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Il futuro è vostro. Prendetevelo!

Il futuro è vostro. Prendetevelo!

Forti e fragili come adolescenti/1 - Una possibile lettura dell’adolescenza, come età di mezzo densa di potenzialità e groviglio di paure. Il nichilismo e la via d’uscita secondo il filosofo Umberto Galimberti in 'Giovane, hai paura?'

Bartolini Tiziana Domenica, 28/12/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2015

“Dovete prendervelo questo futuro. In che modo non lo so e non lo so indicare perché non ho fatto questa esperienza. Per me essere giovane e passare nel mondo del lavoro è stata una cosa facilissima, era quasi naturale. Non so quali possono essere le strategie, però non dimenticatevi che il futuro è vostro. Questa forza la dovete interiorizzare psicologicamente…”. Umberto Galimberti, filosofo e saggista, conclude con un appello quasi accorato ‘Giovane, hai paura?’, volumetto in cui Marcianum Press ha fissato in stampa la conferenza che il Prof. Galimberti ha tenuto lo scorso 11 Febbraio 2014 a Venezia, per il Ciclo “Comunicare il Verbo: lezioni veneziane oggi”. Al suo pensiero abbiamo fatto ricorso per orientarci nella dimensione dell’adolescenza, che è sempre stata una fase dell’esistenza complessa e contraddittoria, una ‘terra di mezzo’ un po’ misteriosa per l’intreccio esplosivo tra potenza e inconsapevolezza, tra energia e paura. I giovani sono oggi numeri e percentuali, categorie e problemi, in una rappresentazione algida che smarrisce, insieme al loro sentire profondo, l’adolescenza come affascinante ed eterna promessa di rigenerazione. Ma questo ripetersi non è uguale nei tempi e nei luoghi e il suo potenziale eversivo assume caratteri diversi che vanno letti e interpretati. La filosofia può aiutarci a trovare una chiave narrativa che scavi la superficie, che restituisca il senso smarrito dell’adolescenza all’adolescenza stessa. 



La parola chiave per Galimberti è conoscenza. “La conoscenza è la condizione per scegliere, i più colti sono anche i più liberi”. Non è semplice tradurre in azioni questa analisi, perché la crisi in cui siamo immersi è anche frutto di ignoranza e di non conoscenza, ma non solo. La finanza e la globalizzazione determinano situazioni che annullano o depotenziano le possibilità di scelta del singolo o delle comunità. “Una volta gli insegnamenti che si davano in famiglia coincidevano con gli insegnamenti che provenivano dalla società.… i valori erano sostanzialmente quelli della sobrietà, dell’impegno, del darsi da fare, del costruire un futuro: non c’era una grande differenza tra quanto la famiglia insegnava e quanto la società indicava…quando la società è diventata un po’ più opulenta, è cominciata una divaricazione radicale tra quanto nella famiglia veniva insegnato e quanto invece la società offriva di allettante al mondo giovanile... e le stesse famiglie sono diventate più difficili, più distratte, ma soprattutto la società è diventata invasiva: se un ragazzino non ha lo smartphone, mentre tutti gli altri ce l’hanno, i genitori glielo comprano, per non escluderlo. La società comincia ad essere la struttura trainante delle condotte giovanili”.



