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Il terzo settore motore economico e sociale

Il terzo settore motore economico e sociale

UISP - “Se la voce delle donne non fosse più un sussurro”. Elinor Ostrom

Lanzon Paola Martedi, 21/02/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2012

La prima donna che ha vinto il nobel per l’economia, dopo ben quaranta anni dalla sua istituzione, parla di teoria dei giochi, di beni comuni, di una terza via tra stato e mercato. Elinor Ostrom centra i suoi ragionamenti sulla difesa del nostro ambiente naturale e sociale. Partendo dall’assunto che se un bene non appartiene a nessuno si sviluppa la tendenza a sfruttarlo indiscriminatamente, la Ostrom si domanda quali possano essere le condizioni affinché non si consumi questa barbarie e cioè lo sfruttamento indiscriminato dei beni comuni. I beni comuni sono diversi e abbiamo forse imparato a conoscerli meglio, politicamente meglio, negli ultimi mesi: il referendum sull’acqua e sull’energia nucleare e la partecipazione che ha contraddistinto questi due momenti referendari, ci dicono che la consapevolezza del loro valore e significato è stata ben compresa dai cittadini e dalle cittadine.

Il passaggio elaborativo che colpisce della proposta di questa studiosa è quello del collocare una parte della soluzione di questo tema nella forza della gestione comunitaria della società. La terza via (terzo settore?), tra stato e mercato, potrebbe produrre risposte alla domanda che tutti più o meno ci poniamo, e cioè come uscire dalla crisi e con quale modello di società e di comunità.

Possiamo affermare - piegando a mio piacimento la teoria dei giochi - che il gioco ingordo ripetuto da troppi anni dal sistema economico e finanziario ha mostrato tutti gli effetti distruttivi e degenerativi in tema di giustizia e benessere collettivo?

Se la risposta è sì, potremmo essere ora in grado di uscire da questo brutto film, investendo energie e politica nell’affermazione di quei “giochi cooperativi”, in quella gestione comunitaria delle risorse ambientali, economiche, sociali, culturali sulle quali il terzo settore ormai da anni ha sviluppato capacità, competenze e soprattutto valori.

Il capitale sociale di cui parla Elinor Ostrom disegna un sistema in cui il risultato anche economico è il frutto della cooperazione tra i popoli. Perché allora si continua ad invocare l’attivismo della società civile se poi gli insegnamenti e le buone pratiche che quotidianamente vengono prodotti dalla società civile vengono lasciati ai margini?

La democrazia partecipativa, il rispetto delle regole non per obbligo ma per scelta consapevole, l’organizzazione che si crea in risposta ad un bisogno della comunità sono un patrimonio già disponibile.

Manca solo una politica sufficientemente matura in grado di renderla capitale disponibile per l’intera società.









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