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Il primo voto: elettrici ed elette, il libro di Patrizia Gabrielli - di Caterina Breda

Il primo voto: elettrici ed elette, il libro di Patrizia Gabrielli - di Caterina Breda

Le principali fasi del cammino delle donne nella vita politica: dalla Resistenza all'Assemblea Costituente. Il libro di Patrizia Gabrielli

Mercoledi, 16/11/2016 -
In occasione del settantesimo anniversario del diritto di voto alle donne, Patrizia Gabrielli (videointervista) (videointervista), docente di Storia contemporanea e Storia di genere presso l'Università di Siena, sede di Arezzo, ripercorre le fasi principali del cammino che le ha viste entrare pienamente nella vita politica del Paese: dalla Resistenza, all'acquisizione del diritto di voto, alla partecipazione all'Assemblea Costituente. Carattere fondante del libro Il primo voto: elettrici ed elette (Castelvecchi, Roma, 2016, pp. 207) è la capacità di lasciare la parola alle donne. Sono appunto le elettrici, che emozionate comprendevano l'importanza di votare e la responsabilità che ne conseguiva, e le elette, le “madri della Repubblica”, che nelle testimonianze lasciano emergere la serietà e la pazienza costanti con cui si spesero per la tutela dei diritti delle donne all'interno della Costituzione. Questo è il frutto di uno studio meticoloso ed impegnativo che ha ricercato la voce delle protagoniste, inquadrandole lungo le complesse ed articolate coordinate del dopoguerra, in numerosi quotidiani e periodici – tra cui «Noi donne» –, in diversi archivi, negli scritti, alcuni di carattere autobiografico, delle Costituenti e negli Atti della Consulta Nazionale e dell'Assemblea Costituente.

Gli eventi che segnarono l'inizio della Repubblica e della partecipazione politica femminile sono narrati a partire dall'8 settembre 1943, quando nel clima di incertezza e preoccupazione non stenta ad affermarsi anche un sentimento di "rinascita". Partecipi a pieno di questo clima sono le donne che ancora una volta – era già successo dopo il primo conflitto mondiale – ma ora con più forza, cercano di ridurre lo scarto tra la vita pubblica e quella privata. La resistenza civile e armata è un volto di questo fermento, ma non l'unico, le forme di impegno sono molteplici, in comune hanno l'opposizione spontanea verso il nazifascismo. Il biennio 1943-1945 vede la nascita dell'Udi (1944) e del Cif (1945) e con essa un'attenzione particolare al diritto al lavoro e alla parità salariale, all'assistenza all'infanzia e alla maternità, alla partecipazione delle donne alla politica e al diritto di voto. Patrizia Gabrielli ricostruisce i diversi aspetti e le tappe di questo impegno in quell'anno cruciale 1945-46 in cui si organizzarono e affermarono i due partiti di massa, il Partito comunista e la Democrazia cristiana, e in cui sulla scena politica irrompe il suffragio femminile. Dando voce ad alcune Costituenti, Nadia Spano, Maria Federici, Angela Guidi Cingolani, Teresa Noce (definita da «Noi donne» «una delle più note e belle figure del movimento femminile antifascista»), queste pagine entrano in un groviglio di relazioni, primarie e secondarie, pubbliche e private, che offrono squarci sull'esperienza delle donne impegnate in politica, nei due partiti di massa, nel Cif e nell'Udi e, ancora, richiamano l’attenzione all’incrociarsi dei partiti con le associazioni femminili e dei partiti, delle associazioni femminili con la popolazione.

Sul voto si apre il secondo capitolo che mette in luce le vicende che portarono le donne ad essere pienamente cittadine e i timori, in primis il rovesciamento dei ruoli di genere e la crisi dell'istituto famigliare, che segnarono quel passaggio storico. Ottenuto il diritto di voto «le città cambiano volto»: con questa frase, che si riferisce agli spazi fisici delle città invase dalla propaganda, ma che potrebbe riguardare anche il volto dei suoi cittadini, ora non più solo uomini, l'autrice apre un percorso che delinea l'opera di pedagogia politica e di propaganda portata avanti, non sempre parallelamente, dall’associazionismo femminile, oltre che dai partiti politici. Un impegno volto al coinvolgimento delle elettrici nella politica al fine di sollecitare la loro partecipazione alle urne: «La campagna elettorale – ha ricordato Nadia Spano – si faceva anche casa per casa, si andava a parlare con le donne. Noi entravamo nei cortili con un altoparlante e dal cortile dei grandi palazzoni romani parlavamo, cominciavamo a parlare, le donne si affacciavano alle finestre e ascoltavano».

