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Il male di vivere di Maria Rosa Catalano in Al ritmo lento del respiro

Il male di vivere di Maria Rosa Catalano in Al ritmo lento del respiro

E’ all’ insegna del male di vivere che si apre la splendida raccolta di poesie di Maria Rosa Catalano, edita da Pagine, 2014.

Sabato, 19/03/2016 - Il male di vivere di Maria Rosa Catalano in Al ritmo lento del respiro



E’ all’insegna del male di vivere che si apre la splendida raccolta di poesie di Maria Rosa Catalano, edita da Pagine, 2014. La lirica che s’intitola Il tempo m’affatica trasmette quasi un sen-so di soffocamento dovuto al tema della lentezza che un po’ la domina: rivedere la vita alla movio-la; il tempo che affatica; una spirale; una strada in discesa; un campo seminato male; sentimento di naufragio. Il male di vivere è lo spleen baudelairiano che pietrifica rendendo la vita impossibile. Il grande poeta francese così scriveva: Quando il ciel, basso e greve, pesa come un coperchio / Sull’anima che geme in preda ai lunghi tedi, / Quando dell’orizzonte occupa tutto il cerchio, / Ver-sando nera luce più triste della notte (…) (Spleen, LXXXI in Charles Baudelaire, Les Fleurs du mal, Mursia,, 1974, p. 179).

E continua la visione filosofica pessimistica della vita e del tempo. Novella Sisifo, la Catala-no usa un lessico vario per esprimere la pena del vivere quotidiano: Sull’irto monte / solo rami nudi / arranchi tra scheletri di ricordi / fiori di rabbia / ancora tanta voglia / di correre in salita. / Cosa troverai lassù sul monte / dopo aver corso fiumi / d’incandescente lava / la sosta non traduce / il sospiro dell’ignoto / cosa avverrà / quando avrai pianto / l’ultima goccia salsa / di questo tem-po / dalla luce fioca. (L’ultima goccia salsa, p. 6). E’ chiara la metafora: la vita è un monte in salita - una salita, altrove -, faticoso da scalare (attenzione: arrancare, dice la poetessa, che implica appunto il senso di affaticamento). Il percorso è fatto di dolore che attanaglia le viscere da dentro e di sofferenza. La vita non ha senso, l’uomo vive avvezzo al duro lavoro (Rimarrà l’eco, p. 9), umilmente e stanco, tuttavia non s’arrende. Benché la poetessa si senta offuscata, bisogna immaginare Sisifo felice, diceva Albert Camus: l’anima non muore. Tanti i termini usati, oltre alla parola monte: china, sentiero, percorso e vuoto, freddo, gelo. Altrove il male di vivere si tinge di malinconia che s’alimenta di gelo: L’atomo della fede si disperde / brucia il gelo / nel gelo prende forma malinconia…(Elemosina di vita, p. 16). E se non è Sisifo, Maria Rosa è Atlante che porta il peso della vita sulle spalle: Come Atlante / ti ho portato sulle spalle / pensiero. (Lì dove togli la corazza, p. 17). Infine, un’altra immagine di sforzo: mi vestirò di grigio / nella sacca sulle spalle / il peso dell’inverno (Il peso dell’inverno, p. 23). La natura soffre con la Poetessa, partecipa con lei, è il riflesso del suo male di vivere: E’ vestito da vedovo / il cielo / il mare / ribolle / in cupo suono / di campane a martello / nel suo eterno via vai / s’infrange l’onda / sulla riva bianca …(Volano i cormorani, p. 26). La Poetessa – anche Persefone rapita - vive la sua condizione - ritenuta infernale o altrove un campo di ortiche - fatta di fuoco e delirio, suo pane quotidiano; si sente sepolta viva (altra immagine che richiama l’idea di soffocamento), non ha la forza di lottare, sente un tale peso addosso che le sembra di portare pietre. Il dolore – l’indicibile - è talvolta così forte che le sua braccia stringono il collo in una morsa lasciando segni come di vampiro: bellissima immagine!

Maria Rosa non è ripiegata su se stessa, è aperta e sensibile al dolore dell’umanità (Storie, p. 67) e vede il degrado intorno a sé, il falso progresso, ne denuncia la corruzione (Dollari e cemento, p. 68) ma l’uomo non si rialza mai da solo.

Il tempo – la ruggine del tempo - vola in fretta ed è testimone dell’affanno dell’uomo (Il tempo non dimentica l’affanno, p. 28), ne è il quotidiano compagno: Tra incuria / e redenzione / il tempo scorre / rapido ed inerte (Nel segno d’un sorriso, p. 62). Scorre indifferente alla solitudine umana.

Vorrei sottolineare il ruolo che la poesia ha per la Poetessa, il senso delle parole che hanno il compito di squarciare il silenzio e le tenebre, di esprimerli, per arrivare alle stelle e oltre. Grazie alla poesia si raggiunge il cielo, si desidera fortemente la rinascita ad una nuova vita. Maria Rosa sa che elevare l’anima al sublime, la continua ricerca di sé e dell’armonia costano fatica, esigono cura profonda e richiedono il silenzio. La poesia non è fatta di grammatica, di ortografia: Virgole punti / certe sospensioni / aggiungere poi l’esclamazione / per rendere più amena la poesia (Come la tua donna, p. 42). La poesia è pura essenza, si ama NUDA, completamente nuda. Senza fronzoli.

Anche se talvolta in questa condizione umana - lacrime e sudore - così cruda non si riesce sempre ad innalzarsi, la fantasia si spinge lontano (sognerò rami di corallo rosso, Sognerò rami di corallo rosso, p. 11). L’ importante è fidarsi della vita, sperare, VOLARE, sognare – sognare il volo alto d’un gabbiano; intreccerò un’estate immaginaria; ho ancora motivi per cantare il giorno –, SOGNARE DI SOGNARE. Il sogno può tutto, riscatta una vita - tutto quel fragore -, in sogno ogni co-sa è lecita, ridere, ballare. La vita è bellezza, pulsa ed è primavera.

Infine, vorrei sottolineare la ripetizione di due metafore, quella del naufragio e quella del deserto che possono avere anche connotazioni positive: la parola naufragio può intendere l’idea d’abbandono e il deserto quella di mistero, dove pullulano la natura, la notte, le stelle. Deserto luogo d’abbaglio d’assoluto.



Fausta Genziana Le Piane

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