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Il femminismo, prima di tutto

Il femminismo, prima di tutto

Nodi e snodi/2 - Giovane, ricercatrice e femminista. Valentina Genta ci racconta il decennale di PUNTO G organizzato a Genova dalla rivista Marea

Bartolini Tiziana Lunedi, 19/09/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2011

”A settembre dell’anno scorso abbiamo cominciato a pensare al decennale di Punto G lavorando inizialmente con il gruppo misto. Ci siamo rese conto che non ci sarebbe stato uno spazio adeguato ai temi femministi e abbiamo optato per rinnovare un appuntamento autonomo”. Valentina Genta, insieme a Monica Lanfranco - direttora di Marea - e Laura Guidetti, ha organizzato Punto G lo scorso giugno. La incontriamo a Siena in occasione del secondo appuntamento di Se Non Ora Quando e raccogliamo la sua testimonianza sull’esperienza genovese. “Il nostro intento era dare visibilità ai contenuti del 2001 e riprendere parola pubblica. Dieci anni fa a Genova si parlò dell'impatto della globalizzazione sulla vita delle donne e si preconizzò la crisi. Una ricchezza politica incredibile è stata cancellata. Tutto è stato sotterrato dalla Diaz, dal sangue, dalla morte di Carlo Giuliani. Ma quei contenuti erano i contenuti e le critiche delle donne: lo sfruttamento del territorio e del suolo, l’inarrestabile omofobia e il patriarcato che aumenta, i rischi del neoliberismo”.



Venendo al Punto G del 2011, come lo hai vissuto, dal tuo punto di vista di una giovane ricercatrice e femminista?


È stata una grandissima emozione perché nel contribuire ad organizzare un convegno internazionale di così alto livello mi sono sentita dentro a qualcosa che è rilevante nella storia. Tra gli aspetti più significativi ritengo ci sia stato lo scambio con le tante ospiti straniere che hanno portato la loro esperienza, tendenzialmente più laica della nostra, e che hanno parlato dei fondamentalismi religiosi e dei rischi della religione che diventa politica e legge. Con tutte abbiamo creato relazioni nuove. Altro aspetto importante è stata la varietà: gli incontri in seduta plenaria, la multidisciplinarietà, la performance delle operaie dell’Omsa, la lettura di Beatrice Monroy. Insomma è stato un convegno “multiesperienziale”.



Quale tipo di impatto potranno avere gli esiti del Punto G 2011 per le donne?

L’esigenza di modificare le cose dal punto di vista pratico è forte per tutte, credo. Ma Punto G non si poneva un obiettivo pratico immediato. È stato importante l’aspetto delle reti di relazioni che si sono rinsaldate o attivate da zero. Questo, per esempio, può permettere interventi in diverse dimensioni. Ma occorre precisare che non puntiamo ad avere peso nella rappresentanza, non intendiamo candidarci o altro. Il nostro è un lavoro di sensibilizzazione, tendiamo a mantenere i legami e a rafforzare e costruire memoria e prodotti da condividere, anche attraverso Marea e la radio.



Perché sei venuta a Siena? Condividi il percorso e i contenuti di Se Non Ora Quando?


Essere qui lo considero parte del mio percorso di crescita. L’esperienza di SNOQ di Genova mi lascia perplessa, sono critica rispetto al comitato che è nato e ai percorsi che sta facendo, è un luogo difficile. Vedo delle criticità in questo movimento, che rischia di essere autocelebrativo e autoreferenziale. Bisogna fare attenzione: vanno bene le donne al 50%, ma non vanno bene tutte le donne. Una donna di destra e una donna di sinistra non sono uguali. Diverso è che le donne di destra e di sinistra facciano delle cose insieme. Quello che non va fatto, secondo me, è omologare i movimenti delle donne che hanno lottato per essere riconosciute nella loro differenza. Vorrei evitare che ci si dimentichi troppo facilmente quello che c’è già. Se l’obiettivo sono le quote rosa ma ci si dimentica la parità nella gestione del quotidiano vuol dire che si rinuncia all’educazione tra i generi. Vorrei anche evitare che questo prendere parola delle donne si riducesse ad una sorta di campagna elettorale. Vorrei che ci fosse trasparenza e chiarezza.



Insomma, per il momento sei guardinga. Qual è il punto di maggior distanza che senti con il SNOQ?


Mi preoccupa il rischio della perdita di memoria. Il movimento delle donne c’è, non penso di poter condividere spazio politico in un movimento che non parte e non si riconosce nel femminismo. Non è un dettaglio perché il fatto di essere donne non è sufficiente. Bisogna dire chi si è e dove si vuole andare.



Secondo te il femminismo deve modificarsi? Come può rinnovarsi?

Il femminismo si è evoluto fisiologicamente. In ogni caso prima di proporre il post-femminismo bisogna conoscere il femminismo. E questo manca. Non penso che ci si debba fermare ai gruppi di autocoscienza o al separatismo. Penso che occorra studiare molto, confrontarsi con le donne più grandi. Non sento l’esigenza di fare un gruppo separato di giovani, mi trovo a mio agio e sono in sintonia anche con le donne più grandi. Le separazioni - di generazioni o religiose - vanno rifiutate perché rispondono a meccanismi patriarcali. Casomai ci sono i femminismi, tanti quante sono le singole donne. L’evoluzione del femminismo deve essere corale, non possono essere le giovani che rompono perché il rischio è di indebolirci. Abbiamo esigenze diverse ma i problemi sono gli stessi, a prescindere dall’età. Altra evoluzione possibile la vedo nel tentativo di apertura verso le donne straniere.



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L’Uisp al Punto G    


Il 25 e 26 giugno si è svolto il Meeting internazionale Punto G 2011. Come dieci anni fa in occasione del G8, le donne si sono ritrovate per parlare della globalizzazione dei suoi effetti.  Il mio personale ringraziamento va a Monica Lanfranco e a chi con lei ha organizzato il Meeting perché non è scontato, anzi tutt’altro, che lo sport sia prensente in occasioni come queste, in cui si fa politica e soprattutto cultura. In secondo luogo i fatti pietosi e deprimenti e il mercato hanno certo più appeal dei buoni sentimenti dei valori e dei progetti educativi e culturali, che contraddistinguono buona parte del mondo sportivo, come ad esempio l’Uisp, che sui media non compaiono mai. Le buone azioni  non fanno  vendere giornali. Per questo motivo  il secondo ringraziamento  va quindi alla testata che ci ospita  perché attraverso questa pagina possiamo raccontare di uno sport che fa politica, che costruisce cultura, che ha valori chiari. Uno sport di sinistra, che combatte contro le ingiustizie.  A Genova mi hanno colpito la competenza, la sensibilità, il realismo e la grande umanità delle donne, più o meno conosciute e famose,  che ho incontrato. Donne che guardano in alto. Un abbraccio collettivo e buon lavoro a tutte noi. Teniamoci strette.


Paola Lanzon








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