In sostanza, osserva il filosofo, sarebbe “…ingenuo pensare che, per salvare la nostra generazione, e probabilmente anche quella a venire, dal baratro in cui si trova, bastino processi educativi, consigli, argini da parte dei genitori, della scuola, o delle istituzioni”. C’è in gioco un nuovo sistema di valori che, però, stenta a definirsi. “I valori si svalutano perché non sono entità metafisiche che piovono dal cielo… sono dei coefficienti sociali che, condivisi, consentono a una comunità di vivere con la minor conflittualità possibile. Prima della Rivoluzione francese la società era fondata su valori gerarchici, poi si sono organizzate società sui valori della cittadinanza e dell’uguaglianza, c’è stata una trasmutazione di valori; niente di male, anzi la storia va avanti grazie a questo collasso di valori che hanno ordinato la società per un certo periodo e l’inaugurazione di valori nuovi. Se la storia non procedesse così, saremmo ancora all’età dei Babilonesi! Ma la svalutazione e il collasso dei valori non è l’elemento decisivo per capire che cosa sia il nichilismo che invece accade quando, dopo il collasso di un sistema di valori…. non ne nascono di nuovi. A questo punto resta il niente, a cui fa riferimento la parola: ecco qui il nulla e il nichilismo… la definizione che dà Nietzsche di nichilismo è ‘manca lo scopo, manca la risposta al perché, tutti i valori si svalutano’…”. Il vuoto in cui siamo immersi è la mancanza del futuro. “Il futuro, facendo balenare degli obiettivi da raggiungere, muove… Quando manca uno scopo, quando il futuro non è prevedibile o non promette niente, allora abbiamo il collasso….. se infatti non c’è uno scopo da raggiungere, la domanda successiva è: perché sono al mondo? Che senso ha la mia vita? Che cosa sto facendo? Ci siamo mai chiesti perché i giovani vivano più di notte che di giorno? Il motivo è che, di giorno, nessuno li convoca, nessuno li chiama più per nome; se dunque, di giorno, non sono interessante per nessuno, mi prendo la notte: quando questo mondo non c’è, quando scompare questo mondo che non mi chiama e non mi convoca, che mi fa percepire fino in fondo la mia assoluta insignificanza sociale, comincio a vivere io. Come? Ubriacandomi, drogandomi. I giovani si anestetizzano da un mondo che non li ospita, che non li coinvolge, che non prospetta loro alcunché, ed ecco che la vita diventa insignificante”. La fotografia di Galimberti è impietosa. Chi o cosa può porre rimedio a questa gigantesca “demotivazione”? Non i genitori, che possono “educare un figlio al massimo fino all’età di 10-11 anni: le parole del genitore sono efficaci fino a quell’età, dopodiché i ‘buoni consigli’ sono sistematicamente disattesi”.



Ed entra in gioco il sistema dei valori e soprattutto il sistema economico con i suoi meccanismi. “I giovani tra i 15 e i 30 anni hanno il massimo della forza biologica. Il mercato, che li conosce meglio di professori e genitori, li utilizza proprio per quella forza che hanno da vendere e cioè i loro corpi, e, quando i ragazzi vogliono fare i calciatori, hanno percepito che è il loro corpo quello che conta. È l’unico valore che hanno ed è quello che il mercato gli chiede. Non mi meraviglia vedere chilometri di ragazze che vanno a fare le prove per un posto da velina. Chi gli ha detto che l’unica cosa che conta è il corpo? Il mercato, non hanno torto. Poi a Miss Italia gli fanno anche delle domande culturali e loro si attrezzano per dare qualche risposta generica, ma non è per questo che vincono Miss Italia!”. La dissipazione delle migliori energie è gravissima perché “quello che pensi tra i 20 e i 30 anni costituisce la base di quello che penserai per tutta la vita. Anch’io, quello che ho prodotto, lo ho scritto tra i 20 e i 30 anni, poi sono stato più bravo a mettere insieme, a organizzare il materiale, ma la base è quello che ho intuito allora. Einstein ha ideato la sua formula a 24 anni. Che fa la nostra società se prescinde, a proposito dei giovani, dal massimo della loro e quindi della “sua” (della società) forza biologica? Che può fare se il massimo della forza sessuale rimane non riproduttiva e il massimo della forza intellettuale non viene utilizzata?”. Non è alla speranza che guarda Galimberti “spero, mi auguro, auspico: le considero parole della passività…. spero, auspico e intanto non faccio niente”. La sua è una sollecitazione rivolta direttamente ai giovani. “Non dimenticate che il futuro è vostro, è nelle vostre mani - e ribadisce - . Non dovete chiedere ai noi grandi cosa fare”. Una dichiarazione di impotenza e, insieme, uno slancio di fiducia verso il futuro.

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