Il premio assegnato dal Comune di Bologna a Codrignani genera polemiche ma Giancarla dice che avere un'opzione di fede non è una cosa su cui si stabiliscono gerarchie di valori valide per tutti
Giovedi, 24/03/2011 - Il Comune di Bologna ha assegnato il premio Nettuno d'oro a Giancarla Codrignani. E' la quarta volta dal 1963, data di istituzione del riconoscimento, che il premio va ad una donna. Nelle motivazioni si legge: “Sempre impegnata, anche come cattolica, nelle battaglie per i diritti umani, ha privilegiato l’ambito femminista senza però mai dimenticare le grandi questioni internazionali. (…) Per la sua generosa partecipazione all’evoluzione civile della nostra città e del Paese, per la dedizione profondamente laica e il costante impegno con cui ha sempre inteso il suo impegno politico il Comune di Bologna le è grato”.
E subito scoppiano le polemiche. Bologna Sette, supplemento locale di Avvenire, ha pubblicato una nota in cui diffidava chiunque dal definire Giancarla cattolica in quanto “Non può essere qualificato come ‘cattolico’ chi sostiene tesi, quali la liceità dell’ aborto, che sono palesemente in contrasto con il magistero di sempre della Chiesa cattolica”.
La risposta di Giancarla non si è fatta attendere e ce la facciamo raccontare direttamente da lei in questa intervista.
“Sembra una storia in po' perversa in cui qualcuno vuole danneggiarsi da solo perchè, in questo caso, la Chiesa gioca a perdere. Se pensiamo a come è andato il referendum sull'aborto che ha avuto una maggioranza schiacciante in Italia sembra che la Chiesa si dica da sola che i cattolici sono vermante pochi. Poi c'è il problema di seguire l'autorità, che non equivale a seguire la propria coscienza e io, in piena coscienza, so che il sostegno non è a favore dell'aborto, che non è mai una bella cosa (passare dal chirurgo non piace a nessuno), ma solidarizzare con le condizioni di necessità, di disperazione, di difficoltà in cui si viene a trovare una donna. E' sotto gli occhi di tutti come il fatto di avere una legge abbia evitato una clandestinità ripugnante e l'ipocrisia di fare finta che l'aborto non esista. E penso che la Chiesa pecchi di ipocrisia quando fa finta di non vedere drammi come quelli delle donne del Sud del mondo che sono ancora relegate nella clandestinità, della vergogna, addirittura della morte. Ritengo quindi che ci sia tutta una schiera di problemi all'interno della Chiesa che ha a che vedere con la carità verso il prossimo, con il servizio verso i più poveri. In questa polemica, quindi, io non mi sono sentita affatto a disagio ma ho tenuto a puntualizzare alcune cose.”
Hai risposto infatti con un documento che argomenta in vari punti la tua posizione.
Nell'intervenire contro l'aborto e a favore del nascituro non si tiene mai in conto che non basta salvaguardare un ovulo per mantenere in vita un figlio fino a 18 anni, anche con forme non onerose per la società: ad esempio i privati che ritengono di dover salvare il prossimo potrebbero non limitarsi alle proteste negli ospedali ma assumersi una responsabilità. Il secondo punto è che non c'è un'evangelizzazione dei maschi che sono i principali responsabili degli aborti; oggi che la Chiesa, o almeno alcuni uomini della Chiesa, hanno una certa indulgenza verso Berlusconi bisogna ricordare che in tutti i giochini del bunga-bunga qualche incidente può accadere. Poi c'è la storia delle donne del sud del mondo che non vengono mai menzionate.
Facendo un discorso un più ampio, in riferimento al mondo cattolico, direi che bisogna evitare la strumentalizzazione politica per averne dei benefici dai governi di turno: dietro la Chiesa infatti sono arrivati dei parlamentari del Pdl mettendo in discussione l'attribuzione del premio alla sottoscritta. La Chiesa dovrebbe chiarire che nessun cattolico è obbligato ad abortire ma ci sono situazioni diverse. Del resto anche la stessa gerarchia cattolica, in alcuni ambiti, non riesce a realizzare l'unità: si pensi al giudizio sul Concilio Vaticano II. Sono per esempio in disaccordo anche con l'esaltazione della sentenza sul crocifisso nelle scuole riconosciuto come simbolo culturale: io credo che sia un simbolo della mia fede.
Non ti sembra che questa sottolineatura della Chiesa sul tema dell'aborto, questa intromissione a proposito di un premio che ti è stato assegnato in ambito civile, più che riferirsi al tema dell'interruzione di gravidanza sia un tentativo di 'stuzzicare' un po' te, proprio perchè tu sei davvero cattolica e riconosciuta dai tuoi concittadini come tale quindi un personaggio scomodo, e mandare un messaggio al Comune di Bologna?
Io in genere sono scomoda a tutti ed un modo di essere di cui sono anche abbastanza contenta perchè sottolinea il modo diretto che ho di dire le cose. Però questa Chiesa, in quanto rappresentante dei cattolici, avanza dei diritti di cattolicità nello Stato che è inammissibile perchè Gesù disse “Date a Cesare...”.
Non ti senti ferita da questo atteggiamento della Chiesa nei tuoi confronti?
Certo che mi ferisce. Ma mi ferisce di più essere abbastanza sola perchè non credo che l'ammettere di avere un'opzione di fede sia una cosa su cui si stabiliscano gerarchie di valori valide per tutti. Ed è lì che si apre la disponibilità al confronto con gli altri.
Le donne di Bologna ti hanno manifestato solidarietà in questa situazioni?
Si, continuano ad arrivare manifestazioni di sostegno sia da donne che da uomini, cattolici e non. Parecchie persone mi hanno offerto il loro sostegno personale; sarebbe interessante se lo manifestassero anche pubblicamente, non solo in questa occasione ma anche negli ambiti che frequentano abitualmente, altrimenti rischiamo di rimanere isolati. Ci troviamo in piccoli gruppi che vengono definiti del dissenso, che tra l'altro è una parola che a me non piace, perchè la coscienza deve essere libera. San Tommaso dice che “chi sceglie il metodo dell'autorità è sicuro di possedere la verità ma in una testa vuota”. Io non presumo di sapere la verita però mi confronto e se qualcuno afferma qualcosa io posso dirne un'altra. Se ci fosse civiltà di rapporti ci sarebbe argomentazione reciproca, nel dialogo, nel confronto. Non c'è perchè a qualcuno sembra giusto essere il capo della gerarchia.
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