Ambiente - Riscaldamento acque / Convenzione di Londra / Greenpeace boccia i tonni Star e Consorcio
Bruni Barbara Domenica, 23/05/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2010
Riscaldamento delle acque
Secondo il rapporto della Fao “Climate change implications for fisheries and aquaculture”, l'aumento delle temperature delle acque degli oceani modificherà la fisiologia dei pesci, il loro comportamento e la loro distribuzione. In base alla relazione, i pesci se esposti per lunghi periodi a temperature più elevate di quelle abituali non sono in grado di fornire l'adeguato apporto di ossigeno a tutti i tessuti; da qui il pericolo di estinzione o la messa in atto di meccanismi di adattamento. Questi ultimi hanno spesso ripercussioni sui cicli riproduttivi, sulla velocità con cui raggiungono la maturità sessuale, sul periodo di riproduzione e sulle dimensioni delle uova deposte. La sopravvivenza dei pesci e' poi minacciata dall'introduzione di nuovi predatori e dall'aumento dei parassiti. Un esempio è il caso del merluzzo dell'Atlantico: da anni gli stock ittici di questa specie si stanno assottigliando a causa delle fluttuazioni nel plancton causate dalle variazioni di temperatura. Stesso destino per il gambero polare, fonte primaria di cibo per pinguini, foche e balene, la cui presenza dal 1976 ad oggi si e' ridotta del 75% in conseguenza della riduzione del ghiaccio marino nella zona occidentale della penisola Antartica.
La Convenzione di Londra
L’Italia ha ratificato la Convenzione di Londra sulla responsabilità civile conseguente all’inquinamento marino causato da residui di carburante utilizzato per la propulsione delle navi. La convenzione - negoziata in seno all’Organizzazione marittima internazionale (Imo) - è stata adottata per assicurare alle persone danneggiate dalla perdita di carburanti utilizzati dalle navi un risarcimento adeguato e tempestivo.
Greenpeace boccia i tonni Star e Consorcio
In Italia si consumano più di 140mila tonnellate di tonno in scatola all’anno ma non esiste sul mercato un marchio realmente sostenibile. Ecco allora che nasce “Tonno in trappola”, la classifica sulla sostenibilità del settore del tonno in scatola lanciata da Greenpeace. Dei 14 marchi valutati dall’associazione, 11 non hanno precisi criteri per garantire che la pesca del proprio tonno non danneggi l’ambiente. In cima alla graduatoria ci sono Coop, Asdomar e Mare blu che - sebbene non siano effettivamente sostenibili - hanno almeno una regolamentazione scritta. Un punteggio di 0,7 a Nostromo, che fornisce poche informazioni sulla provenienza del tonno utilizzato. Riomare guadagna qualche punto in più perché dimostra di avere informazioni precise sull’origine dei propri prodotti, ma si trova in basso alla classifica non avendo adottato precisi criteri di sostenibilità nella scelta del tonno utilizzato. Complimenti invece ad Asdomar, uno dei pochi che in metà dei propri prodotti utilizza il “tonnetto striato”, una specie considerata in buono stato e pescata con metodi sostenibili (lenza e amo). Zero in classifica invece per Tonno Mareaperto Star e Consorcio per la loro assoluta mancanza di trasparenza.
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