Donne della CGIL - Lavoro e libertà sono gli obiettivi delle donne della Cgil che lanciano una piattaforma ‘di genere’. E’ (anche) una provocazione interna.
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2009
Sviluppo, lavoro, qualità della vita, autodeterminazione. Intorno a queste parole chiave si è svolta l’Assemblea Nazionale delle Delegate e dei Quadri Femminili della Cgil (Roma, 26 novembre 2008) appuntamento che “abbiamo deciso di tenere almeno una volta tra i due congressi perchè sentiamo il bisogno di mettere a punto nostre idee, confrontarci e fare delle proposte sulle politiche per le donne” osserva Aitanga Giraldi, responsabile nazionale per le politiche di genere, precisando che l’obiettivo è di “delineare un documento piattaforma delle donne che coincide con quella della Cgil ma puntualizza alcune cose”. Non a caso il titolo “Il futuro nasce dalle donne” è già un progetto. Infatti, continua Giraldi, “in questo momento particolare di crisi e anche di rigurgiti maschilisti del governo è ancora più importante fare sentire la nostra voce, senza dimenticare che quanto rivendichiamo va a vantaggio di tutta la società”.
L’analisi della situazione economica è molto preoccupante e il prezzo della crisi per le donne sarà ancora più caro, sia per le lavoratrici presenti nei settori più a rischio e in alto numero precarie, sia per le anziane che percepiscono pensioni generalmente più basse. Questi fattori di rischio, che permangono come strutturali della nostra organizzazione del lavoro, sono accompagnati da provvedimenti del governo – tra i quali la detassazione degli straordinari, l’abrogazione della norma che evitava il fenomeno dei “licenziamenti mascherati”, i tagli alla sanità e ai servizi sociali, l’introduzione della “maestra unica” e gli interventi sulla scuola primaria – che avranno pesanti ricadute sulle donne in termini di aumento del lavoro di cura di anziani e bambini oltre che di diminuzione di posti di lavoro nel mondo della scuola, in altissima percentuale costituito da donne.
Secondo Anna Salfi (Segreteria politica CGIL Emilia Romagna e responsabile delle politiche di genere) “occorrono appuntamenti programmati su tematiche specifiche per arrivare alla contrattazione territoriale sui bilanci degli enti locali e alla contrattazione aziendale sulla conciliazione ma anche sulla violenza”. La consapevolezza del proprio valore c’è tutta, infatti Francesca Lilla Parco (operaia tessile, Rimini) sottolinea “la presenza femminile è la vera rivoluzione del marcato del lavoro e lo stesso mondo economico si è reso conto del vantaggio della presenza delle donne, però le imprese chiedono flessibilità ma non riescono loro ad essere flessibili nell’organizzazione del lavoro”. Mentre permane il problema dell’emersione del lavoro sommerso delle donne, gli obiettivi di Lisbona rimangono irraggiungibili per l’Italia, che è al penultimo posto in Europa per l’occupazione femminile.”Non può esservi sviluppo sostenibile e crescita economica senza l’apporto fondamentale delle donne, dei nostri saperi e talenti, nostra creatività – si sottolinea nel documento che ha introdotto i lavori, dove si afferma che – l’imperativo è investire energie e risorse per la piena occupazione femminile a partire dalle giovani generazioni, superando le discriminazioni nell’accesso al lavoro e nelle retribuzioni”. Tutte osservazioni che inducono a non condividere i contenuti del Libro Verde in cui il Ministro Sacconi ha delineato i principi e gli obiettivi del governo in materia di lavoro e welfare. Un riferimento preciso le donne della Cgil lo hanno riservato “alla difesa e tutela della libertà di scelta e dell’autodeterminazione delle donne” individuando la necessità di “interpretare e riconoscere le nuove problematiche che le giovani donne e le immigrate continuamente si trovano ad affrontare” e “il potenziamento dei consultori, dei servizi per l’infanzia e per gli anziani non autosufficienti”.
La questione centrale resta un mercato del lavoro contrassegnato dall’instabilità. “Nel nostro territorio le criticità sono molte - Celestina Gambino è della Camera del Lavoro di Aprilia, provincia di Latina -. Nel settore farmaceutico la manodopera femminile è alta (nella mia azienda circa il 60%) e lavora anche nella turnazione a ciclo continuo. Il 30% è contrattato a tempo indeterminato, pochissime a tempo determinato e la restante parte è interinale, con contratti semestrali ma, non di rado, contratti settimanali o a giornata. Le interinali si ritrovano a svolgere le mansioni più umili (inscatolatrici, confezionatrici, etichettatrici)”. Non dissimile la situazione descritta da Italia Scattolin (Segretaria della Camera del Lavoro di Venezia). “Il tasso di occupazione in città (55%) è migliore rispetto al dato veneto e a quello nazionale, ma le donne sono collocate in un mercato del lavoro marginale, hanno il primato della precarietà, ci sono discriminazioni salariali. Il nostro osservatorio sul mobbing nel 2007 ha registrato che su 60 casi oltre il 60% sono donne collocate nel settore del commercio (grande distribuzione). La crisi di Porto Marghera ha fatto si che si rafforzasse il settore commerciale e turistico con occupazione prevalente femminile ma connotata da queste caratteristiche. C’è bisogno di un lavoro di qualità, stabile e privo di discriminazioni. Occorre passare dalle parole ai fatti: nel nostro caso vorremmo fare una contrattazione di welfare locale che permetta alle donne di collocarsi nei luoghi di lavoro senza avere il problema dalla conciliazione. C’è bisogno di una rete di sostegno locale”. Poi ci sono realtà complesse che richiedono politiche adeguate, come testimonia Adele Cacciotti (Camera del Lavoro di Pomezia, Castelli Colleferro e Subiaco”. “Il nostro è un territorio che ha 69 comuni con un’alta densità di popolazione. C’è lavoro nell’agricoltura e nell’industria. Nelle fabbriche sono aumentate le procedure di mobilità e di licenziamento, ma sono tante le aziende piccole e medie dove non scattano gli ammortizzatori sociali. Inoltre i tagli del governo incidono in modo drammatico tra le lavoratrici dei servizi gestiti dalle cooperative nei comuni. Come sempre la crisi ricade sulle donne ma forse è anche il momento in cui noi possiamo rilanciare una vertenzialità e contrattualità di genere”. Sulla quale si innesta la realtà delle immigrate “che saranno le prime ad essere espulse in una situazione in cui già sono precarie e vivono il disagio”, come afferma Sally Kane (Segreteria della Camera del Lavoro di Ancona). Nel profondo Sud la situazione è particolarmente pesante. “C’è molto precariato, aumenta il lavoro nero e le donne non si iscrivono più neppure al collocamento. Il welfare è completamente affidato a nonni, suoceri, vicini di casa. Abbiamo molto monoreddito al maschile e le donne immigrate, soprattutto nel mazarese, sono in condizioni ancora peggiori delle siciliane. A Trapani ha chiuso un’azienda farmaceutica e molte donne si sono ritrovate senza lavoro. Non ci sono state manifestazioni perché ci sono altri metodi per trovare lavoro - Mimma Argurio (Segretaria generale della funzione pubblica Cgil Trapani) passa velocemente dalla denuncia all’attacco -. Questa iniziativa ci voleva perché come donne dobbiamo riprendere i nostri spazi. A Trapani a dicembre abbiamo fatto una grande assemblea per confrontarci e valorizzare il nostro territorio, che è un intreccio di sinergie e diversità. Il progetto di un consultorio multietnico può essere una prima risposta”.
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