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Il parto indolore

Il parto indolore

Un diritto negato per esercitare il controllo sul corpo della donna

Giovedi, 25/08/2011 - Dal 1°luglio, all’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, è stato sospeso il servizio di parto-analgesia fino a quella data garantito gratuitamente.

“Problemi di turno e retribuzione degli anestesisti” la motivazione.

Il provvedimento ministeriale che inseriva il parto nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), come l’allora Ministro Livia Turco aveva fatto nel 2008, non è più in vigore:

i tagli tremontiani alla Sanità hanno colpito la prestazione.

La Regione Puglia non ha i fondi per garantirne la gratuità.



Partorire è doloroso.

Non è una sofferenza insostenibile, Madre Natura non l'avrebbe consentito, ma è faticoso, e lungo e logorante.

E' un 'esperienza imperdibile e le donne che inconsciamente "scelgono" il cesareo rinunciano a un momento di comunione primordiale tra sé e il proprio bambino che non si ripeterà più, neanche con l'allattamento.

Ma è doloroso.

Per viverlo appieno bisogna essere pronte e forti, disposte ad accogliere il momento con tutte se stesse.

Ed è doloroso.

E' una pena allegra, intermittente, tesa a dare la vita, ma è doloroso.

È una sensazione che si spegne, come una candela tra due dita, nel momento in cui appare il bambino, e dopo ci sente partecipi della forza generatrice della madre terra.

Ed è doloroso.

Uno dei tanti dolori, il più forte, che scandiscono la vita femminile.

Il ciclo mestruale, il primo rapporto sessuale, il parto, l'allattamento, la menopausa. Un corpo creato dalla natura per dare la vita, con il quale il femminile è in costante dialogo.

Ma è il dolore delle donne.

Per questo il parto analgesico non è una conquista della medicina.

Una scienza medica che fornisce una pillola, uno sciroppo, una crema, un rimedio per il disturbo più banale, dall'unghia incarnita, al naso chiuso, al mal di testa, alla nausea da viaggio, arresta il progresso davanti al parto indolore.

È visto come una tecnica richiesta dalle classi abbienti, un lusso, un optional che deve essere preventivamente concordato perché difficilmente somministrabile. Un rimedio per donne ricche e viziate.

Sicuramente è un orpello della cultura cattolica e sessuofobica di cui è pregna la nostra civiltà occidentale, l'Italia in particolare: l'anatema divino "partorirai con dolore" gioca il suo ruolo, ma non è solo quello.

È che riguarda il corpo delle donne.

La società patriarcale e maschilista, nata nelle notte dei tempi, assolve un compito necessario e indispensabile per giustificare la funzione maschile nel mondo.

L'inutilità biologica dell'uomo poteva sfociare in due strade.

Soccombere all'eccellenza femminile come è avvenuto o avviene in qualche isola felice di impostazione matriarcale che non conosce guerre, possesso, tabù sessuali esasperati, finalizzati, questi ultimi, esclusivamente a legare la prole al genere da cui ne è naturalmente scollegato.

La società dei Moso, ad esempio, che abita ancora oggi una regione della Cina, ai confini con il Tibet. Quella stessa Cina il cui rapporto uomini/donne è 107/100 per l'eliminazione scientifica delle nascite femminili. (Invito a leggere il resoconto di questa popolazione "felice" nel libro "Benvenuti nel paese delle donne")



Ma ricondurre nel giusto valore la funzione femminile , attribuirle il potere di creare la vita significa riconoscere una sacralità alla donna e di conseguenza consegnarle le chiavi del mondo.



Rimane, dunque, la seconda via, imboccata qualche secolo fa e percorsa ancora oggi.

Si traduce nell' appropriazione totalitaria del corpo femminile, al fine di dissacrarne la sua funzione biologica e ridurla a mero complemento dell'uomo, unico a cui è riconosciuta la potenza creativa.

Un’appropriazione attuata nelle forma più perversa. Dissimulata da un culto apparente del corpo, dall’attribuzione di una fragilità che nei fatti non solo non gli appartiene, ma anzi è smentita, alimentata al solo scopo di giustificare una protezione e quindi un controllo.

Controllo e possesso che si traducono in un’oggettivazione del corpo, una mercificazione, secondo un processo che diventa esaustivo della donna stessa.

La donna è il suo corpo.

Diventa proprietà dell'uomo, del padre, del marito, che provvede a trasmetterla "integra".

Istituire i tabù e le repressioni sessuali per poter seguire la linea patriarcale della filiazione e creare l'istituzione della famiglia che riconosce, nella figura cardine del pater familias, il ceppo da cui proviene la discendenza e che tramanda il cognome e la stirpe

(la patria potestà è stata abolita in Italia solo nel 1975).

Imprigionare il corpo nelle mura domestiche, , cristallizzandolo nella figura della nutrice, condannandolo ad una funzione di cura perenne.

Per questo motivo appropriarsi del corpo della donna e dei suoi frutti (le campagne anti abortiste sono condotte in prevalenza da uomini), dissacrarne il valore, non riconoscere il dolore femminile, si traduce nel dominio della vita e della morte.

Il parto indolore quindi si carica di significati simbolici, il concederlo e il negarlo diventa un'ulteriore espressione del potere maschile.

Poterne beneficiare istituzionalmente si tramuterebbe in un diritto di genere che il maschilismo ecclesiastico e sociale ancora non è pronto a concedere.

La sensibilità femminile non lo riconosce come una battaglia da condurre perché sente connaturata l’esperienza del dolore e delle prove continue a cui ci sottopone la nostra esistenza biologica.

Il tentativo di rifuggire al dolore sfocia più facilmente nel taglio cesareo (le statistiche parlano di numeri fuori dal fisiologico), che di fatto delega la nascita, esperienza femminile per eccellenza, ad un’autorità terza, in prevalenza maschile.

La richiesta del parto indolore è ancora la conquista di paladine solitarie.

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