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Il mio ‘68 di Chiara Valentini

Il mio ‘68 di Chiara Valentini

1968/2008 - "La caratteristica straordinaria del ‘68 italiano è che non ha coinvolto solo una minoranza, ma è diventato un fenomeno diffuso."...

Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2008

“Nel 1968 facevo già la giornalista ed ero a Milano. In precedenza mi ero laureata in legge con una tesi sul delitto d’onore e avevo partecipato alla prima occupazione dell’Università di Parma. Fummo denunciati e ci furono drammi familiari perché allora non eravamo abituati a sfidare la legge e io avevo persino tirato un sasso contro un vetro della Gazzetta di Parma. Poi il ‘68 vero l’ho fatto a Milano. Lavoravo a Panorama che, con la direzione di Lamberto Sechi, si stava rilanciando come giornale di rottura. Fui assunta da lui e c’era una redazione di giovani che poi hanno avuto carriere brillanti: Maria Luisa Agnese, Claudio Rinaldi, Giulio Anselmi, Carlo Rognoni …una gran covata ! In redazione le nostre erano state soprannominate ‘stanze rosse’: erano gli uffici in cui lavoravamo noi giornalisti attratti dal movimento. Eravamo cinque o sei e facevamo del tutto per scrivere sull’argomento. Il direttore, pur essendo piuttosto aperto, era preoccupato: c’era un mondo in movimento e non sempre e non tutti riuscivano a vederne le coordinate. L’editore temeva di perdere il controllo e spesso si aprivano conflitti interni. Ricordo, ad esempio, che cercarono di impedire la pubblicazione di copertine considerate troppo spinte. Poi la situazione si complicò con l’aggressività crescente dei fascisti e con la nascita della maggioranza silenziosa. Anche per merito nostro uscimmo con una copertina, ‘La minoranza sediziosa’, che ebbe un grande effetto politico” . Periodo denso il ’68 di Chiara Valentini, allora giovane giornalista animata dall’entusiasmo di vivere il suo tempo. “Era un ’68 vissuto un po’ dentro e un po’ fuori l’establishment. Fuori c’era il movimento studentesco di Capanna, i gruppi di Lotta Continua e di Avanguardia Operaia. Era tutto il ribollire di quegli anni. Una realtà molto interessante è stata la nascita dei movimenti delle varie professioni: giornalisti democratici, magistrati democratici. Impossibile non citare Camilla Cederna e le battaglie epocali che conduceva su L’Espresso, giornale concorrente e molto più politicizzato di noi”. A scendere nelle piazze fu prima di tutto il mondo universitario. “Gli studenti avevano capito come utilizzare al meglio la presenza alle manifestazioni di giornalisti, avvocati o magistrati: ci mettevano in testa ai cortei così le manganellate della polizia avrebbero fatto più scandalo. Ed era ciò che puntualmente accadeva. Inoltre questo ci coinvolgeva molto di più” . Il ’68 è stato seguito dal ‘69, e a Milano la situazione si complicò molto. “Piazza Fontana ha segnato una svolta. Lì si è radicalizzata la borghesia progressista che voleva un paese diverso, che era sensibile alla fortissima ventata di novità. Con Piazza Fontana i giornalisti, e non solo, capirono che il potere truccava le carte nella maniera più scandalosa. Ricordo l’incredulità di avvocati e magistrati nel constatare fatti gravissimi: documenti spariti, testimonianze false. In particolare ricordo Emilio Alessandrini, lo conoscevo bene e sapevo con quale rigore faceva il suo lavoro. Fu assassinato, non a caso. Erano magistrati di punta che cercavano di arrivare alla verità”. La domanda che spesso ci facciamo è se il ’68 è stato utile all’Italia. “E’ stato necessario. L’Italia sarebbe un paese inguardabile senza il ’68. E’ stata la modernizzazione che ci ha consentito di passare dalla condizione di paese ancora rurale e conservatore a quella di nazione europea, moderna. Il fascismo ci aveva impedito di conoscere e vivere tappe culturali fondamentali. Ci aveva tagliati fuori da quasi tutto, lasciandoci eredità molto pesanti, ritardi difficili da superare. Solo un esempio: ‘Il secondo sesso’, il libro di Simone de Beauvoir, in Italia è stato pubblicato quasi 15 anni dopo rispetto al resto d’Europa perché la Mondadori, che aveva le opzioni, lo teneva bloccato per il timore di dispiacere alla chiesa. Eravamo un paese in cui ancora negli anni ’50 gli stimoli