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Il pane, la libertà del lavoro e l'antifascismo. La bella storia che racconta il forno di Lorenza

Il pane, la libertà del lavoro e l'antifascismo. La bella storia che racconta il forno di Lorenza

Sullo striscione appeso davanti al suo forno Lorenza Roiati ha scritto '25 APRILE: BUONO COME IL PANE, BELLO COME L’ANTIFASCISMO'. La solidarietà per i controlli della Polizia, l'orgoglio per la Resistenza combattuta dal nonno e dallo zio

Lunedi, 28/04/2025 - Il femminile di giornata. cinquantasei / Donna, pane e antifascismo
Lorenza Roiati, la fornaia di Ascoli Piceno, è la donna che per il suo striscione “25 APRILE: BUONO COME IL PANE, BELLO COME L’ANTIFASCISMO”, fuori dalla porta del suo panificio ha subito un secondo controllo della polizia. Ritenendolo ingiusto, e forse un subdolo attacco al suo ricordo della Resistenza, ha pensato di fotografare il secondo gruppo di agenti, chiedendo conto dell’ingiustificato accanimento.
Lorenza, inoltre, con la sicurezza di chi si ritiene autorizzata di esprimere il suo antifascismo il 25 aprile di ogni anno sentendosi nel pieno esercizio dei suoi diritti, sui social ha dato notizia del suo disappunto per l'eccesso sospetto d’attenzione.
In un batter d’occhio la sua protesta per l'ingiustizia subita, condivisa e divulgata nella rete, è diventata oggetto di messaggi solidali, di commenti, domande, visite e di un pellegrinaggio a sostegno della sua presa di posizione.
Lorenza Roiati, abbracciata da tanta stima, ha raccontato con emozione le radici del suo antifascismo e del suo rispetto/amore per la Resistenza, sentimenti cresciuti grazie ai racconti coinvolgenti e pieni di emozione del nonno e dello zio, entrambi partigiani. Storie che l’hanno formata e per sempre resa, a sua volta, partigiana di una memoria che non deve essere solo storia, ma energia con cui contaminare presente e futuro.
Tornando allo striscione che campeggia sul Forno Roiati, in quel buono come il pane la memoria si mette in movimento e torna alla guerra, la cui fine festeggiamo il 25 aprile appunto, e all’importanza che proprio il pane - e per precisione la sua mancanza - ci rimanda agli anni della fame e della guerra. In particolare gli ultimi, quando i nazisti, divenuti nemici, vessarono in tutti i modi la popolazione.
E se nelle campagne grazie ai contadini il cibo e il pane erano più reperibili (tanto d'aver potuto sostenere anche i partigiani sia nell’accoglienza che nel procurare loro il cibo), nelle città, dove le tessere annonarie potevano garantire ben al di sotto del necessario e la borsa nera era inaccessibile a chi non aveva denaro, la situazione risultò drammatica.
Il racconto di assalti ai panifici da parte di donne disperate ed esasperate divenne assai frequente in tutta Italia. Rimasto famoso, tra i molti assalti ricordati dalla storia, quello di Roma il 7 aprile 1944. Una moltitudine di donne - madri, mogli, figlie, sorelle - esasperate dalla lotta alla fame, avendo saputo che nei depositi del Mulino Tesei a Portuense c’era tantissima farina bianca per sfornare il pane bianco, oramai privilegio solo dei tedeschi e dei fascisti, tentarono l’assalto. I tedeschi, informati da una spia, attaccarono le donne che scappano verso il ponte dell’Industria - più noto come ponte di ferro. Molte donne si salvano ma dieci, raggiunte, furono uccise dai nazisti e i loro corpi lasciati sul ponte per ore quale orribile monito. Oggi un piccolo monumento le ricorda ed è bello considerarlo in rappresentanza delle infinite altre donne che persero la vita “lottando” anche contro la fame in tutto il paese, in ogni regione e città.
Il pane, che parlando di fame alle nostre latitudini viene considerato la prima risposta, il primo rimedio.
Il pane che oggi sentiamo drammaticamente mancare nelle zone di guerra come a Gaza o in Ucraina nei territori più esposti ai combattimenti, per non dimenticare le infinite altre guerre come in Sudan o nelle zone devastate dai terremoti, o da altre emergenze climatiche come il Myanmar solo per citare le più note.
Sempre pensando al pane varrebbe, proprio oggi, rileggere il libro di Miriam Mafai, Pane Nero, che racconta in modo incredibilmente coinvolgente proprio la fatica delle donne e del Paese, in lotta anche con la fame e alla ricerca di cibo e di quel pane che per la gente comune era solo nero fatto di farina integrale, crusca, farine di mais o segale, cioè con gli ingredienti di scarto più svariati e anche talvolta avariati.
Nulla a che vedere con la scelta che abbiamo oggi mentre, simbolicamente tornando al forno di Ascoli Piceno, possiamo in Italia sicuramente tornare a raccontare dei tantissimi pani tipici e di qualità che ci offrono la storia del nostro paese: dai bianchi, ai gialli, ai neri, dalle incredibili diversificate farine, pezzature o cotture.
Il pane come un’arte che, parlando di lavoro di cui il primo maggio ricorre la festa, è arrivata a professionalità specializzate davvero notevoli.
Ed è proprio leggendo la storia professionale di fornaia di Lorenza Roiati che ne possiamo avere testimonianza quando racconta che dopo aver fatto l’Università, per precisione la triennale di chimica alla Sapienza a Roma, mentre affronta la fase successiva si avvicina all’arte della cucina e si innamora del pane.
La gavetta fatta in un famoso forno della Capitale prima di aprire il suo forno ad Ascoli nel palazzo di proprietà della sua famiglia, in un’avventura dove è stata sostenuta, racconta, in particolare da quel nonno partigiano che le ha tramandato il suo orgoglioso antifascismo e l’amore per la libertà.
Libertà anche d’impresa. Una scelta che molti, considerata la sua laurea e i luoghi comuni, probabilmente non avranno capito e condiviso, ignorando quanto complessa, unica, colta e un po' magica sia l’arte di fare il pane, come raccontano donne che nelle zone rurali ancora lo impastano con lieviti, segreti e forme antiche.
Paola Ortensi

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