Le donne che hanno partecipato al Risorgimento italiano sono dunque figure femminili ai margini, eppure c’erano… erano lì a condurre una battaglia per il cambiamento, per la libertà e l’unità della patria, per il riscatto dei lo
Giovedi, 05/01/2012 - Sono passate alla storia solo le donne che sono state vicino o hanno ispirato e “sostenuto” eroi e uomini politici: mogli, compagne, amiche, amanti. Solo in questo ruolo il nuovo stato unitario riconosce alle donne cittadinanza e diritti civili, status e dignità: il codice di famiglia Pisanelli del 1865 sancisce come sempre la supremazia maschile. Una condizione largamente accettata, in una situazione dove ancora vigeva la famiglia larga patriarcale nelle campagne del Nord come in quelle del Sud e del Centro e dove anche nelle famiglie più aperte della borghesia e della nobiltà, si riconoscevano alla donna solo ruoli subordinati. Le donne che hanno partecipato al Risorgimento italiano sono dunque figure femminili ai margini, eppure c’erano… erano lì a condurre una battaglia per il cambiamento, per la libertà e l’unità della patria, per il riscatto dei loro uomini ma anche per se stesse, nascoste e sconosciute, che occupavano un ruolo cui la storia non rende ancora giustizia.
Pochi nomi ci sono noti: tra questi Anita Garibaldi, moglie dell’eroe dei due mondi, combatté a fianco del marito in numerose battaglie; Cristina Trivulzio Belgiojoso che guidò la rivolta dei patrioti napoletani nel periodo delle Cinque giornate di Milano; Rose Montmasson, moglie di Francesco Crispi e unica donna tra i Mille; Costanza D’Azeglio, nobildonna che sfruttava la propria posizione sociale per favorire nei salotti la causa italiana; Giulia Beccaria, esaltata nel ruolo di madre o compagna di personaggi maschili; la contessa Virginia Oldoini di Castiglione pur se ricordata per intrighi, magari a sfondo erotico.
Invece andrebbe sottolineata la straordinaria libertà con la quale si muovono le donne. Appassionate interpreti del processo di indipendenza, pagarono anch’esse in tutti i modi per l’idea di una Italia libera e unita. Persero i beni, la libertà, i figli, o la loro stessa vita per questa causa; alcune furono ferite sul campo di guerra. Usarono sia la parola che l’azione. Organizzarono e gestirono ospedali, curarono i feriti. Si occuparono di carceri, cercando di instaurare un clima più libero e umano soprattutto nelle carceri per le donne, affollate in quegli anni da un vastissimo numero di prostitute italiane. Aprirono scuole di mutuo insegnamento e attivarono le prime esperienze di tipo socialista, formando i lavoratori alla consapevolezza della loro condizione e dei loro diritti. Oltre la militanza impegnata spesso si rivolsero alle donne con scritti e con l’organizzazione di istituti protettivi ed educativi. Affermarono con decisione i desideri e l’autonomia delle scelte per la loro vita. Abbandonarono mariti, in qualche caso anche la prole, peregrinando per l’Europa.
Il loro eroismo si consuma in chiave di assoluta e spoglia quotidianità. Esse hanno consegnato alla storia e al futuro dell’Italia un patrimonio di valori morali e civili che accompagnerà sempre il faticoso percorso unitario. E tuttavia il riconoscimento del loro valore si ridusse spesso a puri elementi romanzeschi che impedì di comprendere l’intelligente e costruttivo apporto di idee di queste straordinarie figure di donne.
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