Intervista a Margherita Maculan Carretta - "L’impresa è neutra ma la conduzione dell’impresa è differente tra uomo e donna"
Donatella Orioli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2007
Margherita Maculan Carretta è titolare di un’impresa che produce serramenti in legno a Vicenza. Non è nata imprenditrice ma sono state le tristi vicende familiari che l’hanno portata ad un bivio: proseguire l’attività del marito oppure continuare a fare l’insegnante. Con grinta e determinazione si è messa alla prova ottenendo ottimi risultati, non solo dal punto di vista imprenditoriale. Con il passare del tempo la sua affermazione, riconosciuta e apprezzata da tutti, la porta a ricoprire importanti incarichi istituzionali, tra cui dal '98 la presidenza del Comitato Imprenditoria femminile della CCIAA di Vicenza.
Quando conobbi Margherita la prima sensazione fu di soggezione, ma poi fui affascinata dall’assenza di frenesia, tipica invece di chi ha molti impegni come lei, e dalla sicurezza che trasmette.
Frequentandola, ci si accorge subito che bisogna essere essenziali e andare al nocciolo della discussione senza disperdersi perché, anche per Margherita, il tempo è preziosissimo, ma alla fine ricevi sempre un importante contributo.
Si può parlare di impresa al femminile o secondo lei l’impresa è asessuata?
L’impresa è neutra ma la conduzione dell’impresa è differente tra uomo e donna. Innanzitutto la donna imprenditrice è molto più attenta ai lati psicologici nel rapporto con i collaboratori, soprattutto nelle piccole imprese dove c’è un rapporto diretto. Inoltre le donne in generale, e nello specifico noi che facciamo impresa, hanno una sensibilità crescente nei confronti delle tematiche ambientali e dello stato sociale, in particolare della realtà in cui vivono. Siamo un tassello della nostra società e non ci dobbiamo dimenticare del contesto che ci sta intorno anche come cittadini.
E’ ipotizzabile che l’imprenditrice attribuisca maggiore importanza alla sinergia tra la propria mission aziendale e le esigenze delle risorse umane, con particolare riferimento al genere femminile?
Si è possibile, ma l’attenzione al problema sociale non è della donna o dell’impresa: prima di tutto è politico. Un contratto che trasferisca al datore di lavoro delle condizioni di favore per le donne in maternità non fa gli interessi né dell’impresa, né della lavoratrice ma rispetta la nostra società. A mio avviso comunque bisogna incidere sulla fiscalità nel rispetto delle regole di mercato. L’imprenditrice è sicuramente attenta ai problemi della conciliazione che ci consentono di migliorare il benessere delle persone e dell’impresa, ma non si può dimenticare che anche l’imprenditrice è una donna che lavora e quindi ha necessità di usufruire di strumenti flessibili-reversibili che non sono solo sinonimo di precarietà.
Quali sono le buone pratiche che lei ha adottato all’interno della sua impresa e quali benefici ha riscontrato?
La nostra è una azienda media dove le donne che vi lavorano sono poche e quelle che sono uscite le rimpiangiamo ancora. Il nostro è un lavoro pesante, tipicamente maschile e quindi non è facile trovare manodopera femminile. E’ frequentemente usato il part-time, la flessibilità degli orari in entrata o in uscita, la possibilità di concordare orari per esigenze particolari. Tutto ciò garantisce a tutti maggior serenità e efficienza.
Nell’ambito dei suoi incarichi ha spesso l’occasione di confrontarsi con realtà imprenditoriali e istituzionali europee. Facendo una comparazione quali sono le criticità e le positività del modello italiano?
La realtà imprenditoriale in Europa è legata al numero dei dipendenti e alla diversa organizzazione del lavoro. All’estero è più facile sostituire tre donne in maternità in un’impresa di soli cinque dipendenti che una in una micro impresa italiana. All’estero i servizi per la famiglia sono centrali e adeguati, contrariamente all’Italia che, fatta eccezione per qualche realtà, non mi sembra che ci sia ancora una vera strategia pianificata a lungo termine. Da noi c’è troppa lentezza e ci si dedica quasi esclusivamente ad alcuni temi specifici come le pensioni o l’articolo 18: ma tutto il resto? Maternità, disabilità, anziani, famiglia ecc…?
Ex insegnante, oggi imprenditrice, due mondi ancora molto lontani. Cosa si potrebbe fare concretamente, tenendo conto delle ristrettezze economiche del nostro Paese, per migliorare questa integrazione?
Da un lato sarebbe necessario semplificare le regole introducendo maggior elasticità, accompagnata da servizi diversificati e innovativi che rispondano ai bisogni delle persone, in particolare delle mamme che lavorano. Dall’altra parte bisogna integrare sempre di più il rapporto scuola-lavoro per evitare disorientamenti improduttivi nel momento in cui ci si immette nel mercato del lavoro. In conclusione non dimentichiamoci che la donna resta lavoratrice se è supportata laddove è necessario. Il lavoro sia autonomo che dipendente è un valore e da questa società ci aspettiamo dei segnali forti per costruire un futuro solido, stimolante, competitivo che valorizzi ciò che abbiamo costruito e che non disperda le intelligenze del nostro Paese.
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