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 Il Maghreb: tra laicismo e tradizione

Il Maghreb: tra laicismo e tradizione

IL MIO, IL NOSTRO, IL LORO 8 MARZO - Nei paesi arabi della sponda sud del Mediterraneo l’8 marzo rappresenta un tratto comune. Che avvicina la spinta laica dell’Occidente alla tradizione religiosa dell’Oriente Musulmano. Un’analisi femminista del

Emanuela Irace Venerdi, 28/02/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2014

Gran parte delle Rivoluzioni che hanno scosso Africa del Nord e Medio Oriente hanno avuto per protagoniste le donne. Utilizzate dalla politica e uniformate dalla religione sono state le “politiche di genere” a entrare prepotentemente sulla scena pubblica - dal principio di rappresentanza alla richiesta di riconoscimento di diritti e libertà. Complessivamente, nei paesi dell’area, è emersa con chiarezza l’idea di un “femminile mediterraneo”. Tratto comune dell’identità di genere che caratterizza le varie tessere che connotano il mosaico culturale di Maghreb e Mashreq. Se in Tunisia la nuova costituzione stabilisce con l’articolo 46 l’attuazione della parità nelle assemblee elettive, in Arabia Saudita le richieste di libertà ed emancipazione sono passate attraverso atti di disobbedienza condivisi. Tra i più visibili la resistenza delle donne di Ryad contro divieti elementari come quello di guidare. In questo contesto di partecipazione, soprattutto da parte delle élites, l’8 marzo continua ad essere una data significativa. Festeggiata più come giornata internazionale, che come festa della donna. “In Tunisia la giornata della donna si festeggia il 13 agosto - spiega Ilaria Guidantoni, orientalista, scrittrice e tunisina d’adozione -. Il 13 agosto del 1956 è stato promulgato lo Statuto personale della donna (codificazione di norme e regole che disciplinano la condizione femminile, ndr) che ha cambiato radicalmente la condizione delle tunisine, sia da un punto di vista di diritto pubblico che privato. Ed è in questa data che si festeggia. Naturalmente l’8 marzo ci sono convegni e iniziative pubbliche in tutti i paesi del Maghreb. La Tunisia ha sempre rappresentato uno specifico di libertà e si è sempre posta come paese laboratorio. Il diritto all’aborto è stato conquistato prima che in Francia. Oggi, con la transizione democratica stiamo vivendo un femminismo più maturo. Meno centrato sulle rivendicazioni sessiste e più sul diritto delle donne al lavoro e alla rappresentanza politica. Non c’è lotta separativa con i maschi ma unione per ottenere la messa in pratica dei diritti di cittadinanza. Credo che tutto ciò dipenda, oltre che dalla spinta rivoluzionaria, anche dal tessuto sociale che rende la Tunisia un paese ricco culturalmente per la copresenza di mondo cristiano, ebraico, musulmano e laico”. Se in Tunisia l’Islam è religione di Stato, in altri paesi europei essere musulmano rappresenta una scelta di vita oltre che una codificazione di regole necessaria alla politica. È il caso di Silvia Layla Olivetti, italiana, scrittrice, da dieci anni convertita all’Islam che sull’8 marzo ha un’opinione profondamente critica. In linea con la tradizione basata sui fondamenti della religione di Maometto e con l’interpretazione “femminista” propria di una lettura approfondita del Corano: “Da 1435 anni l’Islam riconosce alle donne diritti che nessuna altra legge occidentale moderna e democratica ci ha mai accordato, se non di recente. Alludo al diritto di divorziare, di abortire, di lavorare e di tenere per sé il frutto del proprio lavoro. Di disporre in completa autonomia dei propri beni, di votare, di essere adeguatamente istruite, di scegliere il proprio sposo e di poter mantenere il proprio cognome anche dopo il matrimonio. Purtroppo molti musulmani rinnegano a torto tali diritti, così come l’Islam politico al Governo in un buon numero di nazioni non li riconosce, il Corano però ce li assegna. Mi domando quindi che bisogno abbiamo di questa falsa festa commerciale. Dobbiamo pretendere rispetto e attenzione ogni giorno dell’anno. Nessun grande uomo avrebbe mai potuto scrivere una sola riga senza il contributo delle donne, delle madri, delle sorelle, delle mogli e delle figlie. Se l’uomo è da sempre la carrozzeria ben visibile della Storia, la donna ne costituisce il motore profondo. Ed è per questo che la Storia e l’uomo hanno un enorme debito nei confronti della donna, debito che due fiori di mimosa e un fiocchetto giallo un solo giorno l’anno non bastano a saldare”.



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