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Il mio ’68 di Piera Degli Esposti

Il mio ’68 di Piera Degli Esposti

1968/2008 - ”Il ’68 è stato pieno di rumore, pieno di voci, è stato un periodo di grande sonorità."

Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2008

”Il ’68 è stato pieno di rumore, pieno di voci, è stato un periodo di grande sonorità. Sono felice di aver vissuto quegli anni perché quello che è successo non è svanito, ma sono i piedi e le gambe del nostro corpo. Noi abbiamo ancora quei piedi e quelle gambe, e non è poco, anche se mi spiace vedere quelle gambe un po’ esili”. Piera Degli Esposti, grande talento di attrice teatrale e cinematografica, ha vissuto pienamente il fervore e gli entusiasmi che hanno caratterizzato quegli anni. “In quel rumore sono emerse grandi figure e abbiamo incontrato Moravia, Pasolini, Sciascia, Natalia Ginzbung. Abbiamo avuto la fortuna di vedere ‘la penna’ che scendava in piazza, partecipe di quei fermenti, di quell’effervescenza culturale che permeava tutto. Lo scrittore, la scrittrice facevano parte di quella fantasia. Era un modo nuovo di esserci, rispetto agli anni precedenti, era una rivoluzione che vedeva gli intellettuali in prima fila. In tutte le arti - la pittura, la musica, il teatro, la poesia - abbiamo assistito alle grandi rivoluzioni, e che rivoluzioni! Non si andava più nei teatri dei velluti, ma nelle cantine delle periferie e le persone erano vicine a quelle che erano le avanguardie. Ricordo il ‘Gruppo dei 101’, qui a Roma, una specie di garage che inventarono Antonio Calenda, Gigi Proietti, ed io ero con loro”. Il racconto di Piera tratteggia il calore e il colore di quegli anni. “C’era un grande bisogno di stare insieme, che poi diventò abitudine e il privato lavorativo diventava pubblico. I poeti cantavano insieme ai pittori e ai musicisti, ci trovavamo alle mostre, nelle sale o nelle cantine per lavorare, discutere o anche litigare, ma c’era uno scambio forte di passioni e idee. Il ‘68 è stato senza solitudine, con bagarre, anche con errori o scelte estreme, ma è stato un continuo vivere insieme”. Il nostro mondo, globalizzato e iper informatizzato, ha smarrito questa idea di comunità. ”A tutti i livelli e in ogni dimensione sociale il privato veniva portato nella strada, era condiviso, e questo dava grande forza alle solitudini. Oggi, invece, la solitudine regna sovrana e tutti – anche i bambini e i ragazzi - sono passivi, chiusi in piccole celle di quegli alveari che sono i computer, la televisione, internet. Nessuno più guarda nessuno. Attenzione: guardare significa assorbire. Invece ognuno sta nella sua ‘camera’, appartato. Anche quando è con gli altri è solo, al telefonino o con la cuffia. L’oggi è pieno di silenzio e io penso che il rumore è vita, che quando non c’è rumore non c’è la vita”. Ma è un paradosso: abbiamo più strumenti per comunicare e, invece, siamo più lontani gli uni dagli altri. ”Certamente è importante internet e avere possibilità di accesso alle informazioni, ma è sbagliato l’uso eccessivo che si fa di questi strumenti. Non siamo dotati del senso della misura e non riusciamo ad autolimitarci. A lungo andare lo stare a quella finestra virtuale, in modo passivo, non ci arricchisce, anzi fa male e rende ebeti. Quelle figure virtuali ci fanno perdere il senso della realtà e portano alla depressione”. E gli intellettuali? Dove sono, che dicono? “Come tutti hanno poco tempo, devono stare sotto la notizia, anche loro oggi girano col computer portatile, stanno in quella scatola, ma l’essere umano ha bisogno di aggregarsi, di stare insieme senza diaframmi. Nel ’68 abbiamo imparato a raccontare il nostro ‘dentro’ e la voglia di comunicare era così forte, è stata così allevata e frequentata, che chi viene da là è riconoscibile, ha facilità nei rapporti. Questo ha un grande valore e per questo, nonostate le tante cose successe e anche nonostante gli errori, abbiamo radici salde”. Quegli anni hanno cambiato l’Italia nel profondo. “Se oggi c’è questo bisogno di rivisitarlo, di conoscerlo, evidentemente il ’68 ha impresso suggestioni ed è stato positivo”.Quale può essere considerata l’eredità più significativa? “Credo che il contributo vero sia la memoria che ha lasciato e che, con gli errori e con le dimensioni estreme, è impossibile dimenticare. Oggi il ‘68 è una nostalgia non per noi che lo abbiamo vissuto, ma per i ragazzi che ne hanno sentito parlare”. Forse i giovani oggi non si percepiscono come dei protagonisti, invece voi vi sentivate tali in quegli anni. “Protagonisti lo si diventa anche frequentandosi, sentendosi, stando insieme... chi è isolato non si confronta, non ha stimoli”. Scusa, Piera, ma tv e giornali sono pieni di protagonisti, leader, personaggi e personalità. E’ una strana storia. “Oggi ci sono molti protagonisti, ma in una dimensione narcisistica ed elitaria. Non che allora non ci fossero individualità, ma tutto era giocato nella dimensione del ‘noi’. Oggi mancano i gruppi (di scrittori, musicisti o poeti) e tutto più isolato”. Anche le donne si sentono sole, oggi. Fanno pochi figli e faticano a conciliare lavoro e famiglia. Allora hanno avuto dalla loro la forza del gruppo. “Io sono stata molto aiutata dal femminismo, mi è molto caro. Ha cambiato il modo di stare insieme e di stare nella strada delle donne. Le donne si incontravano nelle case, parlavano, giocavano. La prima volta che ho visto Dacia Maraini suonava un tamburello”. Insieme, Dacia e Piera, hanno lavorato e scritto ‘Storia di Piera’, che Marco Ferreri ha fatto diventare anche un film. “Con Dacia è nata un’amicizia forte che dura ancora oggi, quegli incontri consentivano grandi sintonie. Poi dai gruppi partivano altri raggi e si formavano altri circoli. Quel vivere insieme, quel parlare portandosi dietro anche le figlie, ha cambiato la fisionomia borghese della società e le donne hanno rifiutato di essere delle bamboline consenzienti. Il femminismo è stato un movimento così forte che è entrato dappertutto, ha permeato tutto ed è assurdo dire che non esiste più”. Parola di una che in Via del Governo Vecchio ha scelto di abitare, proprio accanto a quel Palazzo Nardini occupato dal Movimento di Liberazione della Donna nel 1976, facendone l’epicentro del femminismo romano e nazionale. “Le donne e le ragazze che oggi scendono in piazza partono da lì, il bracciale ha fatto tutto il giro e oggi le donne continuano quel cammino, perché il femminismo può essere una grande forza di cambiamento”.





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Gli intellettuali e il mondo della cultura: che protagonismo ha avuto nel ‘68 e che ruolo ha oggi? I mezzi di informazione sparano notizie a tutte le ore e la comunicazione è pervasiva, ma incombe solitudine e analfabetismo di ritorno. Quali le ragioni ?

(Scrivi riflessioni e opinioni anche sul tuo’68 a: redazione@noidonne.org)





(22 aprile 2008)

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