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Il tempo fa la differenza

Il tempo fa la differenza

Intervista a Federica Guidi - 'L'unica differenza sul lavoro tra donne e uomini è la possibilità di disporre del proprio tempo'

Donatella Orioli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006

“Conciliare la vita professionale e quella privata è normale per una donna, credo sia una questione di DNA. Dalla mattina alla sera siamo costituzionalmente abituate a far coesistere non solo praticamente ma anche mentalmente gli impegni quotidiani”. Sono le parole di una giovane determinata che non vive il suo essere donna come una discriminante. Federica Guidi è direttore dell’ufficio acquisti e della logistica nell’azienda di famiglia, Ducati Energia, ed è vicepresidente nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria dall’aprile 2005.

In Italia è assodato che le donne faticano ancora molto per raggiungere posizioni di vertice, nonostante l’elevata scolarizzazione. Confindustria sembra in controtendenza. Quanto ha inciso la determinazione sua e di altre sue colleghe (pensiamo alla Artoni o alla Marcegaglia), all’interno dell’associazione? Quanto riesce ad affermare la diversità femminile in questo contesto storicamente maschile?
Non credo che sia merito della determinazione di qualcuna di noi. Certamente questo ha forse costituito uno stimolo in più per molte giovani donne a continuare in un percorso che in qualche modo avevano già intrapreso. Conosco molte giovani amiche e colleghe che riescono ogni giorno a conciliare la vita privata, il proprio impegno in azienda e quello nel mondo dell’associazionismo. L’essere multitasking è un valore aggiunto tipico delle donne che proprio per questo spesso riescono ad essere più dirette, determinate e concrete dei colleghi uomini.

Quando si parla di impresa si sottintende richiesta di innovazione, ricerca, flessibilità. Cosa si attende dal prossimo Governo in materia di norme sul lavoro? E cosa dovrebbero fare gli imprenditori? A suo avviso è sinceramente ipotizzabile uno sviluppo economico sostenibile?
Credo che ci si debba abituare al fatto che alcune produzioni non sono più adatte al nostro paese. Questo non significa deindustrializzarci ma significa cambiare il tipo di produzioni, alzarci verso la parte alta della catena del valore mantenendo in Italia la tecnologia e il vero valore aggiunto dei nostri prodotti. Alzare la barriera tecnologica di prodotto e di processo investendo sui “cervelli”. Flessibilità vuol dire adattarsi ai cambiamenti in atto già da tempo sui mercati ma anche oggi, anche se con forme diverse rispetto al passato, per qualsiasi impresa il capitale umano rimane uno degli asset fondamentali.

Leggendo i dati nazionali sull’occupazione, appare evidente che la flessibilità è “femmina”. Se sommata alla maternità, alla difficoltà di far carriera, al lavoro di cura famigliare (anziani e bambini), ecc. , non ritiene che il gap sia sproporzionato rispetto agli uomini? Qual è la sua “ricetta” per ridurre questo gap evidente?
Penso sia necessario trovare un equo compromesso. Per una donna il carico famigliare rimarrà, è inevitabile. Una donna, anche dal punto di vista psicologico,
è naturalmente più predisposta rispetto ad un uomo ad accudire la propria famiglia. Ritengo che un vero aiuto per le donne che vogliano affermarsi nel mondo del lavoro potrebbe essere un livello di servizi migliore per ciò che riguarda la cura dei bambini o degli anziani. Le donne dovrebbero essere messe in condizione di potersi “concentrare” nel lavoro avendo a disposizione dei supporti efficaci per questi due ambiti dove oggi, ancora troppo spesso, il gap deriva dalle disponibilità economiche o dalla possibilità di ricevere aiuti da altri membri della famiglia.

Qual è la sua opinione in merito alle “quote rosa”? Essendo le donne la maggioranza della popolazione, ha senso ipotizzare la nascita di un movimento o partito o quant’altro, che rappresenti una parte della società che oggi è ignorata e che i partiti fingono di voler rappresentare?
Comprendo che le “quote rosa” possano essere uno strumento per evidenziare un disagio, però io rimango contraria. Dal mio punto di vista è come ammettere che le donne abbiano necessità di sussidi speciali o di leggi che le preservino dall’estinzione. Concordo sul fatto che il problema esista ma penso che se si dessero alle donne più strumenti per essere libere di dedicare le proprie energia sul lavoro, potendo contare su aiuti migliori per quanto concerne il carico famigliare, avremmo molte più presenze femminili anche nei livelli più alti e negli ambienti ancora prevalentemente maschili. La possibilità di disporre pienamente del proprio tempo è, credo, sul lavoro l’unica vera differenza che ancora esiste fra un uomo ed una donna.




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