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Il graffio della parola

Il graffio della parola

Maria Grazia Insinga - Una eco di parole, di mormorii antichi, inquieti, a tratti rabbiosi

Benassi Luca Giovedi, 02/04/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2015

L’esergo in inglese di Amelia Rosselli che apre la raccolta d’esordio di Maria Grazia Insinga, “Persica” (Poesia 2.0, 2015), introduce a una scrittura dove il tratto sperimentaleè fra le caratteristiche più evidenti. La verità è che Insinga è musicista oltre che poeta, e la sua ricerca di scrittura, intersecata con quella musicale, mira a condurre chi legge a quel luogo dove suono e parola sono una cosa sola, mettendo in trazione, fino a sentirne scricchiolare le giunture, i nessi sintattici e le strutture del significato, senza mai però scendere nel gioco fine a se stesso, nell’ecolalia fonetica delle così dette neoavanguardie. Vi è, in questi versi, una tensione all’origine della parola, che si vena di atmosfere mediterranee, solari ma aride, a tratti feroci, azzurre, liquide, con chiari riferimenti alla Sicilia, isola natia di Insinga. Gli elementi primi, la pietra e il mare sui quali si fondano la Storia, il fuoco e il cielo che si fanno corpo primordiale che si apre alla vita, in cerca di una dimensione compiutamente umana e contemporanea, sono i codici di questa poesia. Rabbia, acqua, spaccatura sono i termini che più ricorrono in questi versi, in modo tanto evidente da parere ossessivo: è la spaccatura della pietra, l’apertura dell’antro della terra che si percepisce madre primordiale e matrigna della Storia. Da questa frattura, da questa fessura che ci apre a un mondo ctonio e che ricorda le Latomie di Siracusa, lussureggianti di verde e di mistero, esce l’acqua di vena, sibila il suono della poesia, la fisicità della lingua. È una eco di parole, di mormorii antichi, inquieti, a tratti rabbiosi; compare un corpo nudo, escoriato, fratturato, nel quale si apposta un’umanità ferina, che sfida il fato e il divino. La poesia diventa allora graffio, strappo, urlo in grado di distogliere dalla narcosi della banalità del quotidiano. Scrivere, sembra dire Insinga, è prima di tutto gesto di incandescente umanità.

Maria Grazia Insinga nasce in Sicilia nel 1970. Dopo la laurea in Lettere moderne con lode, gli studi in Conservatorio e in Accademia, l’attività concertistica e di perfezionamento e l’insegnamento nelle scuole secondarie, si trasferisce nel 2009 in Inghilterra per poi tornare in Sicilia nel 2013. Si occupa di ricerca musicologica - ha censito, trascritto e analizzato i manoscritti musicali inediti del poeta Lucio Piccolo - suona in un duo pianistico ed è docente di Pianoforte presso l’Istituto “Vittoria Colonna” a Vittoria (Rg). Nel 2015 con la silloge “Persica” vince “Opera prima” iniziativa editoriale a cura del sito letterario Poesia 2.0.





Partenogenesi



La tigre voleva solo nicchiarsi nella mano

credo fosse gravida e non esisteva per questo

alcuna spiegazione. Capire da che parte

fosse entrata era impossibile e all’ora delle doglie

senza alcun mondo - se non un delta tra le schiuse –

spaccavo, leggevo a caso le fratture a strisce

il pellegrinaggio, la purezza fulva a me predestinata.








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