Intervista a Flavio Ermini - Elementi di poetica tra maschile e femminile
Benassi Luca Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2006
Una delle garanzie del pluralismo e della democrazia è la possibilità del confronto e del dibattito che assicurino l’espressione di posizioni diverse tra loro. Guai se l’idea fosse una, e solo questa trovasse spazio all’interno della cultura, della politica, della società. È quello che avviene oggi, non solo perché una parte politica egemonizza i mezzi di informazione, ma perché questi, schierati da una parte o dall’altra, fanno della faziosità, dell’incapacità cioè di un dialogo che sia in grado di mettere in discussione le proprie fedi politiche in nome della giustezza delle informazioni, il proprio credo e la propria coerenza. Noidonne, in questa seconda tappa del dibattito sulla poesia del Novecento scritta da donne, vuole ospitare una voce contraria. Una voce di chi non crede, in quanto uomo, di dover entrare in un dibattito che coinvolge le donne e il loro ruolo nella letteratura. Nella convinzione che questa posizione possa essere condivisa da una parte dalle nostre lettrici e lettori, pubblichiamo la risposta di Flavio Ermini al nostro invito a partecipare al dibattito, sollecitando e auspicando un dibattito intorno al tema sollevato.
Secondo lei esiste la categoria letteraria di poesia femminile? E se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono? C’è una peculiarità di temi affrontati?
Cominciamo da questa affermazione: il pensiero che parla dalla poesia è un pensiero non filosofico, non religioso etc., ma una provocazione a pensare altrimenti. In termini diversi: il sapere della poesia si colloca tra conoscenza sensibile e conoscenza concettuale, e muove dall’opera stessa. E l’opera ci dice che il possibile – ciò che può esistere – non preesiste alla parola. È la parola che lo fa accadere. Tanto che il pensiero che parla dalla poesia non ha dimenticato di essere originariamente parola poetica e torna così a sospendere con la parola poetica ogni frontalità. Compito del poeta è ancora oggi quello di esporsi al principio della necessità che lo ha fatto pensare.
Ciò presupposto, mi sento di ipotizzare che il cammino di pensiero che cerca di esporsi da se stesso sull’orlo dell’enigmaticità, e di corrispondere all’evento della risposta come evento sempre originario, sia ancora lungo.
Ma cominciamo intanto a prendere distanza da una fisica del puro sentire e del mero pensare. Con l’auspicio che non vada confusa la kantiana “assenza di finalità” della letteratura con l’assenza di “responsabilità”. Responsabilità che va cercata nell’altrimenti di una scrittura che non proceda pietrificando le cose nei concetti e nelle idee. E che si faccia carico di un compito non più solo estetico, ma anche etico. Ogni opera milita sempre per una certa parte: prende partito, insomma. In generale, la poesia è un’obiezione contro questa realtà.
Detto questo, come negare che vi sia una differenza tra il sentire maschile e quello femminile? E che tale differenza porti a esiti poetici differenti?
Io però sono lontano da queste tematiche. Diciamo che me ne tengo lontano. Sono le donne che, schiacciate da secoli di egemonia maschile, sia nel sentire sia nella formulazione di un pensiero poetante, devono approfondire le problematiche relative alla differenza. E questa benedetta differenza farla emergere.
La mia impressione è questa: che tutti, in questi ultimissimi decenni, stiano tornando a casa (o che non si muovano da casa): i giovani, le donne, gli omosessuali… Io ho tanta nostalgia per il Movimento degli anni Sessanta, per i dibattiti che allora si svolgevano tra uomini e donne, tra diversi; dibattiti feroci e talora devastanti, ma proprio per questo vitali. Ora tutto si è ammorbidito, è diventato così civile... prestigiacomesco... quoterosesco...
La mia idea è che se ci mettiamo noi maschi a dibattere questi problemi, inevitabilmente arriviamo a parlarne con il fiato corto, con i nostri vecchi retaggi culturali. Il che è inutile. E forse controproducente. Correndo il rischio di ritardare ancora un processo - quello dell’affermazione della differenza femminile - che stenta, se non in particolarissime realtà, a riemergere.
(1 maggio 2006)
Flavio Ermini (Verona, 1947), poeta e saggista, ha pubblicato per la poesia: Roseti e Cantiere (1980), Epitaphium Blesillae (1982), Thaide (1983), Idalium (1986), Segnitz (1987), Delosea (1989), Hamsund (1991), Antlitz (1994), Karlsár (1998), Poema n. 10. Tra pensiero (2001); per la saggistica: Il moto apparente del sole (2006); Antiterra (2006). Dirige la rivista di ricerca letteraria “Anterem”, fondata nel 1976 con Silvano Martini. Fa parte del comitato scientifico delle riviste “Osiris”, “Panaptikon” e “Testuale”. Per Moretti&Vitali, dirige con Stefano Baratta “Convergenze”, quaderni di psicoanalisi e filosofia. Collabora all’attività culturale degli “Amici della Scala” di Milano. Vive a Verona, dove lavora in editoria, ponendo cura a varie collane editoriali.
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