L'Unione Donne in Italia prende posizione sulla modifica della direttiva dell'Unione Europea in tema di violenza di genere, che oggi verrà discussa a Strasburgo tra i negoziatori di Europarlamento e Consiglio Ue
Martedi, 06/02/2024 - L’Unione Europea ad oggi non ha ancora predisposto leggi specifiche per contrastare a livello sovranazionale la violenza di genere, anche se ha ratificato nella seconda metà del 2023 la Convenzione di Istanbul, il trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 ed aperta alla firma l'11 maggio 2011 a Istanbul.
L’8 marzo del 2022, in occasione della Giornata internazionale della donna, la Commissione europea propose una nuova direttiva per contrastare la violenza di genere. L’obiettivo prefisso era di uniformare le normative nazionali su diversi crimini, fra cui lo stupro, la mutilazione genitale femminile, la sterilizzazione e i matrimoni forzati, lo stalking on line e la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. In tale direttiva, in linea con la Convenzione di Istanbul, lo stupro a livello europeo si configurava come un «rapporto sessuale non consensuale».
La proposta normativa nella sua interezza era stata accettata dal Parlamento Europeo a giugno del 2023, senonché occorreva anche il voto favorevole del Consiglio dell’Unione Europea, un organo composto dai ministri degli Stati membri che, insieme al Parlamento, detiene il potere legislativo dell’Unione. Nella fase di negoziazione per giungere ad un testo condiviso dai tre organismi competenti, la Commissione che ha proposto la direttiva, il Parlamento e Consiglio, è successo che alcuni Paesi, in particolare la Francia e la Germania, si sono posti di traverso riguardo alla definizione e l’inclusione del reato di stupro nella direttiva, inducendo la presidenza attuale del Consiglio dell’Unione Europea ad eliminare la definizione di «molestie sessuali nel mondo del lavoro», presente nell’art. 4, ed a ritirare l’art. 5 della direttiva, indicante lo stupro come un «rapporto sessuale non consensuale».
Il timore di questi Stati è che la normativa sovranazionale si imponga su quella delle loro legislazioni che, nel caso dello stupro, non attribuiscono in modo esplicito al consenso un ruolo prioritario, ma invece si incentrano, come in Italia, sulla circostanza che le aggressioni sessuali, per essere perseguite e punite, debbano avere certe caratteristiche, quali la violenza, minaccia e costrizione oppure, come altri Stati, che la vittima debba avere espresso il proprio dissenso. Eppure dai più importanti studi sulla violenza sessuale si evince sia che durante uno stupro la paura molte volte rende inerme la vittima, impedendole sia di parlare che reagire, come anche si rileva che nelle aggressioni sessuali non sempre si riscontrano modalità brutali o intimidatorie. Appunto per uniformare le diverse normative nazionali in tema di diritto penale sul reato di violenza sessuale, erano intervenute sia la Convenzione di Istanbul del 2011, che individuò lo stupro come un «rapporto sessuale non consensuale», sia la Convenzione ILO OIL del 2019, la prima normativa internazionale definita per prevenire e contrastare la violenza e le molestie nel mondo del lavoro.
La mediazione effettuata dalla Presidenza belga del Consiglio d’Europa, per pervenire ad un testo condiviso della direttiva europea sulla violenza di genere, vede l’Unione Donne in Italia nettamente contraria. Lo stralcio degli articoli 4 e 5 ci appaiono come un palese passo indietro, inducendoci a chiedere alle istituzioni competenti di tornare al testo approvato dal Parlamento europeo lo scorso anno. Non possono esistere arretramenti sul concetto stesso di stupro che deve sostanziarsi come reato sussistente in mancanza di un espresso e consapevole consenso al rapporto sessuale.
Mediazioni sulla pelle e la dignità delle donne europee non sono accettabili, per lo più in un momento storico che invece richiede chiarezza ed uniformità di intenti normativi. Ove essa si svenda per salvaguardare la difformità delle normative nazionali in tema di violenza di genere, viene meno il tentativo, posto in essere dalla direttiva approvata lo scorso giugno dal Parlamento europeo, di pervenire ad una risoluzione chiara di un problema diffuso e sempre più presente nel dibattito pubblico e politico europeo. Piuttosto, allora, preferiamo che non ci sia alcuna mediazione e che non si approvi un testo nettamente al ribasso che dimostra ancora una volta come la tutela delle donne passi in secondo piano a favore dei giochi di potere che denegano i loro diritti.
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