I nostri figli / 6 - Sesto appuntamento con l'interpretazione dei disegni dei bambini
Baldassarre Bruna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2007
I disegni di un geometra o di un architetto, in alzata, piano, sezione, sono delle immagini contigue simili a ciò che il bambino riesce a rendere in una sola figura, forse proprio grazie alla preoccupazione comune di consentire, a chi guarda, di addentrarsi nell’oggetto rappresentato. Il sapiente disegno degli adulti, quindi, in determinate circostanze, ha qualcosa del realismo infantile. Il realismo visivo è una convenzione pari alla precedente fase del realismo intellettuale. Con la conquista del realismo visivo, il bambino si adatta all’ambiente dopo aver acquisito la sua esperienza. In questo senso, e nella necessità del mantenimento del tipo, il bambino è tradizionalista. Dai quattordici ai ventuno anni, anche nell’età del cosiddetto anticonformismo, nello sviluppo del grafismo, il ragazzo si conforma alla convenzione ed è un conservatore! L’adeguamento alle convenzioni, anche nell’ambito sociale, è contrassegnato da una perdita di talento e spontaneità infantile. Il problema diventa preoccupante quando il bambino non ha potuto accogliere niente nella fase imitativa, cioè quando avrebbe dovuto formarsi una certa ricchezza interiore di immagini. Questo può predisporre il futuro adolescente a un tipo di imitazione sfrenata e distruttiva, cioè antisociale.
Uno degli aspetti più importanti del disegno infantile è comunicare agli altri, e quindi a se stessi, le proprie esperienze. Proprio per questo la finalità del disegno è la comunicazione. Il movimento, segno di vivace intelligenza, rende il disegno più dinamico, attraverso quadri dinamici costituiti da momenti successivi, in cui alcuni elementi cambiano e altri restano uguali. Tale tipo di narrazione non verbale fatta mediante segni si chiama “narrazione grafica” e ne esistono tre tipi fondamentali:
1. Il tipo simbolico (fig.1, mucche che fuggono di fronte a un orso, di un bambino californiano di 7 anni -collezione Luquet-), dove si sceglie un particolare momento dell’azione o un episodio rappresentativo della storia che simbolizzi l’insieme.
2. Il tipo di Epinal (fig.2, di un bambino inglese di 8 anni, “Alice e il papero Pietro” - collezione Luquet -), dove molte scene rappresentano un episodio.
3. Il tipo successivo, frequente nei bambini di età inferiore agli otto anni (fig.3, di un bambino di sei anni e mezzo, che rappresenta una scena di mare, dove la cacca di un gabbiano cade sulla sorella mentre prende il sole –archivio dell’autrice-), dove si scelgono elementi appartenenti a momenti diversi per evocare la continuità dell’azione.
Nella narrazione grafica emerge ciò che l’osservatore vede rispetto a ciò conosce. L’intelletto coglie la continuità, mentre l’occhio, la discontinuità, quasi al pari di un obiettivo di una macchina fotografica. Il realismo intellettuale registra i cambiamenti, mentre il realismo visivo, frammenta la continuità dell’azione in una successione di momenti discontinui, eliminando la relazione tra i momenti precedenti o successivi.
Come per la successione statica, anche per quella dinamica, il bambino passa dal realismo intellettuale al realismo visivo.
(15 febbraio 2007)
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