Il gesto come dono. La riflessione di Loretta Pistilli
Il femminicidio di Clara Ceccarelli (20 febbraio 2021 a Genova), che ha pagato in anticipo il proprio funerale nella certezza che il suo ex compagno l'avrebbe uccisa
Martedi, 11/05/2021 - È noto che in Italia, in media ogni due giorni, una donna venga uccisa da un uomo, nella maggior parte dei casi dal proprio partner. Clara Ceccarelli, assassinata il 20 Febbraio 2021 a Genova dal suo ex compagno, è una delle tante, troppe donne che rientra in questa macabra statistica. Nonostante gli aspetti comuni riscontrabili in queste storie, ognuna di esse è a suo modo unica, perché uniche sono le donne la cui femminilità è stata calpestata e il cui desiderio d'amore distorto in smania di possesso.
Nel caso di Clara Ceccarelli, la cronaca, per sua natura sommaria, ci ha restituito l'unicità di un gesto che si lascia esprimere nei termini di un dono.
Mi riferisco al fatto, testimoniato da chi la conosceva bene, che Clara abbia pagato il proprio funerale, certa che di lì a poco sarebbe morta per mano dell'uomo che la perseguitava da tempo. Al di là dello sgomento che si prova di fronte ad un gesto al contempo emozionale e razionale, scoprire la motivazione che l'ha determinato, vale a dire non lasciare incombenze gravose al padre anziano e al figlio disabile, getta una luce potentemente suggestiva sul suo valore etico e politico.
Evocando una carenza definibile in senso morale ed istituzionale, esso rappresenta da un lato la determinazione a rispondere ai bisogni dei soggetti vulnerabili e dall'altro un atto d'accusa contro uno Stato che non garantisce ai più fragili l'autonomia, la libertà e la dignità.
La rilevanza in termini politici e sociali intrinseca a tale gesto rimanda a quel punto nodale della riflessione contemporanea femminile-femminista della cura, intesa nella sua duplice accezione di pratica e di disposizione.
La cura "non è semplicemente una preoccupazione o un tratto del carattere, ma la preoccupazione di esseri umani viventi e attivi, impegnati nei processi della vita quotidiana" (Joan Tronto, Confini morali, Diabasis, 2006, p. 132), tra i quali il processo relazionale, il più importante, coincide con la capacità di "rispondere responsabilmente a sé e all'altro e a mantenere così in vita la connessione" (Carol Gilligan, Voce di donna, Feltrinelli, 1987, p. 152).
Clara, chiamata come milioni di donne a rispondere alla vulnerabilità dei suoi cari, ha temuto che, senza di lei, essi difficilmente avrebbero avuto accesso ad una buona cura, cioè ad una cura la cui efficacia si misura sul riconoscimento dell'umanità dell'altro e, dunque, della sua fragilità, di un altro non astratto, ma incarnato e situato, portatore di uno specifico punto di vista sul mondo nonché di bisogni particolari.
Viviamo in una società in cui la vecchiaia e la disabilità vengono considerate non come i segni di una vulnerabilità connaturata al nostro essere più proprio, quanto piuttosto come lo stigma di una diversità valutata a partire dal paradigma di un corpo integro, il che comporta la deriva in senso meramente assistenzialistico della relazione di cura.
Si presta assistenza ad un corpo considerato unicamente nella sua dimensione organica, diversamente ci si prende cura di un soggetto vulnerabile aperto alla relazione con il mondo. Nella prima forma di relazione s'instaura una gerarchia tra chi dà e chi riceve cura, cioè tra chi non è tenuto a sentire in sé la vulnerabilità altrui e l'altro dipendente, col che lo si condanna alla passività e quindi all'irrilevanza, nella seconda, per quanto inevitabilmente asimmetrica, non si crea alcuna gerarchia perché chi presta cura decide di mettersi in gioco e di lasciarsi interpellare dall'altro da sé, nella consapevolezza della difficile sfida da affrontare in nome della comune vulnerabilità.
È sullo sfondo di questi discorsi che si colloca il gesto-dono di Clara, come ciò che nasce prevalentemente dall'esperienza femminile e da un diverso modo di orientare e posizionare il proprio essere nel mondo.
Un gesto fuori dall'ordinario che, proprio per questo, si fa invito rivolto a uomini e donne, tanto nella sfera pubblica quanto in quella privata, a diventare strumento e tramite di nuovi comportamenti e nuove pratiche.
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