Intervista a Anna Maria Beckers - Poco credito e scarsa fiducia nelle aziende femminili: dall’editoria al sostegno alle imprese, una visione a tutto campo
Donatella Orioli Martedi, 01/12/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2009
Nel 1992, dopo un decennio di attività al servizio della riqualificazione delle PMI partenopee, nasce Unione Nazionale di Imprese - UNIMPRESA e, nel 2003, diventa un’organizzazione nazionale, apartitica, autonoma ed indipendente, fondata sui principi della mutualità, della responsabilità sociale dell’impresa e della libera adesione, ispirata ai principi della dottrina sociale cristiana. Costituisce il sistema di rappresentanza delle micro, piccole e medie imprese, così come individuate dalle norme dell’Unione Europea, nei settori di appartenenza dell’attività primaria, secondaria e terziaria esistenti (artigianato, agricoltura, commercio, industria, turismo, servizi, socio-sanitario, pesca, nautica, costruzioni, trasporti, etc.), nonché di tutti i settori che svolgono un’attività economica, sotto qualsiasi forma giuridica costituite, compresa la forma cooperativa.
UNIMPRESA è presente in tutta Italia con sedi territoriali, Federazioni Regionali e Federazioni Nazionali di categoria.
Anna Maria Beckers, Direttore della Federazione Regionale Emilia Romagna, già imprenditrice nel settore dell’editoria, un mondo del quale si parla poco. Ci racconta la sua esperienza e quanto le è stata propedeutica per il ruolo che occupa oggi?
Il mondo dei libri è un mondo fantastico. Il libro va amato coccolato riverito, ho amato molto il mio lavoro ed ho ottenuto grandi soddisfazioni. Il mio “destino” di libraia è stato tracciato fin dalla mia infanzia, leggevo tantissimo come del resto tutta la mia famiglia. Passavamo intere serate a leggere ed a scambiarci opinioni , il nostro salotto era come dire “letterario”.
Nel tempo mio padre decise di intraprendere l’attività di libraio, ma con una formula antica “la bancarella”, così, insieme ad altri, fu fra i fondatori della Fiera del Libro Città di Bologna, tuttora esistente.
Ovviamente l’attività veniva svolta anche con altre modalità, ma il contatto vero era sulla strada , nelle piazze. Infatti il nostro slogan era “un libro in libertà ,un amico per sempre”.
Abbiamo portato libri e cultura in città, paesi e contrade, incentivando in tal modo un approccio alla lettura, alla conoscenza della carta stampata. Nel mentre frequentavo l’università ed il mio sogno era di diventare un grande medico. Ero innamorata del Dottor Albert Schweitzer e avrei voluto diventare come lui. Adesso faccio il “veterinario” a tempo perso, per gli animali abbandonati.
Purtroppo venendo a mancare mio padre dovetti occuparmi dell’azienda a tutto campo, tralasciando i miei desideri iniziali: ne è valsa la pena!
Ho potuto conoscere grandi e piccoli scrittori, editori, ho fatto parte della giuria del Premio Bancarella. Ho approfondito le mie conoscenze letterarie, ed ho cominciato ad impegnarmi politicamente, svolgendo un ruolo importante all’interno del sindacato del commercio su aree pubbliche, ruolo che mi ha permesso di crescere e di ricoprire nel tempo altre cariche importanti e gratificanti.
Oggi il mondo dell’editoria è certamente evoluto, i libri si trovano in ogni angolo della strada e non solo, ma certamente non c’è più il caro vecchio libraio che ti può dare un consiglio, che scambia con te opinioni. Abbiamo perso un pezzo della nostra storia, fatta di emozioni, di sensazioni ed anche di odori: i libri hanno profumo, hanno un odore inconfondibile!
Si può pensare ad una diversità imprenditoriale, relativamente a chi la conduce?
