Stupri del branco - Sempre più frequenti le violenze di gruppo perpetrate da giovani su minorenni. Un fenomeno nuovo e inquietante su cui tutta la società deve interrogarsi
Giuliana Dal Pozzo Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2006
Due o tre ragazzi eccitati seguono qualcuno spronandosi l’uno con l’altro. Non è un gioco, è una scena che si ripete spesso nelle strade delle nostre città e che con il gioco non ha niente a che fare. Ad un tratto si sente un grido acuto che chiede soccorso, è una voce femminile. Si tratterà forse del solito scippo della borsetta ad una donna anziana. Ma non è cosi, davanti al muro di un locale abbandonato viene trascinata una ragazzina nemmeno tredicenne che piange e supplica i suoi persecutori di lasciarla andar via. Alle suppliche alterna le grida perché la hanno già spogliata. Per fortuna qualcuno la sente, i ragazzi scappano e la piccola è salva, è lei stessa a raccontare la brutta avventura. Ma non tutto si conclude sempre così, ragazzine ogni volta più giovani si trovano a dover affrontare questo pericolo quando meno se l’aspettano, uscendo da scuola, da una palestra, da casa di un’amica, diventando vittime di un branco che non ha rispetto per la loro giovinezza e la loro innocenza. E’ successo recentemente a Bologna, a Lanciano, in città e paesi diversi, nel nord e nel sud. Nel triste bilancio delle violenze commesse contro le donne nell’anno che se ne è appena andato, spicca evidente il fenomeno di attacchi sessuali “mordi e fuggi” contro chi non è ancora donna e non sa né può difendersi. Un’offesa nuova che colpisce la sfera della femminilità nascente unendosi alle offese più tristemente note: i maltrattamenti in famiglia che sfociano nel delitto se la vittima tenta di sottrarsi al suo torturatore; quella specie di “mobbing” che esiste non solo nell’ambito lavorativo ma anche in quello familiare, e distrugge la personalità e l’autostima della donna con la svalutazione costante di ciò che fa o dice. Ma sono molti altri i volti della violenza da cui il mondo femminile deve guardarsi, non ultime la violenza economica, le molestie sul luogo del lavoro, gli stupri. La frequenza con cui questi episodi contro adolescenti si ripetono da parte di gruppi di giovani pone degli interrogativi ai quali non solo gli specialisti ma tutta la società deve dare una risposta: perché questi ragazzi sono capaci di gesti tanto atroci quando fanno numero mentre probabilmente non agirebbero così da soli? quale delirio di onnipotenza scatta in loro? O questi “mostri” sono in realtà ragazzi insicuri, in cerca di una certezza collettiva, sia pure al negativo? Lo fa sospettare il fatto che, colti in flagrante, alcuni partecipanti a uno stupro di gruppo hanno ammesso di non essersi potuti dissociare dai compagni per paura del loro giudizio e della loro vendetta. Fra gli psicologi c’è chi parla di qualcosa di molto vicino all’omosessualità: più interessante della vittima è il violentatore in azione. Un’altra ipotesi attendibile è che il poco rispetto per gli altri e la poca conoscenza dei sentimenti femminili faccia sì che adolescenti immaturi, abituati ad ottenere ciò che vogliono con la prepotenza -si tratti di rubare un motorino o di scippare un veloce atto sessuale- considerino solamente una bravata un atto terribile che per la donna avrà conseguenze su tutta la sua vita e sul suo rapporto con gli uomini.
Una delle tante speranze che ci auguriamo si realizzino nell’anno appena iniziato è che questa nuova forma di violenza contro le giovanissime venga cancellata. Ma più che una speranza dovrebbe essere un impegno per tutti.
La via per arrivare a un simile e difficile traguardo si chiama consapevolezza. Per imboccarla è necessario partire da due fronti: quello dei violentatori e quello delle vittime. Da una parte, riuscire a inserire ragazzi spesso abbandonati a se stessi e agli istinti più deleteri in una società che riconosce i loro diritti in modo che a un codice di vita violenta ne sostituiscano uno diverso, basato sul rispetto e sulla collaborazione con gli altri. Purtroppo oggi gli esempi che offrono i mass media, ricchi di falsi eroi, e altre forme di comunicazione della società civile non portano il ragazzo a raggiungere una maturità intellettuale e sentimentale.
Sull’altro fronte, quello delle ragazze, è fondamentale poter contare sulla loro intelligenza e maturità, fin da quel delicato passaggio della vita che va dall’infanzia all’adolescenza; anche per queste piccole donne in pericolo serve la consapevolezza per liberarsi da un crimine così odioso e così antico. Le loro madri hanno dato l’esempio, battendosi contro un codice arretrato che giudicava lo stupro un reato contro la morale pubblica e non contro la persona, sfilando in innumerevoli cortei, firmando migliaia di appelli e soprattutto denunciando i colpevoli. Hanno ottenuto leggi che tutelano la loro vita e la loro dignità, tribunali che le ascoltano senza pregiudizi su loro eventuali complicità e hanno creato una serie di associazioni, telefoni e sedi legali che le aiutano a ottenere giustizia.
E’ dunque il momento che queste giovanissime in pericolo dimostrino di essere diventate donne, non sul piano fisico e grazie a un trauma violento come vorrebbero gli stupratori, ma perché trovano la forza di denunciare i colpevoli, vincendo talvolta minacce e ricatti. Un gesto di maturità di chi crede che si possa vivere in un paese dove si è sicuri e dove buongiorno vuol dire buongiorno.
Lascia un Commento