Museo a Sospiro - Il filone artistico contemporaneo legato alla psichiatria e al disagio mentale è in mostra nel Museo d’Arte Irregolare a Sospiro (Cremona). La mostra Women (13 marzo-30 maggio 2014)
Camilla Ghedini Lunedi, 31/03/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2014
La maestosità dell’edificio suggerisce l’idea dell’ordine e della precisione, che in quanto tale non può essere arte, o comunque l’arte, che ‘contiene’. Che è quella irregolare, quella che ci trasmette immediatezza, spontaneità, solitudine, urgenza creativa, dramma interiore. In una parola, vita. A Sospiro, a pochi chilometri da Cremona, nella splendida Villa Cattaneo, sintesi di architettura neoclassica e decorazione, è stato inaugurato lo scorso dicembre il Museo d’Arte Irregolare, il MAI (che fa riferimento all’omonima Fondazione), il primo in Italia così concepito, seppure d’ispirazione europea. Nato dall’impegno di studiosi e professionisti, è diretto da Bianca Tosatti, tra le prime a credere in un filone artistico contemporaneo legato alla psichiatria e al disagio mentale. Con mostre temporanee e permanenti (e itineranti) “il MAI intende accogliere sia opere di artisti presenti nelle più importanti collezioni europee e italiane - spiega Tosatti - che produzioni contemporanee di artisti ‘nuovi’, che creano nei luoghi di cura, nei centri di riabilitazione psichiatrica e neurologica, negli atelier ‘protetti’. Noi vogliamo valorizzare e conservare opere multiformi e babeliche”.
Con Tosatti lavora Paola Pontiggia, cui la stessa Tosatti riconosce il ruolo da noi poco frequentato, almeno linguisticamente, di “conduttore d’atelier”, figura invece diffusa a livello internazionale. Poi c’è la giovane Valentina Mantovani, che si occupa della comunicazione. Quando arriviamo, ci sono tutte e tre. Tre donne che stanno cercando di muovere una montagna, che hanno accettato una sfida d’altri tempi, che con scarse risorse economiche e con la forza dell’esperienza e delle conoscenze - da intendersi come relazioni umane - stanno realizzando un programma di eventi degno di una Pinacoteca di una capitale. Tre donne che vogliono valorizzare quanti - si pensi a Ligabue - si esprimono al di là dei canoni tradizionali, delle regole di mercato, delle convenzioni accademiche, dei condizionamenti sociali, della ragione. Il MAI vuole tuttavia superare l’Art Brut o Outsider Art, “troppo spesso percepita come di viscere, emotiva, legata all’infanzia”. Qui troveranno ospitalità “artisti che creano opere di altissima qualità non per raggiungere il ‘bello’, che è un ‘incidente’, ma per necessità”. Individui che diversamente morirebbero, strozzati e soffocati dalla loro stessa energia. “Vogliamo fare del Mai un luogo in cui la differenza è riconosciuta come valore umano e artistico - sintetizza Tosatti - , uno spazio di confronto per studiosi, ricercatori, studenti”. Il tutto con il coinvolgimento del pubblico straniero, capace di trascinare quello italiano nel superamento dei condizionamenti culturali di impostazione classica. Una volta che l’edificio sarà definitivamente ristrutturato, presumibilmente entro l’estate 2015, il MAI si presenterà al pubblico con un susseguirsi di sale espositive, officine, piccoli cantieri.
“Vogliamo essere un ‘work in progress’ del sapere e della sperimentazione”. “In questo senso è centrale la presenza dell’atelier”, sottolinea Pontiggia, che funge da cerniera tra il dentro e il fuori, tra genialità e normalità. Per presentarsi in tutta la sua originalità e complessità, il MAI ha debuttato lo scorso dicembre con un’esposizione dedicata ad Armand Schulhess (1901-1972), l’artista svizzero noto per la mappatura proteiforme del sapere effettuata nei boschi di sua proprietà nel tentativo di riunire intorno a sé una campionatura del mondo Ora scommette sulla forza delle donne, con la mostra Women (13 marzo-30 maggio), rappresentazione del genere sessuale nelle opere di Lisetta Carmi e Pietro Ghizzardi. Involontario gioco di parole tra il verbo want, ‘volere’ e men, ‘uomo’, la rassegna racconta la femminilità vista dagli uomini e dalle donne, così come la femminilità degli uomini interpretata dalle donne. Ci sono le fotografie di Lisetta Carmi, oggi novantenne, che negli anni ’60 fece scandalo con un servizio in cui ritraeva i transessuali del porto di Genova nei loro appartamenti in affitto, nella disperata simulazione di una famigliarità che li rendeva grotteschi. Le opere bicefale del pittore contadino naif Pietro Ghizzardi, “con donne aggressive, dalla femminilità virile e pericolosa”. Accanto, i disegni di Giovanni Galli, che nell’accostamento di corpi e missili preconizza “l’imminente sovversione dell’ordine delle cose”, e vecchi numeri Grand Hotel e Bolero. “Una mostra complessivamente audace”, ammette Tosatti, che esprime l’anima di un Museo che ambisce a cambiare il concetto stesso di fruizione dell’arte. Che punta sul dialogo con l’èlite, “con il pubblico colto, informato”, in ossequio alla convinzione, che contrariamente agli anni ’70 oggi sia necessario “culturizzare la massa e non massificare la cultura”. Nessuno snobismo, spiega Tosatti, solo la consapevolezza che c’è tanta approssimazione. Ha fiducia nel MAI, Tosatti, ha fiducia nel potere dell’espressione irregolare. “Dall’arte dei matti si ricava la certezza della diversità, che rende molto sicuro il perbenista, il benpensante, per cui la diversità è la difesa la barriera, il traguardo. È questo che attrae. È come andare allo zoo e sentirsi sicuri vedendo il leone in gabbia. La verità è che tutti noi siamo leoni castrati, agnelizzati”. La chiosa: “Noi siamo convinti che l’arte, per essere arte, deve sempre tirare in ballo le differenze. E Villa Cattaneo vuole comunicare questo, vuole diventare volano di un dinamismo culturale il cui presupposto è la cooperazione umana e la partecipazione comunitaria”.
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