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Il mio ‘68 di Dacia Maraini

Il mio ‘68 di Dacia Maraini

1968/2008 - "Il ‘68 ha prodotto nella società italiana un profondo ripensamento e un grande cambiamento soprattutto sul piano dei costumi."

Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2008

“Il ‘68 ha prodotto nella società italiana un profondo ripensamento e un grande cambiamento soprattutto sul piano dei costumi. L’Italia era arretrata rispetto agli altri paesi europei. La cosa che ha più colpito dal punto di vista delle donne è stata la diffusione dello stile associativo del ’68: non c’era città italiana, anche piccola, che non avesse i suoi gruppi di donne che facevano autocoscienza e che riflettevano sulla memoria femminile, storica e personale. Quei gruppi e quei modi hanno avuto una forza dirompente nella società di allora. Hanno distrutto un certo tipo di famiglia patriarcale, autoritaria e hanno introdotto dei principi di parità, di giustizia, di libertà personale che in Italia – soprattutto per via dell’influenza della Chiesa che è stata sempre così presente – erano sconosciuti. Anche nei partiti di sinistra c’erano arretratezze con cui ci si scontrava, basta pensare a figure come la Kuliscioff o la Mozzoni e alle fatiche affrontate per fare passare le battaglie per il suffragio universale. Anche i partiti di sinistra pensavano che il voto alle donne fosse sprecato. Certo, dopo la seconda guerra mondiale c’è stata un’evoluzione, però è stato il ‘68 a dare il via all’idea che i diritti dovessero essere uguali per uomini e donne, che la democrazia comprende sia il maschile che il femminile”. Il segno che ha distinto quegli anni è stata la discontinuità, i cambiamenti forti ed inequivocabili. “Parlare di una società in modo generico non aiuta a capire. Finché siamo sul piano dei ricordi e delle impressioni tutto è opinabile. Altro è portare come prova la creazione di leggi molto importanti che hanno cambiato la situazione e i costumi delle donne. Dal ’68 in poi sono state approvate norme che prima erano state sempre rimandate: Il diritto di famiglia, per esempio. Ricordiamoci che prima tutto era deciso dal capofamiglia e che la moglie doveva avere il permesso del marito per ogni decisione che la riguardasse o riguardasse i propri figli. Ricordiamoci che l’adulterio della donna era punito mentre quello dell’uomo era considerato con delle attenuanti, situazione superata solo con la legge che abrogava il delitto d’onore”. Molte posizioni critiche sul ’68 dicono che il terrorismo è stato figlio di quegli anni. “Le deviazioni o le degenerazioni appartengono a tutti i grandi movimenti rivoluzionari. Può succedere che degenerino in aberrazioni ed estremismi. E’ successo anche con la Rivoluzione francese. Mi sembra chiaro però che nell’insieme il ’68 ha prodotto grandissime innovazioni della società italiana”. Anche per le donne? “La condizione delle donne è migliorata, ci sono stati cambiamenti drastici sul piano del lavoro, degli studi, delle professioni. Nell’università, ad esempio, negli anni cinquanta c’erano pochissime donne, soprattutto in certi indirizzi di studio. Oggi quasi tutte le facoltà sono in maggioranza femminili, anche quelle scientifiche. Le donne sono brave ma poi il mondo del lavoro le penalizza. Inoltre sappiamo che non è facile cambiare nel profondo la psicologia di un paese. Ci sono questioni che sembrano risolte e che invece riemergono sotto forma di rigurgiti di violenza. L’aumento delle violenze contro le donne e i bambini è certamente un segno di non accettazione da parte di chi crede in una immobilità sociale”. In quegli anni c’era grande partecipazione, oggi c’è un individualismo che non facilita i rapporti e le conquiste. “Oggi come donne siamo tornate ad una situazione di debolezza e fragilità perché la situazione economica è brutta: la globalizzazione ha portato alla precarietà e a nuove gravi forme di povertà. In questo cambiamento le donne pagano di più perché non è stata risolta a monte la divisione dei compiti. Come tanti studi dimostrano, dopo la teorizzazione e le conquiste di parità, le donne continuano a fare i conti con il doppio degli oneri dentro e fuori casa, il lavoro di cura grava ancora sulle loro spalle”. Però dei nuovi movimenti femministi stanno rinascendo. “Al momento mi sembrano un po’ vaghi, mancano i punti di riferimento. Una volta c’erano dei gruppi precisi, identificabili anche con dei nomi. E’ bello lo spontaneismo e va bene che ci siano dei momenti in cui le donne, sentendo calpestati i propri diritti, si facciano sentire. Ma il fatto che le dimostrazioni si decidano lì per lì, secondo il grado di indignazione, che tante donne si radunino per strada e poi tutto scompaia nel silenzio è certo una debolezza”. In attesa che il movimento delle donne riemerga con forza, quali sono le emergenze? “La questione dei ruoli è stata messa in discussione e anche risolta teoricamente, ma nella pratica c’è ancora una forza molto evidente che spinge alla famiglia tradizionale. Se le donne che lavorano in Italia sono una percentuale inferiore nella media europea è perché la divisione dei compiti è rimasta quella vecchia e perché gli aiuti sociali sono minimi. La situazione è paradossale: le ragazze italiane escono dalle università con studi brillanti, potrebbero diventare bravissime scienziate o eccellenti professioniste e invece si trovano a scegliere se fare figli o impegnarsi ne lavoro fuori casa”. Il solito dilemma: fare la madre o la carriera ? ”La parola carriera è stata demonizzata, non usiamola per favore. Anzi aboliamola del tutto e parliamo di professione che presuppone amore, sacrificio, dedizione. La professione è qualcosa su cui la donna investe tempo, studio, energie, passioni ed è qualcosa a cui tiene. La carriera fa subito pensare ad un’arpia che cerca a gomitate di farsi strada e guadagnare più soldi. Perché non pensiamo che una donna che vuole fare la magistrata non sta inseguendo una carriera, ma l’amore per la professione scelta? Il termine carriera è usato contro le donne in modo terroristico, per far venir loro i sensi di colpa. Le parole attività, mestiere, talento, occupazione devono sostituire la parola carriera che è deformante. Penso che le donne abbiano il diritto di amare il mestiere che hanno deciso di intraprendere e non è giusto che siano costrette a scegliere se avere o no una famiglia. Ho visto che nel Parlamento dei paesi del Nord Europa, ma anche nelle aziende, ci sono asili e nidi. E sono gratuiti. Da noi sono le nonne o le zie a dovere provvedere ma quando non ci sono?”. Il mondo della cultura ieri e oggi. Ci sono differenze? “C’è più indipendenza e più varietà. Negli anni cinquanta le poche donne che scrivevano sui giornali si occupavano di moda o bambini. Ricordo che un direttore del Corriere della Sera asseriva di non volere in redazione ‘né donne né omosessuali’. Questo era il clima. Però osservo che anche se le giornaliste sono tantissime, ancora oggi le opinioniste sono poche: evidentemente le donne non hanno sufficiente autorevolezza. Sì, in Italia c’è ancora molta misoginia”.





Come eravamo”noidonne”



La donna italiana ha più autonomia rispetto al passato, si muove più liberamente nel mondo del lavoro e nella società. Ma questi cambiamenti corrispondono davvero ad una migliore qualità della vita delle donne? Quali sono i problemi ancora aperti che impediscono alle donne di vivere fino in fondo delle esistenze diverse da quelle delle loro madri e nonne? Quali sono le priorità che ‘un’agenda delle donne’ dovrebbe annotare?



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(14 maggio 2008)

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