Non credo si possa definire una sostanziale differenza imprenditoriale, ma certamente le librerie delle donne e le editrici donne hanno una caratteristica inconfondibile: la ricercatezza di particolari, di creatività, di quelle sfumature che spesso gli uomini trascurano, dei colori, dell’ambiente, del luogo dove si può socializzare e scoprire nuove emozioni. La stessa considerazione si può estendere anche negli altri settori, fermo restando tutte le difficoltà che deve affrontare una donna imprenditrice, spesso in forte difficoltà a gestire la sua azienda poiché si deve scontrare con un mondo che la richiederebbe a tempo pieno e che spesso non si concilia con il suo lavoro di cura, di moglie e di genitrice.
Perché quando si discute, in tutti gli ambiti, di temi economici e di strategie di sviluppo si tiene conto marginalmente delle donne, fatto salvo che tutti, nelle dichiarazioni d’intenti le considerano una risorsa?
Non pochi ostacoli si presentano, in particolar modo alla donna lavoratrice nel mondo dell’impresa, per il solo fatto che la figura femminile, pur essendo considerata fondamentale nella vita familiare, rappresenta un peso nell’ambito lavorativo, semplicemente per il tempo che deve e vuole dedicare alla famiglia e che viene sottratto all’impegno lavorativo.
Le donne sono una punta di eccellenza nell’economia del paese ma soffrono di “sostegno vero” in termini di risorse economiche di tempo. La nostra è ancora una società che vede più favorevolmente “la donna al focolare”. Diversamente, deve essere in grado di conciliare autonomamente tutti gli impegni .Spesso questo è il motivo dell’espulsione repentina dal mondo imprenditoriale.
Lei ha ricoperto anche importanti ruoli sindacali in rappresentanza dell’imprenditorialità femminile. Non le sembra che le aspettative più volte manifestate dalle donne, soprattutto nella micro-impresa, siano spesso disattese?
Nonostante molti sforzi compiuti in questa direzione, è amaro dovere ammettere che, purtroppo, uno dei motivi principali della mancata crescita dell’impresa femminile è sempre legata alla mancanza di risorse economiche. Il sistema bancario italiano “esige” ancora la “firma del coniuge, o comunque un avvallo” che spesso non è disponibile. E’ assolutamente necessario individuare una linea di credito ad hoc, che permetta alle donne di essere autonome anche nelle scelte finanziarie, fermo restando il superamento dei “tempi del lavoro e del tempo di cura”. Gli stessi orari delle città, delle istituzioni e della scuola andrebbero in qualche modo rivisti e resi flessibili, per integrare al meglio il tessuto imprenditoriale delle città.
La crisi c’è? Cominciamo a vedere la luce in fondo al tunnel o sono solo illusioni?
La crisi economica che investe il nostro paese è certamente la più grave degli ultimi decenni. La luce la vedo purtroppo ancora lontana e, se non verranno messi in campo ammortizzatori sociali in tempi rapidi, finanziamenti e sostegno alle imprese in difficoltà, credo che si precipiterà ancora di più verso il fondo.
Spazi imprenditoriali nuovi ce ne possono essere, ma di nicchia. Oggi è impensabile avviare una attività di tipo tradizionale, occorre ricercare nuovi prodotti, altissima qualità e modificare e integrare gli spazi di vendita con attività collaterali. Per esempio, una bella libreria che abbia uno spazio dedicato allo scambio di idee, alla possibilità di bere un caffè, mangiare un pasticcino, passare qualche ora in relax…. Modelli che in Europa si possono già vedere.
Tra i compiti del Direttore c’è la consulenza alle imprese: cosa mette in campo per sostenere una imprenditrice che si sta arrendendo?
Certamente la invito a “tenere duro” e, se possibile, incrementare l’attività con idee nuove. Le suggerirei poi di farsi affiancare nell’attivazione di sostegni finanziari pubblici e privati, per quanto possibili. Traghettare non è sempre facile ma sono certa che ce la farà!!!!
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