Sabato, 26/05/2018 - L’Alzheimer e la demenza senile, due patologie, che al pari della malattia mentale, possono rendere la vita di una famiglia impossibile.
Recentemente è sorto a Roma un villaggio sperimentale per malati di Alzheimer, realizzato da una Fondazione, che offre un servizio completamente gratuito. Ciò che lo differenzia da tutte le altre iniziative o studi sull’argomento è la volontà di considerare la persona afflitta da tale patologia degna di effettivo rispetto. Il progetto, ispirandosi a una struttura olandese, è sperimentale e basato sul concetto del mantenimento dell’autonomia dell’anziano attraverso un ambiente bello, confortevole e ricco di stimoli, soprattutto artistici. Essendo agli inizi della sperimentazione, il progetto non prevede purtroppo la possibilità di una vera e propria assistenza. Sembrerebbe che all’aggravarsi della malattia si ricorra al ricovero ospedaliero o a strutture tipo RSA, finalizzate all’effettivo accudimento socio-sanitario. Troppo bello perché sia vero, nel senso che in questo nostro Paese, siamo ancora distanti dalla presa in carico effettiva del malato, soprattutto se anziano e bisognoso di assistenza, sotto tutti i punti di vista.
Ciò che differenzia questo villaggio dalle comuni RSA o strutture residenziali è la considerazione della persona come portatrice di una dignità da preservare. Nelle migliori strutture esistenti per anziani, alcune attività terapeutiche, obbligatorie per legge, quali ad esempio le terapie occupazionali, sono sostanzialmente inconsistenti e raramente mirate al rispetto delle differenti patologie. Spesso gli stessi operatori sono impotenti rispetto a patologie tipo la demenza o l’Alzheimer. I pazienti privati così dell’ambiente familiare e di stimoli adeguati, peggiorano rapidamente. Per la difficoltà dei problemi, spesso si tende a immobilizzare l’anziano rendendolo “innocuo” ma aggravandone rapidamente la sua situazione generale.
Sia nelle strutture private sia in quelle pubbliche non si stabilisce un criterio di ricovero adeguato alle patologie, quindi è possibile ritrovarsi con tantissimi casi di demenza e pochissimi altri di malattie comuni della vecchiaia, oppure un “ghetto” di medesime patologie.
Nell’ambito della formazione scolastica, per i bambini diversamente abili si prevede l’inserimento in una classe di coetanei abili, mentre per gli anziani non si pronostica assolutamente tutto ciò. Demagogicamente si tende invece a ghettizzare la patologia di turno, con la scusa di curarla meglio. Ecco che il villaggio, anche se all’avanguardia, se non prende in esame il diritto d’integrazione, rischia di diventare un meraviglioso ghetto.
In realtà in un Paese considerato civile dovrebbero esistere dei villaggi a dimensione di anziano, dove poter far vivere le persone più fragili accanto alle altre cosiddette normali, in una situazione di accudimento maggiore. Considerando invece la persona come un semplice corpo fisico in decadimento si tende alla mera medicalizzazione e ghettizzazione. Già è un miracolo se si rispetta la pulizia e l’igiene del paziente. Ci sono strutture convenzionate prive di qualsiasi norma igienica, le quali sfuggono anche facilmente ai dovuti controlli. Per non parlare delle violenze fisiche che spesso emergono come veri crimini. Le altre forme di violenza, tutte le sfumature sull’impoverimento coatto della dignità della persona, spesso aggravate da sedativi, sono scarsamente riconosciute o valutate come autentiche inadeguatezze e ingiustizie.
Considerando il problema dal punto di vista dell’operatore occorre un grande senso cristiano della vita per non considerare il paziente come un “nemico”. Ci sono funzioni fisiologiche che richiedono tanto accudimento e rispetto della dignità del paziente. Non è facile per gli operatori, spesso sottopagati, ma lo è ancora meno per l’anziano lasciato al peso morale e fisico della sua “materia”.
Il problema della famiglia che non riesce ad assumersi il gravoso peso di un anziano disabile o malato è appesantito da un sistema sanitario basato su una burocrazia ai limiti della schizofrenia. E’ una disgrazia scoprire il complesso funzionamento delle ASL. La burocrazia inutile, eccessiva crea disprezzo sia nell’utente, sia nei funzionari, tutti appesantiti da file interminabili e pratiche complicatissime. Le persone così impoverite da un sistema “punitivo” non possono sentirsi realizzati come bravi cittadini, soprattutto per lo stress e i danni morali che la burocrazia può provocare.
Nell’ambito del nostro sistema sanitario, se pur non criticabile in toto, il malato, soprattutto anziano, finisce per essere rapidamente privato di quella contrattualità che consente al paziente di mantenere la dignità di persona. Questo purtroppo per varie ragioni, tra le quali il sottile disprezzo che sembrerebbe riservato a tutti gli esseri non più produttivi. Nella concezione del positivismo-materialista della vita e dell’arte medica, la persona può equivalere a una somma di organi, anch’essi non più efficienti! Non è così chiaro al sistema il potenziale e spesso effettivo degrado morale imperante sull’argomento prevenzione e cura dell’essere umano. Privata di categorie morali la persona è solo una massa di organi malati da parcheggiare in attesa di una fine. Purtroppo è sostanzialmente un numero tra tanti che configurano il business di molteplici strutture. Invece ogni persona ha una sua essenza interiore sulla quale far leva per migliorare il suo stato psicologico e fisico. La musica, la pittura, la scultura, il teatro, il canto, il movimento artistico e l’Arte in senso lato consentono un grande trasformazione, una forma rivitalizzante e al contempo integrativa dell’essere umano. Occorre soffermarsi imparando a leggere l’anima della persona per andare oltre il suo decadimento.
Nel frattempo si fa un gran parlare di cambiamento ma i problemi concreti della società prevalentemente anziana non si prendono ancora in seria considerazione.
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