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Il mito della taranta

Il mito della taranta

Intervista a Teresa De Sio - Il primo libro dell’artista, donna del Sud e studiosa di musica popolare

Di Sabatino Guendalina Martedi, 30/11/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2010

"Metti il diavolo a ballare" (Einaudi, pp. 198) è un romanzo incentrato sulla complessa e arcaica concezione del mondo dei contadini del Salento premoderno, quando le tarante mordevano nelle campagne avvelenando il corpo dei pizzicati che dovevano mettersi a "ballare" per poter guarire dal male. L’autrice, al suo primo romanzo, è Teresa De Sio, donna del Sud, importante musicista e studiosa di musica popolare. Siamo negli anni ’50 a Mangiamuso, un paese del salentino con il suo atavico mondo patriarcale autoritario popolato da demoni, ragni, e miseria, e soprusi, e saggezza insospettata. Il noir, dalla struttura narrativa molto complessa, con inattesi salti cronologici, si muove su più piani, attraverso i punti di vista dei molti personaggi: quelli logorati dalla vita, i generosi, gli avari maledetti e gli innocenti. La storia ruota intorno ad una drammatica notte di Carnevale. Al centro l'infelicità di Archina Solimene, un'adolescente poverissima, schiacciata da abusi inimmaginabili, sola, prigioniera di una sofferenza indicibile da cui tenta di liberarsi facendosi aiutare dalla tradizione della sua cultura. Dice di essere stata morsa da un ragno, di essere posseduta. Nella parte soprannaturale e rispettata che le assegna il mito danza tempestosamente per tre giorni. Alla fine dei rituali cade esausta buttando fuori il demone che è dentro di sé. Ma quel male incontenibile che la opprime non potrà essere guarito dai rituali del mito né dalle "diavolerie" della modernità.



Dal piacere della musica al piacere della scrittura. Il suo primo romanzo è anche il primo sul mito della taranta.

Sul tarantismo sono state scritte decine di saggi straordinari mio materiale di riferimento, ma l’affascinate fenomeno non è mai stato raccontato in forma narrativa. È stata un'avventura molto bella e profonda per me. Un’energia ritrovata.



Come è entrato nella sua vita il tarantismo?

Attraverso la musica, anni fa, quando ho iniziato a lavorare sulla pizzica, la tarantella pugliese, "la tarantella guaritrice", col gruppo Musica Nova, e attraverso gli studi di antropologia all’università. Imprescindibile La terra del rimorso di Ernesto De Martino.



Ha scelto di raccontare il mito della taranta attraverso l’amara vicenda di una dodicenne...

Gli episodi di tarantismo, di possessione, delle donne salentine si manifestavano nei periodi critici dell'esistenza femminile, nel periodo puberale soprattutto. E il mito della taranta era il rimedio all’infelicità che quel mondo offriva negli anni ‘50.



Una ragazzina che subisce feroci abusi, purtroppo attuali. Pagine difficili per il lettore...

Ho sofferto molto quando ho scritto la scena della violenza. Non le donne, ma alcuni individui di sesso maschile non sono riusciti ad andare avanti nella lettura, non ce l’hanno fatta.



Perché fa nascere Archina a Procida?

Avevo bisogno di un contatto con la mia terra, con il mio dialetto, era importantissimo poter usare dal punto di vista letterario la mia lingua perché io non sono salentina.



Il tarantismo interessa anche il resto del Sud Italia?

Ampiamente: Campania, Lucania e Calabria. I rituali dell'argia sarda hanno molti punti di contatto con il tarantismo.



È un fenomeno superato?

È sopravvissuto per centinaia di anni ed è tramontato con l’avvento della cultura di massa contemporanea. Quando a curare "l’infelicità" sono intervenute le terapie farmacologiche o psicoanalitiche, la televisione con i nuovi modelli conformisti, l'immaginario popolare si è scollegato dal mito. Non a caso nel romanzo dedico un capitolo all’apparecchio televisivo "una diavoleria per scacciare i diavoli".



Il mito della taranta potrebbe essere invenzione delle donne?

Certamente sono state le maggiori attrici ed interpreti di questo fenomeno. Le donne, per secoli, non solo nel Salento, hanno avuto una gamma di modelli interpretativi della vita assolutamente limitati e frustranti, attraverso la taranta, invece, assumevano un ruolo pubblico riconosciuto all'interno del gruppo.



(29 novembre 2010)

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