In occasione del centenario della nascita di Maria Lai, una delle artiste più importanti del Novecento, Roma le dedica una grande mostra al MAXXI fino al 12 gennaio 2020
Lunedi, 24/06/2019 - "L’Uomo ha bisogno di mettere insieme il visibile e l’invisibile perciò elabora fiabe, leggende, feste, canti, arte". Così rifletteva Maria Lai (Ulassai 1919 - Cardedu 2013), artista sarda che nel corso della sua lunga esistenza ha trasformato attività ancestrali - e tipicamente femminili - come tessere o cucire, ma anche fare il pane o narrare fiabe, in metafore dal valore universale.
Vissuta appartata dal mondo dell’arte, ma certo non da outsider, anzi profondamente calata nel suo tempo, Maria Lai è oggi considerata una delle artiste italiane più importanti del Novecento, anche se uno stereotipo duro a morire la ritrae ancora come una nonnina sperduta nel suo paesino dell’Ogliastra a cucire e a raccontare fiabe. Le cose comunque stanno cambiando e recentemente il carattere pionieristico del suo lavoro è stato riconosciuto anche a livello internazionale.
Nel 2017, infatti, un gruppo significativo di lavori dell’artista è stato esposto a Kassel, nella quattordicesima edizione di Documenta, la rassegna d’arte contemporanea più prestigiosa al mondo, e lo stesso anno anche la Biennale di Venezia le ha reso omaggio.
Ora l’intensa retrospettiva intitolata “Maria Lai. Tenendo per mano il sole” (accompagnata da un bel catalogo edito da “5 Continents Editions”), in corso a Roma, al MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, fino al 12 gennaio 2020, illustra, attraverso più di 200 lavori, non solo la sua opera, ma anche la sua personalità, il suo essere artista, un’artista che considerava l’arte una parte essenziale della crescita individuale e collettiva della società. Curata da Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli, e realizzata in collaborazione con l’Archivio Maria Lai e la Fondazione Stazione dell’Arte di Ulassai, l’esposizione è animata da filmati che, disposti lungo tutto il percorso, mostrano una serie di interviste a Maria Lai fatte dal regista Francesco Casu. Siccome la lunga attività creativa dell’artista è frutto di continue stratificazioni (Maria Lai considerava i propri lavori sempre aperti e a volte li rivisitava anche a distanza di trent’anni) i curatori hanno deciso di raccontare il mondo dell’artista senza seguire un rigido ordine cronologico, ma ricorrendo a cinque capitoli tematici, ispirati ai titoli delle sue opere. La prima sezione, “Essere è tessere. Cucire e ricucire”, raccoglie i famosi Telai realizzati dalla metà degli anni Sessanta con materiali recuperati dalla tradizione sarda, e le Tele cucite, che compaiono a metà degli anni Settanta, divenute una metafora dell’arte come possibilità di relazione fra sé e il mondo. La seconda sezione, “L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e raccontare”, rende omaggio all’attitudine pedagogica che ha sempre contraddistinto Maria Lai, convinta che l’arte dovesse essere alla portata di tutti. Qui sono esposte le sue Fiabe cucite, tra cui quella che dà il titolo alla mostra, “Tenendo per mano il sole” (1984-2004), che poi è la prima delle sue fiabe cucite, originata dall’incontro in un ospedale di Cagliari con dei bambini affetti da anemia mediterranea. Le fiabe rimandano anche all’interesse dell’artista per il linguaggio, la poesia, la parola. La terza sezione, “Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere”, riguarda la particolare attitudine di Maria Lai a concepire la creatività come forma di dono e di relazione con le persone. Sono esposti, tra l’altro, i Libri cuciti, realizzati dalla fine degli anni Settanta, con le pagine di stoffa o di carta cucite in modo da simulare una scrittura, si potrebbe dire il filo del discorso. La quarta sezione, dal titolo “Il viaggiatore astrale. Immaginare l’altrove”, presenta lavori che attraverso il tracciato del filo evocano mappe celesti e invitano a compiere un viaggio immaginario alla scoperta di altri mondi. Infine l’ultima sezione, “L’arte ci prende per mano. Incontrare e partecipare”, documenta una serie di interventi concepiti da Maria Lai per lo spazio pubblico, a partire dall’azione corale più celebre: Legarsi alla montagna, compiuta l’8 settembre del 1981 a Ulassai con il coinvolgimento dell’intera comunità. Considerato il primo esempio di Arte relazionale in Italia, Legarsi alla montagna è una grande opera collettiva di ricucitura dei legami tra le persone, e con il territorio, che però non nega il conflitto. Infatti nell’accettare di unirsi tra loro tramite un nastro azzurro (l’azione si ispira a un’antica leggenda locale) gli abitanti del paese stabiliscono con l’artista un codice che renda evidenti i reali rapporti tra le famiglie: dove il nastro passa diritto vuol dire che c’è inimicizia, un nodo segnala amicizia, mentre la presenza di un pane appeso indica amore.
Tramite il filo, elemento costante nel suo lavoro e che richiama gli antichi personaggi del mito, da Arianna ad Aracne alle Parche, Maria Lai mette dunque in relazione, di volta in volta, realtà e immaginazione, conscio e inconscio, acqua e terra, dentro e fuori, arte e artigianato, individuo e società, opera e pubblico, con una incrollabile fiducia nella capacità dell’arte di ricucire il senso delle cose e di trasformare il mondo.
Una serie di eventi accompagnano la mostra al MAXXI, tra questi: un incontro con la scrittrice Michela Murgia (10 luglio 2019); una giornata di studio su “Maria Lai oggi” (27 settembre 2019); due giornate di proiezioni di film e documentari sull’artista (28-29 settembre 2019). Inoltre la retrospettiva romana prosegue idealmente a Ulassai dove è in corso, presso la Fondazione Stazione dell’Arte, curata da Davide Mariani, l’esposizione “Tenendo per mano l’ombra” (fino al 3 novembre 2019), nell’ambito della quale si terrà la performance Cuore Mio di Marcello Maloberti (21 settembre 2019).
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