Martedi, 09/04/2013 - Sabato 6 aprile, Finale Emilia.
Davanti al municipio volontari dell’associazione Animammersa dell’Aquila e cittadini finalesi stanno appendendo pezze alle griglie di sicurezza che sembra aspettino quei quadrati colorati come un albero aspetta primavera. Sono passati 4 anni dalle scosse e dalle immagini che tutti ricordiamo dell’Aquila, come dovremmo ricordare le buffonate raccontate da chi prometteva ricostruzione entro settembre e spostava il G8 per fare immagine spendendo inutilmente soldi necessari all’emergenza. Cito parte di un’intervista ad una cittadina Aquilana letta on-line e confermatami da tante persone. “L’ Aquila è un buco nero. La città non è stata ricostruita, se per città intendiamo quella vera, cioè il centro storico, il luogo nel quale si svolgeva la vita dell'intera comunità. Il centro storico dell'Aquila è l'emblema del nostro terremoto. Uno dei centri storici più grandi d'Italia, secondo solo ad Arezzo per beni vincolati dalla Sovrintendenza, è, ancora oggi, come lo ha lasciato il terremoto di quella notte. Anzi, è ancora più solo, abbandonato dimenticato.”
A me vengono in mente gli studenti, quei ragazzi dell’età dei miei figli che non sono cresciuti come loro perché il non rispetto delle norme di sicurezza della casa dello studente dove vivevano ha fermato la loro vita e penso a loro mentre i giovani di Mumble: (www.mumbleduepunti.com che allora come a maggio lo scorso anno si sono attivati per essere d’aiuto) filmano chi attacca le pezze. “Non ci lasciano lavorare, non ci lasciano ricostruire”dice una volontaria di Animammersa, qualcuno all’Aquila ha dichiarato ai giornali che questo è l’anniversario più triste perché è la fine della speranza, eppure loro sono qui a Finale Emilia ad attaccare uno striscione che dice: “Una zona rossa, ovunque si trovi, è questione nazionale”, lo stesso striscione firmato “Mettiamoci una pezza” che è esposto all’Aquila e che verrà appeso a Mirandola. Loro sono qui nel nome della voglia di ricostruire, della speranza, della necessità di chiedere garanzie. Il terremoto non si può evitare, si può evitare che le case crollino, che le scuole crollino, che i luoghi pubblici crollino, che le fabbriche crollino, utilizzando tutti quei mezzi che sono a disposizione di chi progetta e di chi costruisce per mettere in sicurezza le nostre città e le nostre campagne, si può evitare soprattutto che ci sia chi speculi sulla ricostruzione a caccia di voti o di soldi. In Friuli hanno detto non come il Belice e ce l’hanno fatta (Venzone e Gemona ne sono esempio), in Emilia dicono non come l’Aquila e i cantieri si vedono nonostante ancora i soldi stanziati dallo Stato non siano arrivati. Io insisto a dire che abbiamo dei bravi amministratori e che sapranno arrivare all’alba nonostante la crisi, ma dico anche che siamo fortunati a non interessare a Berlusconi come campagna elettorale mediatica.
Animammersa ha srotolato un filo rosso, teniamolo teso perché mai più nessuno abbia un “non come” da prendere da esempio. Li guardo lavorare: sono qui anche per noi penso e poi penso che mi sbaglio, non ci sono né loro né noi. Siamo qui insieme, punto e basta. La prova sta
nei cartellini attaccati da chi ha spedito le pezze, vengono da tutta Italia e anche dall’Estero e sono tanti, tantissimi.
Ci siamo…continuiamo ad esserci anche dopo le commemorazioni del 29 maggio, la sicurezza e il futuro di tutti sono questione nazionale.
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