sedi in Italia e all’estero. Presidente dal 2011, ha ricoperto ruoli importanti tra cui il coordinamento del progetto “Museo Casa Enzo Ferrari”.



Lei è Presidente di Politecnica dal 2011 che è una delle cooperative del settore tecnico di ingegneria e architettura più importanti in Italia, un ruolo molto importante e carico di responsabilità…

Arrivo dopo un Presidente che è stato a capo di Politecnica per 32 anni, Gabriele Giacobazzi, un passaggio il mio che sia la cooperativa che io, anche da un punto di vista personale, stavamo già preparando. Perché anche se si è all’interno di una società in cui si conoscono il team di professionisti con cui si è lavorato per anni, è importante conoscere i ruoli prima di poterli gestire. Nella cooperativa ci si occupa prima di progetti integrati, poi si arriva alla gestione di un progetto, dunque si passa da un aspetto specialistico a uno gestionale. Io mi sono spostata anche nella direzione commerciale e da li sono passata agli aspetti dirigenziali.



Un compito impegnativo il suo, come riesce a conciliare la sua vita personale con il lavoro. Avete anche sedi all’estero, vero?

È un momento storico molto difficile, per superare i momenti di crisi si cerca di lavorare il più possibile e questo tempo lo togli inevitabilmente alla famiglia e agli amici. Io mi sono data una regola: il sabato e la domenica li dedico soprattutto alla famiglia. Questo riescono a farlo soprattutto le mie colleghe, ma molto di meno i miei colleghi. È, dunque, questa secondo me una questione di genere, dedicarsi alla cura della famiglia è una prerogativa soprattutto femminile.



Le donne laureate in ingegneria e scienze tecniche sono cinque volte di meno rispetto agli uomini, se ne parla molto anche per incentivare la presenza femminile in un ambito soprattutto maschile, che ne pensa?

Negli ultimi anni la presenza femminile tra i laureati in ingegneria è molto aumentata, anche nella nostra cooperativa ce ne sono molte, e oggi rispetto al passato è molto più usuale anche nei cantieri trovare degli ingegneri donne. Resta, comunque, un ambiente che è molto maschile quasi monocolore, e dunque la presenza femminile ha creato un ambiente più vivace e ha creato una gestione del tempo sicuramente più efficace. Diversamente succede nei paesi dove la cultura di genere è un po’ lontana, ma senza dare un giudizio in merito, ci sono paesi in via di sviluppo o in quelli arabi in cui le donne nei cantieri non ci possono andare, indipendentemente dalla loro disponibilità. La mia preoccupazione è che quando apriranno cantieri in Stati come il Quatar, dove ci saranno i mondiali di calcio, temo che possa diventare una discriminante l’assunzione di nuovi ingegneri, non riesco a valutare gli effetti, perché per società come la nostra lavorare all’estero è fondamentale altrimenti rischiano di ridimensionarsi, e sono mercati da cui non possiamo prescindere.



Politecnica, aderente a Legacoop, è una delle cooperative più importanti in italia com’è nata, come si è sviluppata?

Il cuore di Politecnica è di Modena. La cooperativa è stata fondata da sette professionisti che insegnavano in Istituti Tecnici. La sede modenese si è ampliata e negli anni ’90, c’è stata un fusione con una società di Firenze e una di Bologna, in questo modo si è creata la base della Politecnica di oggi. E in quegli anni, aiutata anche dal ripartire del mercato pubblico dopo la prima repubblica, ha fatto un salto dal regionale al nazionale, crescendo con un fatturato costante. Credo che in questo momento la sfida sia quella di riuscire ad internazionalizzarsi, perché il nostro mercato deve vivere in altre dimensioni, all’estero soprattutto, ed oggi invece l’Italia sembra ferma davanti ad un bivio.



Quali paesi esteri sono più appetibili per i vostri servizi?

Noi ci stiamo concentrando sui paesi di West Africa: Ghana, Nigeria, Sierra Leone, Costa D’Avorio dove siamo entrati vincendo delle gare finanziate dalla Comunità economica europea e in cui c’è un grosso fermento e in cui speriamo di riuscire a stabilizzarci, sono paesi comunque molto vicini: stesso fuso orario, con 4 o 5 ore di aereo sono raggiungibili.



Che tipo di servizi offrite a questi paesi del West Africa?

Creiamo infrastrutture ed edifici a servizio di sviluppo, come in Sierra Leone, ad esempio. Nel Ghana invece l’avventura è stata un po’ diversa perché è un privato che sta creando un centro direzionale, c'è da dire che è un paese stabile in cui stanno investendo anche le multinazionali, c’è un boom immobiliare come l’Italia degli anni ‘60.



L’Africa è un continente in via di sviluppo e da questo punto di vista più giovane e intraprendente…

Sono paesi giovani, gli studenti hanno studiato fuori, conoscono quasi tutti due lingue. Il Ghana mi ha piacevolmente stupito perché tra i nostri ingegneri locali ci sono due ragazze. È vero, sono paesi difficili dove mancano i servizi base, le fognature, le strade, ma da un punto di vista culturale il livello di istruzione non è basso.



Siete impegnati nella ricostruzione del dopo-terremoto in Emilia Romagna. Come procede, in che modo siete impegnati?

Abbiamo vissuto due momenti molto diversi: il primo è stato il momento molto emotivo in cui nei primi due o tre mesi abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo e abbiamo fatto del volontariato, è una delle prime volte che ne parlo, non ne abbiamo fatto pubblicità, ma per noi è stata un’esigenza non è stata una cosa pensata. Consideri che qui c’erano persone che avevano perso la casa, c’è stato un aiuto vicendevole. In un secondo momento ci siamo interessati al tema della ricostruzione vera e propria in modo più organizzato. Abbiamo avuto modo di ottenere un grosso incarico, che è il nuovo stabilimento della Gambro a Mirandola. La possibilità di ricostruire un capannone di una società così importante è una grande sfida per noi.



Il territorio ha risposto in modo quasi immediato alla ricostruzione secondo lei?

C’è stata una risposta molto immediata, ma sarà una ricostruzione lunga, molto lunga. Il tessuto produttivo è molto forte, io ho visto la gente lavorare di giorno e di notte, ma è vero pure che c’è stato un intervento della Regione, consideri che non si è perso un giorno di scuola, hanno ricostruito il Comune, le scuole e palestre, quando funzionano i tre centri nevralgici la testa la tiri su. Noi, ad esempio, abbiamo ricostruito il municipio di San Possidonio, finito e realizzato nei tempi.



In che modo la “forma cooperativa” aiuta la vostra azienda?

È una cosa che io sto cercando di divulgare il più possibile. Noi siamo una cooperativa di liberi professionisti e facendolo in forma cooperativa è molto salvaguardante anche per chi deve conciliare la vita familiare, perché il libero professionista è inghiottito dal lavoro: non ha orari, e ha uno stile di vita molto caotico. La forma associata ti permette, là dove non arrivano gli aiuti statali o i servizi, di gestire meglio, tramite lo statuto della cooperativa, la maternità, la cura dei genitori, ecc.. Non è tanto per gli incentivi economici, ma per la qualità del tempo che si dedica alla cura familiare. Si crea una bella rete, secondo me è un modo interessante per fare il libero professionista, soprattutto per una donna.





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