Lunedi, 20/01/2020 - Un giorno durante un convegno ho sentito Stefano Ciccone, fondatore dell’associazione “Maschile Plurale” – impegnata in riflessioni e pratiche di ridefinizione dell’identità maschile - raccontare che, durante la sua attività, è rimasto impressionato quando si è recato in carcere e ha ascoltato cosa dicono tra loro gli uxoricidi, cioè uomini che hanno ucciso le proprio mogli e compagne: è rimasto impressionato perché quello che questi uomini si raccontano in carcere sono esattamente le stesse cose, le stesse frasi che quotidianamente ascoltiamo al bar.
Questo cosa significa? Significa che tutti e tutte condividiamo la stessa cultura, lo stesso modo di pensare e parlare, gli stessi stereotipi su cos'è maschile e cos'è femminile, gli stessi schemi di comportamento. Significa non solo che gli uomini che uccidono le donne e le proprie donne – laddove il cuore del problema sta esattamente nell'aggettivo “proprie” – non sono pazzi o malati o disperati, come spesso continuano ad essere colpevolmente rappresentati dalla stampa, ma significa anche che nessuno può ritenersi escluso dal pregiudizio, perché il pregiudizio ha radici così profonde che per sradicarlo ci vogliono una presa di coscienza e una forza di volontà così enormi che ben poche persone lo fanno.
Purtroppo il pregiudizio è così profondo da essere diventato quasi invisibile. Un esempio. “Tv sorrisi e canzoni”, in un articolo di presentazione del Festival di Sanremo scrive: “Vi sveliamo quali saranno le donne che affiancheranno il presentatore e direttore artistico Amadeus sul palco del Teatro Ariston.” Qual è il problema di questa frase? Il problema è che le donne sono etichettate solo come donne, mentre l’uomo è etichettato come presentatore e direttore artistico, definendo così subito i ruoli di potere in quella situazione. Nonostante tutte le co-conduttrici invitate abbiano proprie professioni, anche di alto prestigio.
Il pregiudizio sessista è così profondo da non essere percepito in quanto tale. E così accade che un uomo che mai si definirebbe sessista dica cose che sessiste sono. E così accade che questo stesso uomo non comprenda la gravità delle affermazioni fatte e che, pur scusandosi perché evidentemente in buona fede, affermi di essere stato frainteso. Il problema è proprio questo: non comprendere che ciò che si dice è inconsapevolmente pervaso da quel pregiudizio che ha sempre imposto e continua a imporre alle donne un certo ruolo nella società creata dagli uomini. La bellezza prima di tutto e la subalternità subito dopo. Il problema è non iniziare quella riflessione, quella presa di coscienza che ti porterebbe a renderti conto del reale peso delle affermazioni fatte. È più facile dire che si è stati fraintesi.
Il problema è che a fraintendere alla fine siamo sempre noi donne. Perché evidentemente - ci viene rimproverato - stiamo sempre sul piede di guerra per colpire il povero disgraziato che si lascia sfuggire una sillaba di troppo, perché evidentemente siamo ormai incapaci di farci una risata davanti a una battuta. Perché siamo perfide. Forse perché siamo figlie delle streghe, perseguitate e uccise per aver rivendicato spazi di libertà.
Una cosa mi ha colpito più di tutte. Sabato sera Amadeus è stato ospitato da Massimo Gramellini per ribadire di essere stato frainteso e strumentalizzato, e che mai è stata sua intenzione offendere una donna in particolare o le donne in generale. “A casa non conto praticamente nulla” dice, come per dimostrare con questo di non poter essere sessista. E Gramellini non solo ride a questa considerazione, ma poi conclude dicendo: “Immaginare che un uomo così sia un sessista fa quasi ridere, sembra una battuta”.
Questa conclusione mi ha colpita molto perché il giornalista - nonché conduttore di un programma incentrato sulle parole – ha manifestato un’incredulità assoluta, come se esistessero persone e uomini al di sopra di ogni sospetto. Eppure incredulità assoluta è anche quella manifestata il giorno dopo un femminicidio dai vicini di casa che dicono che mai si sarebbero aspettati che un uomo così buono, così dedito alla famiglia, così cordiale avrebbe potuto uccidere sua moglie. Chi conosceva quell'uomo è incredulo, eppure ciò che è successo è successo.
È proprio l’incapacità di comprendere che il problema esiste a costituire il problema. È proprio l’incapacità di comprendere che le parole usate per descrivere la realtà costruiscono la realtà stessa a consentire che la società rimanga inalterata. È proprio l’incapacità di comprendere che la cultura patriarcale con cui siamo cresciuti e cresciute tutti e tutte ancora ci pervade a consentire che ci siano tuttora discriminazioni gravissime nei confronti delle donne. Ed è proprio dire che il problema non è nostro ma di qualcun altro a consentire di perpetuarlo.
Il problema è di tutti e tutte, come ha spiegato con la sua esperienza in maniera più che efficace Stefano Ciccone.
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