- Il nuovo film di Francesca Archibugi, remake del francese ‘Le prénom’
Colla Elisabetta Venerdi, 27/02/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2015
Chi non ha amato la Archibugi, regista di film quali Mignon è partita, Il grande cocomero e L’albero delle pere, che tra gli anni Ottanta e Novanta lasciarono emergere uno stile personalissimo ed una visuale ‘al femminile’ delle storie di tutti i giorni, dove dramma e commedia si fanno l’occhiolino, tratteggiando con maturità e indulgenza aspetti critici della società, a partire dal cuore e dalle vite dei personaggi ritratti? L’approccio non è cambiato: allegro ma non troppo, malinconico quanto basta, il gruppo di famiglia in un interno, pennellato con tocco ora lieve ora feroce da Francesca Archibugi nel suo ultimo film Il nome del figlio, remake della nota pièce francese Le prénom, si avvale di un magnifico cast d’attori italiani in stato di grazia ed ottimamente diretti. Paolo e Betta Pontecorvo, fratello e sorella, con i rispettivi partner ed un amico di vecchia data, si ritrovano a cena in occasione dell’annunciata gravidanza di Simona, la moglie di Paolo, una strappona di periferia che scrive best-seller piccanti: intorno al nome scelto per il nascituro nasce una discussione che scatenerà una vera e propria sarabanda di ricordi d’infanzia, incomprensioni coniugali, gelosie sopite, insoddisfazioni personali, rivelazioni inaspettate.
Ogni personaggio è tratteggiato ad arte dalla sceneggiatura scritta dalla stessa Archibugi insieme al bravo Francesco Piccolo ed incarna un carattere tipico della nostra bella Italia: Alessandro Gassman, nel ruolo di Paolo, avvicina i suoi registri attoriali sempre più a quelli del padre; Valeria Golino (sguardo liquido e grande ironia, ormai a suo agio nei ruoli di mamma) interpreta Betta, l’ago della bilancia familiare, la donna intelligente che ha sempre anteposto la sua felicità a quella dei figli e del marito; Rocco Papaleo, nei panni di Claudio, l’amico musicista la cui vita sentimentale è avvolta in un fitto mistero; Luigi Lo Cascio è il versatile Sandro, l’intellettuale del gruppo, marito di Betta, professore frustrato e distratto, che inventa compulsivamente twitter di qualità per chattare con altri accademici; infine Micaela Ramazzotti è Simona, la moglie di Paolo, verace e poco raffinata, all’apice del successo col suo romanzo-spazzatura (un ruolo già sperimentato dall’attrice, quello della finta svampita, in realtà portatrice della saggezza popolare). “Questo film - afferma la Archibugi - parla di come amicizia ed amore, se profondi, abbiano un valore fondamentale anche se sono tormentati. Il nostro è stato un viaggio con un equipaggio di attori molto generosi, con i quali abbiamo lavorato prima in modo molto meticoloso e pignolo, per lasciare poi spazio all’improvvisazione: credo che in questo modo siamo riusciti a rendere omogenea la cifra recitativa. Nel film, al di là dei conflitti, c’è molto amore”. Un’orchestra ben suonata, dunque, una stupenda casa a due piani come co-protagonista, con alcuni tocchi di regia in esterni, che rendono il film meno claustrofobico dell’omologo francese.
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