Il 2 giugno 1946 si vota per il Referendum Monarchia o Repubblica e per eleggere i membri della Costituente, «veramente una conquista necessaria, questa» leggendo le parole di Albertina Benetti, staffetta partigiana, che come le altre donne votava per la prima volta. Vengono elette ventuno donne, la "piccola pattuglia" che con diversi ruoli parteciperà alla stesura della Costituzione. Diversa l'età, la cultura, la formazione, l'esperienza pre-guerra, lo schieramento politico, uguali l'entusiasmo, la speranza, la capacità di colorare con la propria voce la storia, il sentire nelle proprie mani una responsabilità: «Ci battevamo con passione ognuna per il nostro partito – ha affermato Nadia Spano – ma in quanto donne ci sentivamo in primo luogo rappresentanti di tutte le donne e loro ci sentivano come tali al di sopra dei partiti: le loro rappresentanti dirette. E ci battevamo tutte all'interno e fuori di essi per le donne e per i loro diritti». Si affrontano dibattiti, sorgono condivisioni e divergenze ma con la comune volontà di superare i contrasti ed evitare rotture o scontri aperti. La collaborazione viene spontanea e l'entusiasmo non manca: «Il lavoro della Consulta mi interessava moltissimo – ha ricordato Teresa Noce. L’attività era divisa in commissioni e avevo chiesto di far parte della Commissione del Lavoro, dove potevo occuparmi dei problemi a me più congeniali, cioè quelli sindacali. La Consulta rappresentava per me un’esperienza importante sopratutto perché mi dava l’occasione di un primo contatto con gli uomini e le donne del CLN di tutta l’Italia, cioè con gli esponenti dei diversi partiti che avevano preso parte alla Resistenza». Ma i temi da affrontare sono talvolta ostici. Se su diritto al lavoro e accesso alle professioni, parità salariale e garanzie alla lavoratrice madre l'accordo fu più semplice, lo fu meno – sottolinea Gabrielli riportando le fasi culminanti del dibattito – per quanto riguarda l'accesso delle donne ai pubblici uffici ed alla magistratura, tematiche sulle quali emersero nell’Aula forti pregiudizi e un deciso antifemminismo, non lo fu affatto per ciò che concerne la famiglia, come istituzione e come spazio entro il quale si definiscono i ruoli di genere. Il problema viene messo particolarmente a fuoco: se si arriva ad un accordo riguardo alla questione dei figli legittimi e figli illegittimi, lo stesso non avviene per la questione dell'indissolubilità del matrimonio e divorzio, terreno di divisione profonda tra fronte laico e Democrazia cristiana e tema che crea spaccature anche all'interno degli stessi schieramenti, compreso quello femminile.

Alla voce delle Costituenti su questi temi caldi che furono dibattuti fino all'approvazione della Costituzione il 22 dicembre del 1947, ma anche in seguito, si affiancano pagine che ne ricostruiscono l’esperienza. Negli ultimi due capitoli infatti, si offre prima un quadro variegato sulle rappresentazioni delle ventuno madri della Repubblica, sui cambiamenti che le loro vite attraversarono in seguito all’impegno istituzionale, poi, con il caratteristico stile lineare nel seguire gli eventi ma movimentato nel raccontarli, che parla con personalità lasciando anche parlare, si ricostruiscono sinteticamente le biografie delle elette. Si viene così a creare una contrapposizione tra ciò che il momento storico aveva da dire su queste donne e ciò che queste donne dissero alla storia. La stampa le dipinse spesso con sarcasmo: si soffermò a descrivere l'abbigliamento come metro per dimostrare doti, qualità, mancanze e inadeguatezze e usò bellezza e bruttezza per legittimare, o meglio delegittimare, le capacità politiche agli occhi dell'opinione pubblica. Il corso della storia dimostrò altro. L'impegno politico volto all'elaborazione del testo costituzionale, e per molte di loro proseguito negli anni, fu significativo per gettare le basi dello stato repubblicano, per la costruzione di una cittadinanza capace di comprendere la specificità femminile, per vedere esercitato dalle donne il diritto di rappresentanza, sebbene l’esercizio di questo diritto abbia incontrato non pochi ostacoli. Gabrielli analizza «un passaggio cruciale per la storia del Paese, momento di ridefinizione del binomio diritti doveri, di relazioni pubbliche e private, di autorappresentazioni e rappresentazioni» ma evidenzia anche quanto sia attuale il problema della rappresentanza e la necessità, quindi, di una proficua riflessione sull'accesso delle donne nella politica istituzionale.

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