Ribet Elena Martedi, 08/11/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2011
“È un “sapere inedito” quello che ci regala Lea Melandri nel densissimo e illuminante libro “Amore e violenza”. Un libro che pone domande, che cerca e trova molte risposte chiamando a raccolta tanti autori e autrici che hanno fatto la storia del pensiero degli ultimi cinquant’anni, ma anche di più. Pensiero e interpretazione degli ambigui confini fra i poteri: Stato, Chiesa, mercato, tribunali, scienza, media, che applicano una loro “etica” al mondo trasformato e sfigurato su cui si affaccia il femminismo oggi. Un femminismo ignorato, rinnegato, frainteso, ma sempre e ancora vivo proprio grazie alle voci di tante e tanti: “A far da controcanto alle sirene del grande mutamento restano poche voci, scritture defilate dal coro che oggi plaude ogni promessa di vita eterna, che venga dai laici o dalle chiese. A ‘pensare e scrivere la morte’ è stata storicamente la parola dei poeti, capaci di testimoniare il ‘nulla’ su cui si affaccia l’esistenza, senza restarne muti o abbagliati. Ma ci provano anche tutte quelle scritture che non hanno paura di mettersi a nudo, sfiorando i confini di passioni ‘impresentabili’, sopportando silenzi e frammentazioni”. Melandri stessa ci propone una chiave di lettura che, fra analisi maniacale del vissuto, osservazione della storia e tentativo di sintesi, riesce finalmente a nominare i paradossi della libertà, il nuovo mito di bellezza e gioventù, i nuovi corpi e i nuovi sé che, volenti o nolenti, ci rappresentano. L’autrice smaschera il limite di tutte le dicotomie, ci svela gli inganni delle madri amanti, ci spiega persino perché il potere di Berlusconi è “femmineo”, e non “virile” come saremmo portate a credere. Non manca nel libro un poetico riferimento a Milano, alle sue atmosfere, alle sue maschere e alle sue anime, nonché una acutissima e lucida lettura del ’68, con parole vere che tutti, soprattutto chi non c’era, dovrebbero rileggere e studiare. Uno dei più grandi contributi è però quello che ci spiega i meccanismi delle relazioni: “Combattere la violenza manifesta significa oggi […] soprattutto riconoscere, fuori dalle ideologie che ancora esaltano la famiglia come rifugio, sicurezza, garanzia di cure e di affetti, quello che è ormai sotto gli occhi di tutti, documentato da resoconti internazionali e dalle cronache quotidiane: l’annodamento perverso di amore e odio, di legami di dipendenza, indispensabilità reciproca e strappi volti ad affermare l’autonomia individuale”. E ancora, nelle parole di Bourdieu: “L’amore è un’eccezione, la sola, anche se di prima grandezza, alla legge del dominio maschile, una messa tra parentesi della violenza simbolica, o la forma suprema, perché la più subdola, la più invisibile, di tale violenza?”.
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