fondamentali della cultura occidentale circolavano a fatica. E’ anche questa una delle ragioni per cui il nostro ‘68 è stato così lungo e caratterizzato da quell’intensità e anche dagli estremismi. Era un argine che si rompeva, da tutti i punti di vista”. E le donne? “Quello delle donne era un tema nel tema, che lavorava sott’acqua e che è venuto fuori in un secondo momento. Non credo che il femminismo avrebbe potuto avere la diffusione che ha avuto, e che ha tuttora, se non ci fosse stata prima anche la modernizzazione del ‘68, la rottura delle dighe e la conseguente apertura della società. Quelle ragazze - le attuali sessantenni - sono la generazione che ha segnato la svolta irrompendo sulla scena politica e avviando riflessioni nuove, costruendo un pensiero autonomo e rivendicando diritti di libertà. Molto è iniziato con il ’68. E’ stato allora che le donne hanno preso la parola” . Oggi, però, sembra che le donne abbiano smarrito la maggior parte di quelle lezioni. “Indubbiamente viviamo in un paese che sta arretrando in modo inquietante. Ma allo stesso tempo su certe cose non siamo tornati indietro, ad esempio sull’autonomia delle donne, che ci sono, lavorano, protestano, si oppongono. A modo loro, ma lo fanno. Non dimentichiamo che venivamo da un’Italia in cui le adultere andavano in galera e in cui il delitto d’onore è rimasto nell’ordinamento fino al 1981. Fu cancellato con una proposta di legge di Carla Ravaioli. La storia va avanti e ha i suoi alti e bassi, le sue giravolte. La caratteristica straordinaria del ‘68 italiano è che non ha coinvolto solo una minoranza, ma è diventato un fenomeno diffuso. Nel ‘69 sono arrivate le lotte degli operai, le cui condizioni erano le più svantaggiate d’Europa. Tutto questo ha creato una consapevolezza e infatti, nonostante tutto, il sindacato tiene ancora oggi. Altro risultato positivo, negli anni settanta, sono state le leggi a favore delle donne. Quelle stesse leggi che oggi il centrodestra cerca di smantellare. Ma anche se abbiamo una ministra delle pari opportunità che si chiama Mara Carfagna, circolano voci, idee, consapevolezze. Il pericolo di involuzione c’è sempre, ma ci sono anche nuovi movimenti che scendono in piazza”. Altro argomento che ricorre è la colpevolizzazione del ’68, additato quale causa di tanti mali odierni…”E’ la rivincita di questo fondo reazionario della società italiana che si è sedimentato sul fascismo ma anche sull’influenza fortissima della Chiesa, plasmando una società in cui il maschilismo, la volgarità, il buon senso becero sono sempre pronti a riaffiorare, a prendere voce. Cosa c’è di meglio in un paese che sembra aver perso le coordinate che cercar di distruggere l’eredità del ’68, accollandogli a torto le colpe del terrorismo? Che cosa c’è di meglio che ridicolizzare il femminismo, ridurre le femministe a macchiette, tentando di resuscitare un potere maschile in crisi?” . Cosa dovrebbero fare oggi le donne, che invece non fanno? “Le donne in sostanza sono tenute lontane dai luoghi in cui si esercita il vero potere, a cominciare dalla politica che nei suoi vertici è sempre più rigidamente maschile. Ultimamente le donne sono aumentate di numero in Parlamento, ma guarda caso quando il Parlamento conta sempre meno, quando deputati e senatori non sono più scelti dagli elettori ma designati dai capi partito, da strutture sempre più verticistiche. Questo impedisce una partecipazione democratica in particolare alle donne, le ultime arrivate…”. Un nuovo ’68 potrebbe ridare vita e speranza alla politica e alla cultura del nostro Paese, ma... “Sull’Italia più che pessimista sono desolata, era difficile immaginare che le cose sarebbero andate tanto male. Questo non significa però che si sia chiuso qualunque spazio. Oggi c’è un nuovo modo di comunicare, tutti lavoriamo e pensiamo su scenari più ampi e più interessanti, anche se più sfuggenti, che non ci costringono negli spazi chiusi di un solo paese, di una sola cultura. Non credo che in queste condizioni potrà verificarsi un nuovo ’68. Ma mi fa ben sperare il fatto che ci siano tante contaminazioni fra mondi e pensieri diversi, questo lo sento come un elemento di grande interesse e vitalità”.



(23 settembre 2008)

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