A cura di Adriana Moltedo esperta di Comunicazione e Media
Mentre nel nostro paese si dichiara che le studentesse non amano le materie scientifiche e non rendono quanto i ragazzi, Tiziana Catarci matematica alla Sapienza di Roma, candidata a futura Rettore della stessa Università, anche se non può negare che su 300 che studiano matematica, solo 10 sono donne, è certa che si ha diritto di contare.
Anche a lei le dicevano che non aveva la faccia da ingegnere e si sbagliavano.
A conferma di ciò è nelle sale il film di Theodore Melfi. Basato sul libro Hidden Figures: The Story of the African-American Women Who Helped Win the Space Race di Margot Lee Shetterly, Il diritto di contare è un film candidato a tre premi Oscar.
E' stato uno dei grandi sconfitti nella notte degli Oscar. Un peccato, perché la storia vera delle tre donne di colore, Katherine Johnson, Dorothy Vaughn (Octavia Spencer, bravissima) e Mary Jackson (Janelle Monae), che, alla NASA, contribuirono in maniera determinante alla spedizione in orbita di John Glenn, meritava almeno un riconoscimento.
Octavia Spencer, quarantasette anni, nata a Montgomery, in Alabama, piccolina ma potente, è una di quelle attrici che provocano tifo immediato. Reazione che si rinnova nel Diritto di contare, interpreta Dorothy Vaughan, la matematica afro-americana che, insieme alle colleghe Katahrine Johnson e Mary Jackson, offrì fondamentale contributo alla riuscita delle missioni Apollo e quindi alla vittoria Usa nella conquista dello spazio.
Hidden figures, figure nascoste, che in Italia è Il Diritto di contare, è una storia vera perduta come tante, dimenticata anche negli Stati Uniti, perché racconta di donne nere e del loro genio e apporto essenziale in un mondo di massima virilità come la Nasa ai tempi dei primi voli spaziali, e di ossessione bianca contro i diritti civili che gli afroamericani avevano cominciato a chiedere con manifestazioni non violente.
Donne e nere, doppia separazione, inconsistenza, abbandono e umiliazione.
Taraji P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe interpretano le tre matematiche che si fanno valere alla NASA. Kevin Kostner è il capo del team di scienziati, Jim Parsons è il suo braccio destro, mentre Kirsten Dunst è la responsabile del personale, passarono da "computer umani" nascosti in un'ala segregata della Nasa a figure chiave delle imprese astronautiche americane, per spedire in orbita l'astronauta John Glenn.
Donne matematiche alla conquista dello spazio e della propria dignità. Passato di ordinaria segregazione razziale per gli Stati Uniti che tra la fine dell'era Eisenhower e l'avvento di Johnson dovevano combattere la Guerra Fredda anche con i missili non di deterrenza nucleare ma di volo nella galassia. E i russi erano in vantaggio.
La storia è raccontata con una lingua semplice e diretta.
Queste donne hanno dato un contributo fondamentale allo sviluppo della NASA. Senza la Johnson, in particolare, John Glenn non sarebbe stato il primo americano nello Spazio, o forse sarebbe morto in missione. Senza di lei, gli Stati Uniti non avrebbero messo piede e bandiera sulla luna.
Tutto questo grazie a Katherine Johnson, Dorothy Vaughn e Mary Jackson Nere. E donne. Nell'America e nella Virgina del 1961: due anni prima della marcia su Washington del Reverendo King, e quando Kennedy stava ancora lavorando sulle leggi che avrebbero garantito i diritti civili alla popolazione afroamericana e che sarebbero sfociate nel Civil Right Act, o dell'istituzione della Commissione Presidenziale sullo Status delle Donne.
Da un lato il sogno di Katherine Johnson, di Dorothy Vaughn e Mary Jackson, quindi; dall'altro il sogno kennediano della conquista dello Spazio. Due sogni e due utopie che si sono realmente intrecciate come solo la realtà può fare, e che sono diventati realtà grazie alla capacità di poche persone di essere visionarie.
Nella Virginia segregazionista degli anni Sessanta, la legge non permette ai neri di vivere insieme ai bianchi. Uffici, toilette, mense, sale d'attesa, bus sono rigorosamente separati. Da una parte ci sono i bianchi, dall'altra ci sono i neri. La NASA, a Langley, non fa eccezione. I neri hanno i loro bagni, relegati in un'aerea dell'edificio lontano da tutto, bevono il loro caffè, sono considerati una forza lavoro flessibile di cui disporre a piacimento e sono disprezzati più o meno sottilmente.
Reclutate dalla prestigiosa istituzione, Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson sono la brillante variabile che permette alla NASA di inviare un uomo in orbita e poi sulla Luna. Matematica, supervisore (senza esserlo ufficialmente) di un team di 'calcolatrici' afroamericane e aspirante ingegnere, si battono contro le discriminazioni, sono donne e sono nere, imponendosi poco a poco sull'arroganza di colleghi e superiori.
Confinate nell'ala ovest dell'edificio, finiscono per abbattere le barriere razziali con grazia e competenza.
Il diritto di contare mette in scena efficacemente il razzismo e il sessismo ordinario dei bianchi, concentrandosi sui drammi silenziosi che muovono la Storia in avanti.
Con il presidente Jolmson, nel 1964 dopo una dura battaglia fu approvata la legge che eliminava ovunque la segregazione e l'anno dopo quella che concedeva senza restrizioni il voto ai neri.
Il regista ha tra le mani una storia molto interessante e un’ottima squadra di attori. Una storia poco nota, se non addirittura sconosciuta, che merita di stare sotto i riflettori.
Incoraggiamo dunque bambine e ragazze allo studio delle materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, le cosiddette discipline Stem. È fondamentale. Non c'e' nulla che una studentessa e uno studente non possano ottenere impegnandosi.
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