Malala Yousafzai entra nell’ampia sala dell’ONU. Sembra ancora più giovane della sua età, sedici anni....
Domenica, 21/07/2013 - Malala Yousafzai entra nell’ampia sala dell’ONU. Sembra ancora più giovane della sua età, sedici anni. Ha in mano i fogli del suo discorso. Mi rendo subito conto che quello che sta per avvenire ha la portata di un avvenimento storico in quanto assolutamente surreale. Malala è dinnanzi al microfono invece che in una fossa assieme alle sue compagne di scuola. Parla con voce sicura dopo che un talebano ha cercato di spegnerle per sempre ogni parola e ogni pensiero con un proiettile nella testa. Atto terroristico con un forte connotato simbolico, come l’aver fatto saltare a suon di bombe il pulmino della scuola femminile che lei frequentava. Il 12 luglio è il giorno del suo compleanno e lei si rivolge proprio in tal giorno ai vertici mondiali del potere per raccontare l’orrore subito e nel far ciò riesce nel miracolo laico di sublimare il dolore e la paura in un atto politico. Perché di questo si tratta, nella sua accezione più ampia. Utilizza parole dirette, concetti semplici e per questo spesso volutamente ignorati dalla comunità internazionale: l’essenzialità pone l’imbarazzo di risposte chiare, senza reticenze.
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