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Il mio '68 di Grazia Scuccimarra

Il mio '68 di Grazia Scuccimarra

1968/2008 - "A parte che criticare tutto intero il '68 a quarant'anni di distanza mi sembra una bella vigliaccata, il fatto é che non é vero che il ‘68 sia tutto da buttare. Anzi, ci sarebbe molto da recuperare se solo si ragionasse con un pizzico

Grazia Scuccimarra Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2008

Che meschino l'essere umano, se non riesce a far funzionare qualcosa, dice che la cosa é rotta e che quindi, se non funziona, la colpa é della cosa. Mai che l'essere umano sia disponibile ad ammettere qualche responsabilità. E' quello che sta accadendo, oggi, a carico del '68, che tanti (troppi) vorrebbero ormai buttare via senza più volerne nemmeno parlare. A parte che criticare tutto intero il '68 a quarant'anni di distanza mi sembra una bella vigliaccata, il fatto é che non é vero che il ‘68 sia tutto da buttare.



Anzi, ci sarebbe molto da recuperare se solo si ragionasse con un pizzico di onestà intellettuale. Ma l'onestà della mente non é merce facilmente reperibile, oggi. Le prime a dover far sentire strepiti di protesta dovrebbero essere le donne che proprio al '68 devono tutto quello che oggi hanno. Ma non li sento gli strepiti. Mi impressiona questo silenzio assordante. Mi allarma questo ripiegamento della donna in un'area essenzialmente privata. Fatto sta che nessuno, né uomo né donna, salva il '68. Quello che più mi offende é la strumentale confusione che ad arte si crea a danno dei fenomeni più rilevanti di quel decennio. Prendiamo la scuola. All'epoca sognavamo una scuola veramente diversa, un diritto alla cultura veramente allargato a tutti, un'uguaglianza di partenza che fosse veramente comune a tutti. E ai sogni si cercò di dare contenuto concreto.



Ma un pò di gente pensò bene di approfittare della situazione, e così tanti furono gli insegnanti disonesti che non insegnarono e tanti gli alunni fannulloni che non impararono, traendo comunque squallidi vantaggi dal loro fare niente: stipendi bassi e immeritati, promozioni facili e deleterie. E oggi come ieri, un po’ di gente é là che approfitta dei disastri provocati da chi con disonestà fece polpette della voglia di rinnovamento.



Ed eccoli tutti a dire "vedete che disastro ha provocato la rivoluzione sessantottina nella scuola? é tutta colpa del '68 se la scuola é ridotta così". E invece il progetto originario di una scuola nuova, laddove é stato possibile portarlo avanti, ha dato straordinari successi di cui tanti e tanti studenti di allora hanno mantenuto viva la memoria e struggente nostalgia. La scuola di allora fu una vera palestra di democrazia. Fa male al cuore vedere cosa ne é stato, quarant'anni dopo. Fa male al mio cuore, soprattutto, visto che io, il sessantotto, me lo inventai nel '61. I moti studenteschi li inaugurai nelle mia città di origine, Teramo, in Abruzzo, durante i tre anni di liceo classico. Ovviamente avevo tutto il corpo insegnante contro, il Provveditorato mi considerava una nemica, i presidi una nevrotica, i compagni di scuola una coraggiosa da tenere coraggiosamente a distanza. E io da sola battagliavo contro tutti. Ma c'era qualcosa che non andava. Avevo un gran disagio dentro. Sentivo che era giusto sì contestare, protestare, dissacrare. Sapevo di avere ragione, ma non sapevo chiaramente perché. Ecco, mancava la consapevolezza, quella che si sarebbe formata col '68. Ovviamente pagai tutta la mia ribellione: venni bocciata all'esame di maturità per ragioni disciplinari. Successe il finimondo in città, finii sui giornali, arrivò un ispettore da Roma.



Ma io l'anno lo persi comunque e il fatto mi segnò irrevocabilmente la vita. Tanto che poi, quando diventai insegnante, non riuscii mai a passare dall'altra parte della cattedra e anche fisicamente ero sempre tra i banchi, in mezzo ai miei ragazzi, a parlare della sacralità delle idee, dei principi. Oggi sembra che i giovani chiedano ipocrisia e finzione, forse perché la realtà é troppo brutta da accettare. In fondo, noi del '63 e del '68 siamo stati dei privilegiati: abbiamo potuto combattere per le idee ed i principi. Oggi fare una cosa simile é considerato un lusso, quando non é bocciato come una stupida idea romantica. Peccato. Se in questo paese non ci fosse la furia autodistruttiva che da sempre lo caratterizza, ci sarebbe stato il tempo di capire quale grande opportunità di crescita sociale e culturale avrebbe potuto essere il fenomeno del '68. Peccato sia andata a finire com'é finita.











Come eravamo”noidonne”







La scuola prima del 1968 era un luogo deputato alla trasmissione della cultura. Ma era un luogo chiuso alle novità. Dopo il 1968 il castello è demolito e c’è l’assalto al ‘cuore’ del ‘tempio della cultura’. Le gerarchie furono polverizzate, ma andò in pezzi anche altro? Dopo quaranta anni è tempo di bilanci. Era migliore la scuola prima del ’68 oppure era migliore solo per pochi ? Quanto abbiamo perso e quanto abbiamo guadagnato? Cosa bisognerebbe recuperare del messaggio che le proteste studentesche portarono nella scuola e che è stato deformato?



(Scrivi riflessioni e opinioni anche sul tuo’68 a: redazione@noidonne.org)











(25 agosto 2008)

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