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Il referendum delle discordie

Il referendum delle discordie

La costituzione oggi e (forse) domani / 3 - Un sintetico riepilogo entrando nel merito delle questioni oggetto del referendum. Le ragioni di chi è d’accordo con le modifiche alla Costituzione approvate dal Parlamento e chi, invece, non le condivide

Bartolini Tiziana Martedi, 08/11/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2016

Il 4 dicembre andremo a votare per approvare o respingere la riforma della Costituzione approvata dal Parlamento con legge nr 88 del 15 aprile 2016 che ha questo titolo “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”. La riforma è molto importante perché trasforma l’assetto istituzionale del nostro paese. Il referendum è costituzionale e sarà valido con qualsiasi quorum di votanti. Con il NO la Costituzione non cambierà, con il SÌ le modifiche saranno approvate dal voto popolare. Ecco alcuni punti salienti della riforma e le motivazioni delle due posizioni, dei favorevoli e dei contrari.



RIFORMA DEL SENATO / FINE DEL BICAMERALISMO PERFETTO

Oggi tutte le leggi e la fiducia ai governi devono essere approvate dalla Camera dei deputati e dal Senato. Con la riforma, sarà solo la Camera dei deputati, organo eletto dai cittadini, ad approvare le leggi ordinarie e di bilancio e a votare la fiducia al governo. Più nel dettaglio: il Senato voterà con la Camera solo le leggi che riguardano i rapporti tra Stato, Unione europea e territorio, le leggi costituzionali e di revisione della Costituzione, leggi sui referendum popolari, leggi elettorali, leggi sulla Pubblica Amministrazione, leggi su organi di governo e sulle funzioni di Comuni e Città metropolitane. Il Senato rappresenterà le autonomie regionali (senato delle regioni), si comporrà di 100 senatori (oggi sono 315): i 95 in rappresentanza territoriale resteranno in carica per la durata del loro mandato di amministratori locali e non saranno pagati per la carica di senatore. Il Presidente della Repubblica nominerà 5 senatori che rimarranno in carica sette anni; saranno senatori a vita solo gli ex Presidenti della Repubblica. Il Senato partecipa all’elezione del Presidente della Repubblica, del Consiglio superiore della magistratura e della Corte costituzionale e legifera per le leggi di revisione costituzionale; in tempi brevi e certi potrà esprimere pareri e proporre modifiche sulle leggi approvate dalla Camera, che potrà non accoglierle. È istituito lo ‘statuto delle opposizioni’.

SÌ PERCHÉ. Il Parlamento lavorerà in modo più spedito ed efficace, si eviterà il rimpallo tra le due Camere per tutte le leggi e solo i deputati saranno responsabili del completamento dell’iter legislativo. Un effetto collegato alla riforma è la diminuzione del ricorso ai decreti e ai voti di fiducia. Risparmi economici notevoli dei costi del Senato visto che i senatori non potranno percepire indennità per tale carica, avranno cioè solo le indennità che avrebbero comunque ricevuto in quanto sindaci o consiglieri regionali. Si stima che il risparmio ammonterebbe a circa 500 milioni, considerando anche la soppressione del Cnel e delle Province oltre al limite posto ai compensi dei consiglieri regionali.

NO PERCHÉ. Pericolo di confusione tra le competenze di Camera e Senato, critiche alle modalità di elezione dei nuovi senatori e dell’estensione a loro dell’immunità. La riforma costituzionale insieme all’Italicum (legge ordinaria per l’elezione del Parlamento) aumenterebbe nella sostanza il potere dell’esecutivo. Il risparmio dei costi del Senato sarebbe valutato in circa 57 milioni.



ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Il Presidente della Repubblica sarà eletto da Camera e Senato in seduta comune con la maggioranza dei due terzi dei componenti fino al quarto scrutinio, poi basteranno i tre quinti. Solo dal settimo scrutinio basterà la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Attualmente è necessario ottenere i due terzi dei voti dell’assemblea fino al terzo scrutinio, dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei componenti.

SÌ PERCHÉ. I quorum previsti nella riforma per l’elezione del Presidente della Repubblica favoriscono la ricerca di maggioranze ampie.

NO PERCHÉ. C’è il rischio che il partito che vince le elezioni lo elegga con la sua ampia maggioranza e non sarebbe un Capo dello Stato bipartisan.



ABOLIZIONE DEL CNEL E DELLE PROVINCE

La riforma sopprime definitivamente le Province e il Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro (Cnel), organo ausiliario con funzione consultiva formato da 64 consiglieri.

SÌ PERCHÉ. Si cancella un organo, il Cnel, che poco o nulla ha inciso nelle politiche del lavoro. Oltre a snellire lo Stato, l’abolizione del Cnel e delle Province producono un notevole risparmio economico.

NO PERCHÉ. Si tratta di scelte più demagogiche che di sostanza.



COMPETENZE STATO/REGIONI (TITOLO V)

L’articolato è piuttosto complesso e rivede la riforma del 2001. In sostanza circa 20 materie tornano di competenza esclusiva dello Stato (ambiente, porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni).

SÌ PERCHÉ. Semplificazione del rapporto tra Stato e Regioni. Si evitano i contenziosi sulle competenze concorrenti, come è avvenuto in questi anni con l’effetto negativo di lungaggini burocratiche, perché alcune materie tornano ad essere competenza dello Stato anche favorendo la programmazione nazionale di politiche omogenee nel medio/lungo periodo.

NO PERCHÉ. Non si concorda con la possibilità dello Stato di poter applicare la ‘clausola di supremazia’ nei casi di inadempienze di enti territoriali e si valuta non chiara la differenza tra i compiti attribuiti alla Stato di ‘valorizzare e tutelare’ e alle regioni di ‘promuovere’, per esempio nel campo del patrimonio culturale.



REFERENDUM E LEGGI D’INIZIATIVA POPOLARE

Per rendere valido il risultato del referendum abrogativo il quorum rimane del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto; se le firme dei proponenti sono 800mila, invece delle 500mila minime richieste, basterà che vada a votare il 50 per cento più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche. Per le leggi d’iniziativa popolare serviranno 150mila firme e non più 50mila firme, ma il Parlamento sarà tenuto a deliberare. C’è la novità dei referendum popolari propositivi e di indirizzo, non previsti attualmente.

SÌ PERCHÉ. Il Parlamento sarà tenuto a deliberare sulle proposte di legge di iniziativa popolare, a differenza di adesso che in sostanza le ignora. Si apre la possibilità di indire referendum propositivi e di indirizzo, mentre oggi i referendum sono solo abrogativi di norme esistenti.

NO PERCHÉ. Le modifiche sono giudicate restrittive per la partecipazione popolare rispetto all’attuale situazione.

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