Il Nobel per la pace al Programma Mondiale per l’alimentazione
Fame e alimentazione: un promemoria su grandi temi da mettere con urgenza all’ordine del giorno nel mondo andando all’origine delle cause che li determinano. L'impegno del WFP non può essere considerato esaustivo
Mercoledi, 14/10/2020 - Il Nobel per la pace al WFP, ovvero al Programma Mondiale per l’alimentazione.
Un riconoscimento ma anche un avvertimento, un'agenda su cui impegnarsi.
La fame e l’alimentazione: un promemoria su grandi temi, da mettere con urgenza all’ordine del giorno. E di cui farsi carico andando all’origine delle cause che li determinano.
Dopo il Nobel per la Medicina, quello per la Fisica (anche a una donna), per la Chimica (a due donne per la prima volta), per la letteratura a una poetessa, la notizia attesa era a chi sarebbe andato quello per la Pace, in un tempo in cui troppe sono le guerre, e orrendi i motivi che spesso le scatenano e le conseguenze che ne derivano pagate dai più fragili esseri umani e in cui la Pace appare appunto più una chimera che una speranza.
E presumibilmente, proprio tenendo conto di questo, la scelta è caduta sull’WFP, ovvero l’Agenzia delle Nazioni Unite, il cui quartier generale si trova a Roma. Il compito del WFP è di distribuire e far arrivare il cibo ai disperati della terra ai quali, per ragioni praticamente sempre violente, manca il primo sostentamento ovvero il nutrimento, l’alimentazione. Il cibo.
Questa attribuzione del Nobel al WFP, quindi, premia nel merito questa importante Agenzia delle Nazioni Unite che con i suoi “impiegati” arriva negli angoli più lontani dalla pace, cercando di alleviare la tragedia di chi non ha cibo e mezzi di sostentamento per poter alimentarsi e sopravvivere.
Qualche numero per capire non fa male e porta a riflettere su cosa significhi assistere circa di 100 milioni di esseri umani affamati, di cui 16 milioni di bambine e bambini direttamente a scuola, raggiungendo 82 paesi del mondo, distribuendo 15 miliardi di razioni alimentari all’anno, dopo l’acquisizione di 3 milioni di tonnellate di cibo, utilizzando quotidianamente 5000 camion, 30 navi, 92 aerei e impegnando ben 17.000 lavoratori dipendenti del WFP sparsi in tutto il pianeta e che spesso si trovano ad operare in condizioni di difficoltà e rischi inimmaginabili.
Una breve premessa per dare ragione e rilievo all’attribuzione di un Nobel, sicuramente meritato, ma che proprio per la realtà che ci costringe a considerare, ci obbliga a valutarlo non solo un riconoscimento di chi risponde a un diritto inalienabile (peraltro a nome di un'Unione di Nazioni) ma un avvertimento, un'ammonizione e ancora di più quasi un accorato grido d’allarme per la negazione di un diritto primario a milioni di esseri umani, ovvero il cibo, il nutrimento, l’alimentazione!
Una tragedia, la fame, quasi sempre - per non dire sempre - frutto di guerre, devastazioni o violente modificazioni climatiche dovute a sconvolgimenti ambientali che generano desertificazioni, alluvioni, cataclismi, tutti fenomeni che condannano gli esseri umani più fragili.
Il premio dunque all’WFP centra il problema enorme della fame, generata, va risottolineato, dalla gestione sconsiderata di una parte dei potenti del mondo che nelle guerre e in un uso di rapina dei propri territori condannano con noncuranza all’emarginazione e alla privazione del diritto alla vita milioni di esseri umani considerati così di fatto uno scarto della società umana.
Ma se è vero, come credo, che il problema dell’alimentazione sia uno dei temi che il Nobel vuole sollecitare e porre all’attenzione e a cui non a caso un'altra importante agenzia delle Nazioni Unite - la FAO - dedica ogni 16 ottobre una giornata ad hoc, “la giornata mondiale dell’alimentazione“, può essere interessante ricordare o almeno menzionare brevemente alcune tematiche, obiettivi e protagonismi che sono a valle o a monte del tema del cibo. Va tenuto conto necessariamente come rimanga fondamentale, come è stato per secoli, la possibilità per gli abitanti delle grandi aree rurali di avere a disposizione piccoli orti e appezzamenti di terra ricchi di biodiversità, che hanno garantito - praticando l’agricoltura - il sostentamento di miliardi di esseri umani. Realtà sempre meno possibili per l’impossibilità crescente di coltivare o addirittura di avere proprie terre e soprattutto proprie sementi, divenute in moltissimi casi biodiversità di proprietà esclusiva di multinazionali che le ottengono da governi corrotti sottraendole a chi poteva trarne, appunto, la sicurezza alimentare.
Senza sorvolare su cosa significhi la distruzione o l’incendio delle foreste, per tornare alle guerre che generano l’esilio dalle proprie minime sicurezze, la miseria, la paura l’abbandono di un luogo di vita stabile, cosa che accade anche in grandi centri urbani.
Potrei continuare e “arricchire” con ulteriori e innumerevoli esempi la miseria, la povertà che milioni di persone subiscono; ma penso che sia noto a chiunque sia interessato a seguire - con onestà intellettuale - le vicende del mondo che tra le altre cose anche questo tempo dominato da coronavirus ha reso ancor più drammatiche, aumentando anche nel merito l’attività indispensabile e importantissima di distribuzione del cibo del World Food Programme.
Ritengo altresì irrinunciabile citare almeno per titoli alcuni temi su cui, parlando di cibo e di alimentazione, mi sembra indiscutibile accennare in questo contesto per tornarci anche a breve. Mi riferisco alle donne che, quanto mai nei luoghi più in difficoltà della terra nel reperimento del cibo per la famiglia, comprendendo in questo l’acqua,senza la quale non c’è alimento e nutrimento, sono in prima linea con fatiche e difficoltà inimmaginabili.
Come sono, le donne, in prima linea anche, dove possibile, nel lavoro dei piccoli appezzamenti di terra nelle aree rurali. Non a caso proprio in stretto collegamento con la Giornata mondiale dell’Alimentazione cui facevo menzione si celebra, ogni anno, con un giorno d’anticipo (ovvero il 15 ottobre) proprio la Giornata delle donne rurali, data l’importanza del ruolo che svolgono per la tenuta dei territori in difesa delle famiglie e della cura delle stesse, in particolare proprio parlando di approvvigionamento alimentare.
Non è casuale, e fortemente simbolico, che anche troppo spesso si ricordi come in luoghi fortemente in difficoltà per la vita e il reperimento del cibo le madri cerchino di allungare più che possono l’allattamento dei figli, non sapneod come potranno poi garantire loro per nutrirli.
Concludendo e tornando a sottolineare, con queste sintetiche considerazioni, il valore e l’importanza concreta e simbolica di questo Nobel della Pace 2020 al Programma Mondiale per l’alimentazione, non possiamo non augurarci che abbia anche un ritorno di riflessioni e responsabilità nei potenti del mondo per considerare che se il cibo è un diritto primario di tutti gli esseri umani è anche un dovere da parte di ogni governo impegnarsi per garantirlo ai propri cittadini con scelte politiche adeguate che prevedono, non a caso, la Pace come orizzonte su cui impegnarsi.
Paola Ortensi
«Il Wfp è stato insignito del premio Nobel per la pace 2020 per i suoi sforzi nel combattere la fame, per il suo contributo nel migliorare le condizioni per la pace nelle aree colpite da conflitti e per la sua azione nel guidare gli sforzi per prevenire l'uso della fame come un'arma di guerra e conflitto».
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