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Il mio '68 di Ivana Monti

Il mio '68 di Ivana Monti

1968/2008 - "Sentivo, sentivamo un senso di appartenenza totale. Eravamo giovani in movimento, andavamo verso qualcosa"

Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2008

“Ricordo Piazza Duomo a Milano strapiena di ragazzi seduti ad ascoltare Mario Capanna che parlava sul sagrato. Quell’immagine è per me un’emozione, un suono indimenticabile. Sentivo, sentivamo un senso di appartenenza totale. Eravamo giovani in movimento, andavamo verso qualcosa”. Ivana Monti è un’attrice a tutto tondo che, tra palcoscenici, TV e set cinematografici, ha percorso la sua vita artistica partendo da solide basi. “Nel ’68 ero all’Università, facevo Lettere con indirizzo storico e mi appassionavo alla Storia del Cristianesimo. Contemporaneamente frequentavo la scuola del Piccolo Teatro di Milano e la scuola di mimo con Marise Flach. Per avere indipendenza economica leggevo libri e giornali al Conte Ettore Conti di Verampio, senatore del Regno e ingegnere dell’installazione elettrica nel primissimo ‘900. Un uomo straordinario: a 98 anni recitava Dante e versi latini a memoria! Se torno al mio ’68 non posso non pensare a lui perché sulle pagine del Corriere della Sera gli ho letto tutto ‘l’autunno caldo’ del ‘69”. Ivana, come i suoi coetanei, aveva sogni e progetti e il fermento di quegli anni contribuiva ad alimentarli. “Ho continuato a studiare, ma c’erano non poche difficoltà. Negli anni successivi l’Università è diventata impraticabile e io non ho terminato il corso di laurea. In Accademia facevamo cose meravigliose: con l’allora allievo organizzatore Carlo Fontana portavamo nelle scuole di Milano la ‘Commedia dell’Arte’, educando i giovani ad apprezzare il Teatro. Poi sono cominciate le occupazioni e i miei compagni si rifiutarono di sostenere gli esami di diploma. Io non ero di questa idea: avevamo faticato per 3 anni, la lotta potevano continuarla quelli dopo di noi! Volevo finire l’Accademia e rendermi indipendente, quindi mi rifiutai di seguirli e mi diplomai nel 1970. Ricordo anche Paolo Grassi e Franco Branciaroli quando al Piccolo Teatro giunsero quelli di Capanna per occuparlo....e Grassi disse loro che ‘i ricchi’ non erano lì, ma alla Scala..... Poi le cose sono drammaticamente cambiate!” Di nuovo il fantasma del terrorismo che inquinò i sogni di una generazione e di un Paese. Quale Paese era l’Italia prima del 1968? “La società italiana era bacchettona. In quegli anni, durante l’estate studiavo in Francia e quando tornavo mi sentivo male. Il ‘68 è stata una cosa frastornante, liberatoria. Ricordo il girotondo dei ragazzi NUDI al Parco Lambro e la copertina dell’Espresso che li immortalò. Si diffondeva una sensazione di liberazione. Il ’68 è stata una rottura, non so la cifra che ci univa non so se c’era una cifra unica. Io ormai lavoravo e il teatro non ti consente distrazioni. I nuovi impegni e lo studio che richiedevano non mi permettevano di seguire il movimento. Sono stata da subito una LAVORATTRICE, come mi autodefinisco da tempo”. Allora, Ivana, perché oggi si disconosce il valore del movimento del ’68, perché a quegli anni sono attribuiti tutti i mali della odierna società italiana? “Lorenzo Vitalone, mio caro compagno di Accademia, diceva:‘Non vogliamo subire esami!’. E’ tutto lì, credo, magnificamente espresso da Pier Paolo Pasolini. ne “La POESIA DELLA TRADIZIONE”. Dice: ‘Oh, GENERAZIONE SFORTUNATA,...i libri, i vecchi libri passarono sotto i tuoi occhi come oggetti di un vecchio nemico....non vi si riempirono gli occhi di lacrime

( intellettuali, dovute alla pura ragione) per un’ottava del cinquecento....mentre questo era il vostro dovere, se eravate intellettuali...’. Insomma, il sapere è RESPONSABILITA’ e DEMOCRAZIA e tutti devono sapere. Il 6 politico ha rovinato tutto. Quella è la nostra colpa”. In che senso ‘una colpa’? “Sembrava una liberazione, in realtà era una rinuncia alla responsabilità. Anche Settembrini nel 1848 metteva sull’avviso i suoi studenti: ‘un popolo ignorante è sempre schiavo o di uno, o di pochi o di molti’.

E Ivana Monti ha sempre continuato a studiare. Come quando nel 2006 i suoi studi hanno consentito a molti di conoscere - ad altri di conoscere meglio - una donna molto particolare, antesignana delle lotte delle donne italiane, grazie allo spettacolo su Maria Goia (Cervia 1878-1924), dal lei stessa scritto e accompagnato dalle voci del Gruppo Padano di Piadena e del Coro delle Mondine di Novi (vedi anche su www.noidonne.org). Oggi gli studenti sono tornati in piazza, sembra che un certo movimento di giovani tenti di conquistare il proprio futuro. Che dice al proposito Ivana Monti? “Meno male. La società, la pubblicità, oggi trattano bambini e giovani come principi regali ed è millantato credito. Facciamo credere loro ciò che non è. Ma loro si rendono conto che uscendo dall’università non troveranno nessun futuro preparato dai Padri (del ‘68 e ante ’68) E’ un bene che questi giovani si riprendano la loro vita, il loro protagonismo. Devono essere tenaci per non stare sotto al tallone di questi vecchi che vogliono tutto per sé e si credono eterni. In ‘Re Lear’ (che ho fatto con Strehler nel 1972 ) Shakespeare fa dire a Edgard, ormai erede del regno: ‘E NOI NON così a lungo vivremo’. Non l’avevo capita questa battuta, ma ora sì. I cambi generazionali ci vogliono. E forse c’è bisogno di una legge che imponga il ricambio”.





(13 dicembre 2008)

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