Venerdi, 21/02/2014 - L'invito è perentorio: anche i ragazzi devono fare il vaccino Hpv. Secondo le ultime ricerche, infatti, l'infezione da papilloma virus colpirebbe addirittura 5 volte di più i ragazzi delle ragazze, con una percentuale di tumori negli uomini pari al 30%. Ma come commenta questo dato la Società Italiana di Medicina dell'Adolescenza (SIMA)? “Da un punto di vista epidemiologico- ha dichiarato all’agenzia Dire Piernicola Garofalo, presidente Sima- è un concetto inossidabile: è chiaro che, se si tratta di una malattia sessualmente trasmissibile, i partner vanno entrambi trattati”. Secondo Garofalo sarebbe invece “meno chiaro il meccanismo con cui questo avviene, e meno chiaro ancora quanto noi possiamo intercettare di questa patologia trasmessa”. Non c'è dubbio però “che in linea di principio- prosegue- è corretto trattare la coppia per quanto attiene alle malattie sessualmente trasmesse, e quindi all'Hpv nella fattispecie”. “Una delle sequele più impegnative della persistenza cronica del virus Hpv sul tratto genitale maschile e femminile- spiega Garofalo- è l'incremento di alcune neoplasie. Non è certo in maniera assoluta che ci siano alcuni ceppi che determinino tutte le neoplasie del tratto genitale, e questo ha un'importanza non secondaria. Tutti gli interventi che mirano alla eradicazione del virus, infatti, non siamo certi che a lungo termine determineranno un'analoga caduta della prevalenze delle neoplasie”. “Da un punto di vista epidemiologico- prosegue il presidente Sima- c'è un grande momento di riflessione delle società scientifiche, ma anche del mondo infettivologico, riguardo alla certezza che soltanto alcuni ceppi di Hpv determinano quelle neoplasie e che la eradicazione di tali ceppi possa portare di conseguenza, in maniera quasi automatica, alla eradicazione delle neoplasie. La ricerca però è ancora in progress, in ogni caso ci tengo a sottolineare questo: meno Hpv circola nelle mucose dei genitali maschili e femminile e meglio è, senz'altro, riguardo al rischio oncogeno che può insorgere in questi ragazzi”. Fondamentale come strumento di prevenzione resta il vaccino, che però sembra ancora troppo poco diffuso tra le ragazze e i ragazzi. “La difficoltà di vaccinazione precoce- spiega ancora alla Dire Garofalo- sta sia in una resistenza culturale da parte delle famiglie sia in qualche dato epidemiologico che non è del tutto certo. Questo significa che se uno decide che la vaccinazione va fatta, si fa a tutti. Ma se per caso la vaccinazione non riesce a raggiungere una soglia, un gradiente valido su popolazione generale, diventa inefficace. Nel caso specifico, se riusciamo a vaccinare l'85-90% della popolazione, abbiamo ragione di ritenere che l'intervento sulla massa abbia un effetto 'gregge’. Se invece questo tipo di intervento diventa su base volontaria, su persone culturalmente avanzate, con pediatri all'avanguardia, e con sistemi sanitari regionali che mettono a disposizione il vaccino, si avrebbe un effetto diverso”. “Ma c'è da dire anche un'altra cosa: non tutte le regioni hanno avanzato un'erogazione gratuita dell'Hpv. Allora, se abbiamo tutte queste limitazioni- conclude Garofalo-, rischiamo con l'inficiare l'impianto generale, quindi con l'ottenere una prevalenza di popolazione vaccinata che è insufficiente a interrompere il circolo. Morale: abbiamo purtroppo speso energie e risorse, anche economiche, a fondo perduto. Perché se il vaccino continua a circolare in 2/3 della popolazione, non abbiamo fatto nulla”.
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