Domenica, 07/02/2021 - PAOLO CARLUCCI
Il mio Gibran
Ho scoperto l’opera di Kahlil Gibran (1883-1931) negli anni conclusivi del liceo. In quegli anni di ricerca e vita fragili ed assoluti, ero immerso nella lettura di Nietzsche: il danzante nella musica della verità. Trovavo nel filosofo pulsante dell’irrazionalismo tragico dei Greci, una mente ritmica di ragione in crisi capace di dare risposte spinose e urtanti all’orecchio. Anche al mio! Leggevo con avidità d’amore culturale quegli aforismi come scintille musicali d’infinito. Erano prose, a volte versi, parole- spade, le sentivo, come gradini di essere, spesso in forma di domanda e appello ai crepuscoli del tempo di fine millennio in cui mi trovavo, studente alle soglie dell’università.
Cercavo confusamente le mie dimensioni … Sabbia di libri e orizzonti di poesia!
Così scoprii il Profeta, l’opera più nota di Gibran, colui che risveglia le parole del cuore in sonno col martello della Vita! Ecco era proprio l’anello mancante! Lo snodo forte e problematico tra filosofia e poesia!
Quanti lampi pedagogici in queste righe, de Il profeta, echeggianti le parole dello Zarathustra nicciano. Così l’opera di Gibran segnava la profondità della via, un divenire. Parole-spada dicevamo, che mi indicavano orizzonti d’avvenire.
E una donna, che reggeva un bambino al seno disse: Parlaci dei Figli.
E lui disse:
i vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di se stessa.
…. Potete donar loro l’amore ma non i vostri pensieri
Essi hanno i loro pensieri….
La vita procede e non s’attarda sul passato.
Il poeta libanese, ma vissuto a lungo in America, come un profeta, un danzante nella forza della verità al Village di New York, parla per parabole e negli aforismi lascia nebbiosa luce. Educazione ad essere. Come Emerson, Thoreau e Whitman, anche Gibran è un camminante, un precursore del Dharma di Kerouac, un beat degli anni ‘20, folli e disperati, tra guerre e rinascite. Da opere come il Folle e Il vagabondo, che rischiarano abissi graffiando ogni ipocrisia, ma si fanno testimoni del pessimismo visionario post-bellico, Gibran nel 1923, dando alla luce Il Profeta, trova un coraggio nuovo, una speranza, un sogno pragmatico in linea con la mentalità americana. E ciò spiega anche il successo editoriale di un’opera che, accanto al Siddharta di Hesse, diverrà bibbia generazionale.
Ben prima de il Giovane Holden, fa di Gibran un Precursore, per citare un’altra delle sue opere, nella geografia delle irrequietezze sognanti della società americana ed europea occidentale, con l’arma della voce in fiore di semplicità, sconcertante e sconosciuta, rimossa, avverte un Occidente in declino con toni orientali e meta religiosi.
Gibran costruisce dei breviari d’amore universale, dei tascabili di felicità in domande, precorrendo un tono di pillole di poesia, di sabbia aforistica, schegge di proposte per una vita che miri all’interiorità scoperta nel quotidiano, ma nelle metropoli del mondo e non tanto in eremitaggi atemporali. Uomo del desiderio, Gibran è poeta del movimento perenne, del vitalismo wild americano. Gibran si volge come in un eterno ritorno al tema del vitalismo nicciano, ma sente vivissimo il ritorno ad Emerson, come ancora negli anni 50-60, l’On the road americana sentirà il richiamo indiano e orientale, grazie a scrittori come Kerouac, Ginsberg, Snyder etc.
Son tappe di un viaggio, attimi fuggenti di poesia come proposta che implicano scelte forte di vita. Di aforismi d’ Amore, Gibran ne scrive a profusione, si vedano questi.
Viviamo solo per scoprire la bellezza. Tutto il resto è una forma d’attesa.
Semina un seme e la terra ti darà un fiore.
Fai un sogno che vada in direzione del cielo e il sogno ti porterà l’amato.
Gibran resta in noi il Maestro, il messaggero audace e ispirato che sempre nella tempesta del vivere ci parla in refrain, come un rap, un precursore di social dei nostri tempi. Uno che quasi come un Battista annuncia e precorre il musical, simbolo dello spirito americano pacifista, e poi new age: sino a quel capolavoro che fu Jesus Christ Superstar, rivelatore di verità elementari, un vero… popular mystic for life.
Gibran, o meglio il suo profeta, educa come Zarathustra nella sofferenza del cuore a trovare con fatica di libertà, la schiuma di luce per vivere in una dimensione alta e più dinamica. Del tutto nuova.
- Speak to us of … è il là di ogni dubbio, in Gibran, il Profeta in esilio nel Far West delle civiltà, che ancora parla al mondo.
Nota
Kahlil Gibran, Il Profeta, SE, Milano, 1985
Id. Sabbia e onde, Guanda, Parma, 1997
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