Argentina - Cristina Fernández, che con ogni probabilità verrà rieletta, è davanti alla sfida finale con il modello neoliberale
Angelucci Nadia Martedi, 18/10/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2011
“No me la creo”. Non ci credo. In un paio di discorsi ufficiali, pronunciati nelle ultime settimane, Cristina Fernández de Kirchner, forse per scaramanzia - ma conoscendola come politica avvertita pensiamo sapendo di affrontare un momento delicato -, ha così sottolineato come sta intraprendendo le prossime, comunque rischiose, ultime settimane di campagna elettorale. Vincitrice indiscussa delle primarie svoltesi in agosto che hanno portato alle urne 19 milioni di elettori, Kirchner si è imposta con oltre il 50% dei consensi con il suo “Frente para la victoria”, che rappresenta l’ala sinistra del partito peronista. Staccati di 38 punti il candidato neo-liberista Ricardo Alfonsìn, che ha raccolto solo il 12,7% dei voti, così come Eduardo Duhalde che ne ha ottenuti solo il 12,6%.
Con questi dati le prossime presidenziali del 23 ottobre sembrerebbero una formalità salvo che non accada l’imponderabile, che verosimilmente non accadrà.
Chi per tanto tempo ha sottovalutato i meriti politici di questa donna, tentando di screditarla, dipingendola come un fantoccio nelle mani del marito, si è dovuto ricredere e ammettere che la sua schiacciante vittoria alle primarie è prima di tutto dovuta al contenuto della sua gestione governativa. Anche chi legge la sua affermazione come conseguenza della debolezza dell’opposizione commette un errore di valutazione. Gli argentini non hanno scelto ‘il meno peggio’ ma hanno premiato un governo che ha assicurato in questi anni una crescita economica, una forte espansione dei consumi, la creazione di posti di lavoro, un incremento degli stipendi e delle pensioni, l’ampliamento della copertura previdenziale e la pensione per le casalinghe, e l’implementazione di alcune politiche di argine alla povertà come ad esempio l’Assegnazione Universale per i figli (Asignación Universal por Hijo), un sussidio che si concede a chiunque abbia un figlio minore di 18 anni che stia frequentando regolarmente la scuola.
A queste misure di carattere sociale ed economico si sommano una serie di nuove norme sulla comunicazione, sui diritti civili, sul ruolo dello Stato come la Legge sui mezzi di comunicazione che limita i monopoli nell’informazione destinando al settore privato un terzo dei media, e lo stesso volume al pubblico e al no profit, la Legge sul ’Matrimonio Igualitario’ che stabilisce la possibilità di sposarsi per individui dello stesso sesso alle stesse condizioni delle coppie eterosessuali, la politica sui diritti umani, la nazionalizzazione dell’AFJP - i fondi privati di gestione delle pensioni -, e della compagnia Aerolineas Argentinas e la vocazione subcontinentale della politica estera.
Più ombre emergono invece dalle politiche rivolte specificamente alle donne. Malgrado l’approvazione della Legge contro la violenza di genere, frutto di un lavoro partecipato tra organizzazioni sociali e istituzioni, e il recente decreto che proibisce la pubblicazione su qualsiasi mezzo di comunicazione di annunci a sfondo sessuale, salutato positivamente dalle organizzazioni che lottano contro la tratta e la prostituzione, resta aperta la questione della salute sessuale e riproduttiva e in particolare dell’interruzione volontaria di gravidanza. Il rapporto del 2010 di Human Right Watch ha messo in evidenza i numerosi ostacoli che devono affrontare le donne argentine che hanno necessità di accedere ai servizi di salute sessuale ai quali hanno diritto: anticoncezionali, sterilizzazione, aborto dopo una violenza. E la questione dell’IVG resta la più discussa: in Argentina è legale abortire soltanto in due eventualità: in caso di pericolo di salute o in caso di gravidanza dovuta a violenza su una donna incapace di intendere e di volere. In tutti gli altri casi l'aborto è negato e le conseguenze penali riguardano tanto chi lo pratica quanto la donna stessa. Nonostante ciò, il 40% delle gravidanze sono interrotte da aborti, praticati perlopiù in modo insicuro, con la conseguenza che una delle principali cause di morte materna nel paese è dovuta proprio a questo.
Ma se Cristina è all’apice del suo successo, paradossalmente sta viaggiando anche su una linea sottile e pericolosa che potrebbe portarla ad adagiarsi, non tanto sulla situazione di relativa tranquillità in cui si trova, ma sul modello dominante nel quale fino ad ora si è barcamenata, con discreti successi, ma senza riuscire a dare la spallata finale. Le più straordinarie sfide e i più grandi successi del kirchnerismo si sono prodotti quando Nestor Kirchner (precedente presidente e marito di Cristina Fernández, morto improvvisamente nell’ottobre scorso) e poi la stessa Fernández hanno avuto il coraggio di “abbandonare le prescrizioni del modello di accumulazione instaurato sotto il primato del neoliberismo dalla fine degli anni ‘80” come sottolinea Atilio Boròn. Questo ‘modello di accumulazione’, malgrado gli scossoni delle politiche kirchneriste degli ultimi anni, è tuttavia dominante nel paese e causa strutturale dell’ancora alto tasso di povertà e sperequazione, basandosi prevalentemente sul predominio del capitale finanziario, sul sistema fiscale squilibrato a favore delle rendite finanziarie, sul saccheggio delle ricchezze naturali, sull’agricoltura estensiva e basata sulla monocultura, sul lavoro precario. Questi tratti distintivi, sorti negli anni delle dittature militari e del menemismo, continuano, infatti, a caratterizzare il panorama sociale ed economico argentino.
Il “No me la creo” di Cristina fa ben sperare che la Presidenta abbia compreso che la lotta non è ancora finita e che davanti a sé ci sia forse il lavoro più difficile: quello di introdurre, approfittando della crisi mondiale del modello capitalista, un cambio di marcia profondo di cui il paese ha bisogno non solo per il suo benessere materiale ma anche per continuare a percepirsi dentro un progetto possibile di cambiamento radicale. L’alternativa è rimanere impantanati nella palude neoliberale e chiudere definitivamente con le speranze progressiste. Cristina, oltre che sulla sua forza politica e personalità potrà contare su un grande sostegno e affetto popolare e sulla debolezza di un Parlamento che non avrà la forza di interferire. Il tempo però è poco: un anno a partire dal suo nuovo mandato presidenziale. Nel 2013 infatti si inizierà a parlare di elezioni politiche e di li a poco scoppierà la lotta per la successione presidenziale, non potendo lei stessa ricandidarsi. Il tempo è adesso.
Lascia un Commento