Pittura/ Mostri in mostra - Un’ampia iconografia zoomorfa che parla di incroci fra realtà umana e animale è in mostra a Rovereto
Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2005
Il Bello e la Bestia. Metamorfosi, artifici e ibridi, dal mito all’immaginario scientifico. Nel titolo e nella lunga scia che lo accompagna è la sintesi dell’universo fantastico dispiegato nell’esposizione che alla MART di Rovereto si addentra nell’universo oscuro dei mostri che hanno infestato la fantasia degli uomini di ogni tempo e di ogni cultura. Quasi centottanta opere prestate dai più importanti musei internazionali - dipinti, fotografie, grafica e sculture dell’arte occidentale espressa in diverse epoche storiche fino ai giorni nostri - spalancano nel bianco abbagliante delle sale di uno dei più bei musei d’Europa una vertiginosa visione iconografica, popolata di esseri raccapriccianti al confine fra umano e animale: arpie, fauni e centauri, meduse e sirene, una folla di leggendarie creature scaturite dalla mitologia, dalle leggende popolari, dalla letteratura, che appollaiate nei sogni e negli incubi abitano l’inconscio degli esseri umani
L’ampia vetrina di iconografia zoomorfa che parla di incrocio fra realtà umana e animale, spirito e carne, istinto e razionalità, sgorga dall’antichità mitologica e arriva a sfiorare la contemporaneità scientifica fino alle sue discusse implicazioni genetiche. Spaziando dalla seconda metà dell’Ottocento alle ricerche più recenti mette a confronto epoche, stili e linguaggi senza trascurare un’indagine anche nei recinti della letteratura, del cinema, della scienza. L’andamento non è cronologico, ma si snoda secondo i temi rappresentati e sviluppati, senza aderire all’idea platonica e astratta di una bellezza ideale, ma delineando un concetto di bellezza inedita che orbita intorno al suo contrario e creando angolazioni e spunti di riflessione nuovi, sollecitando domande e ipotesi formulabili sia dai più provveduti sia dai meno esperti.
Come ha detto Lea Vergine, curatrice con Giorgio Verzotti di questa panoramica dell’arte fantastica, si è voluto «far battere il cuore almeno due volte» di piacere, divertimento e curiosità. E questo accade infatti su tutto il percorso che richiamando deformazioni, mutazioni, ibridi, mostri si inoltra nelle profondità dell’inconscio con visioni dense e pesanti o evocazioni sottili e irreali fino a scorgere un apologo morale e una critica sociale. La penetrazione avviene attraverso due indirizzi: L’alterità, dove l’uomo-animale è figura a sé stante, e la prossimità che implica con un viaggio interiore metamorfosi e identificazioni. I soprassalti e le meraviglie si susseguono, come quando da fondi oscuro e magmatici si vedono staccarsi i contorni indefiniti del Serpente nero di Arnulf Rainer o intrecciarsi le mirabolanti lotte dei centauri di Böcklin (1837) e quelle dei fauni Franz von Stuck (1894). Con un brivido si osserva il volto peloso di Antonietta Gonzales di Lavinia Fontana (1594) e davanti al Bacio della Sirena di Max Klinger (1895) si è sfiorati dall’inquietudine emanata dall’agitarsi dei flutti nel mare aperto più che dal sinuoso corpo della creatura mostruosa. E a proposito di questi ibridi marini che hanno ammaliato generazioni di artisti, ammalia la sirena fosforescente sotto la luna di Delvaux (1940), sconcerta la Sirena-gnomo, una statuina di Jeff Koons che sghignazza con grottesca malignità.
Si passa dalla sensualità straripante dei Minotauri di Picasso, all’ironia spettrale delle figure con teste di pennuti di Alberto Savinio, dalla sposa chagalliana cinta dall’abbraccio di un tenero mostro alla maligna medusa di Lucio Fontana. Fra i nomi degli artisti più famosi, spiccano anche l’Arcimboldo, Rodin, Magritte, Picabia, Francis Bacon, con i suoi disfacimenti terrificanti dove l’affinità o il connubio tra uomo e animale assumono i connotati di un dolore incontenibile. Fra i simbolisti che in quest’ambito hanno attinto dense suggestioni, spicca Gustave Moreau con le sue sfingi affondate nel sogno. Fra i protagonisti dell’avanguardia, Jean Fabre, Cindy Sherman, l’impudente Carol Rama, Maurizio Cattelan con il suicidio atroce di uno scoiattolo umanizzato. Senso di inquietudine o angoscia suscitano le artiste che hanno fatto del corpo materia viva di espressione: La donna coperta di piume della cubana Ana Mendieto, la Morte controllata di Gina Pane, sdraiata al sole ricoperta di vermi e Teste di drago di Marina Abramovic lasciano un segno.
Lo scenario si sdrammatizza al finale della mostra con figurazioni che come il Napoleoncentaurontano di Luigi Ontani sconfinano nella fiaba, nel carnevale, nel grottesco.
Bellissimo il catalogo: in mancanza del contatto diretto con le opere, illustra alla perfezione il legame sotterraneo che complice un pizzico di follia unisce l’uomo alla bestia.
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