Mercoledi, 14/10/2020 - Con prese di posizioni e forme di mobilitazione sta montando una “reazione rosa” per chiedere che gli ingenti Fondi europei destinati alla crisi del post Covid siano gestiti mettendo al posto giusto le donne. E sono arrivati i primi impegni da parte del governo.
La metà dei Fondi europei per la ripresa e la ricostruzione deve essere spesa per le donne. Nel bel mezzo del processo di discussione a livello europeo e italiano sul Recovery Fund si sono fatte sentire finalmente tante voci per ricordare che le donne sono il 50% della popolazione e che il COVID non solo ha penalizzato di più fasce dove spesso sono collocate le donne ma sta provocando processi concreti che fanno tornare indietro la condizione e della vita delle donne. Da lavoro ai servizi, dai diritti alla salute e di scelta alla riproposizione di un ruolo centrale nella gestione familiare, alla violenza domestica, con ulteriori discriminazioni per quanto riguarda le donne migranti. La prima voce è stata la lettera /petizione partita da alcune deputate del gruppo verde del Parlamento Europeo, che ha già raccolto molte adesioni (https://you.wemove.eu/campaigns/halfofit-chiediamo-la-meta-dei-fondi-anti-crisi-covid-19-per-le-donne), in cui, facendo riferimento alle strategie europee per l’uguaglianza di genere, si chiede alla Presidente della Commissione alcuni precisi punti per la gestione dei fondi anticrisi: 1) valutazione dell'impatto di genere per tutti i fondi spesi; 2) investimenti nel lavoro di cura, nello sviluppo di servizi per l'infanzia e di scuole ; 3) sviluppo di servizi lungo l’intero ciclo di vita; 4) un ricalcolo del PIL tenendo conto del valore del lavoro non retribuito; 5) obblighi per le aziende che ricevono sovvenzioni statali di documentare che questi fondi vanno a beneficio dei dipendenti di tutti i generi in egual misura; 6) un fondo per le imprese di proprietà delle donne.
Rivendicazioni quanto mai opportune a fronte del fatto che se si va a guardare le linee che sono state o si stanno elaborando sul Recovery Fund a livello italiano si trova un riferimento alle donne in capitoli specifici, come se le donne fossero una categoria “svantaggiata”.
Questa sveglia sta producendo di giorno in giorno effetti a catena. La rete “il giusto mezzo” creata già da tempo per dare voce alle donne sulle risposte da dare alla “pandemia sociale” prodotta dal Covid ha raccolto prontamente la palla elaborando una lettera rivolta al Presidente del Consiglio del nostro paese, rilanciando una serie di richieste (www.ilgiustomezzo.it) chiedendo non bonus ma interventi strutturali di welfare e veri investimenti sulle donne.
Una richiesta che ha trovato un riscontro veloce sia con una mozione approvata in Parlamento dalla maggioranza che attraverso un impegno espresso direttamente dal Presidente Conte circa l’utilizzazione di una significativa parte delle risorse per sostenere l’occupazione femminile e per interventi di sviluppo di servizi all’infanzia. La Conferenza nazionale delle donne democratiche aveva rilanciatonei giorni scorsi i punti della petizione europea aggiungendo misure specifiche come la riforma del congedo di paternità, il contrasto alle differenze nelle retribuzioni, un piano nazionale di servizi educativi 0-3 anni. Anche la Casa Internazionale delle donne di Roma ha organizzato una due giorni il 10-11 ottobre 2020, collegando i temi di mobilitazione che da tempo impegnano questo soggetto attorno alle vicende della difesa di questo spazio al bisogno più ampio delle donne di collocare con forza la propria voce in questa fase complessa, ma decisiva per le decisioni che si stanno assumendo in Italia e in Europa. Il resoconto video completo è disponibile sulla pagina FB: parte prima, parte seconda, parte terza.
Ma vale la pena di riprendere alcune cose di questa due giorni, chiamata Assemblea “La Magnolia”/Donne e Next generation UE, due giorni che erano stati pensati in una logica di continuità con l’incontro che la Casa Lucha y Siesta di Roma aveva promosso qualche settimana prima, il cui cuore era il tema di una strategia più forte delle esperienze di autogoverno e cittadinanza attiva delle donne, in una visione di riconoscimento politico dei cosiddetti beni comuni e di più efficace negoziazione delle iniziative delle donne con le istituzioni. Un tema presente anche nell’Assemblea della Casa Internazionale. Ma il cuore della discussione è stato come cogliere l’occasione del grande Piano che a livello italiano ed europeo si sta elaborando per i futuri anni per collocare una politica e una contrattualità autonoma delle donne. Maura Cossutta, presidente della Casa Internazionale delle donne di Roma, in apertura, ha aperto rilanciando alla discussione temi e proposte uscite dalle donne in questi mesi a fronte della crisi prodotta dal Covid, rimettendo in fila alcune parole e questioni chiave: il paradigma della cura da affermare come donne come bussola per mettere al centro l’importanza del corpo e delle interrelazioni delle persone, il rapporto tra produzione e riproduzione sociale , il diritto alla salute come determinante fondamentale del benessere, il ruolo pubblico per un welfare universalistico. Simona di Lucha y Siesta sottolinea il valore dell’ iniziativa autonoma dal basso delle e per le donne, a cui va riconosciuto politicamente e in un sistema nuovo di regole, un credito da parte della società e delle istituzioni per ciò che rappresenta in termini di risposte concrete ai bisogni delle persone e dei territori. Ada Donno, della Casa delle donne di Lecce contesta che le linee per la gestione del Recovery Fund puntano solo a portare qualche elemento di efficienza a ciò che esiste e non a cambiare. Sabrina Alfonsi, presidente del 1° Municipio di Roma, sottolinea l’importanza del ruolo della Casa come riferimento aperto per una iniziativa delle donne in questa fase. Floriana Lipparini della Casa delle donne di Milano invita a una iniziativa comune delle Case delle donne come luoghi liberi di democrazia. Cristina Maltese del Ministero dell’Economia sottolinea la novità di visione solidaristica che è arrivata dall’Europa con il Recovery e, ripercorrendo le tappe dei diversi livelli di elaborazione dei piani, sottolinea che non è tardi per intervenire ora come donne. Elly Schlein Vice presidente della Regione Emilia Romagna, partendo dalle tre priorità del piano europeo (transizione ecologica, sviluppo digitale, contrasto alle diseguaglianze) denuncia il pericolo di concentrazione dei poteri nel campo tecnologico e indica come terreni su cui concentrarsi, quello del rapporto tra smart working, occupazione femminile e orario di lavoro e quello delle infrastrutture sociali sottolineando l’importanza dello studio europeo fatto di recente sull’impatto del Recovery Fund sul genere. Linda Sabatini dell’ISTAT ricorda come la situazione in Italia delle donne è molto critica perché aggrava quella precedente che già ci collocava molto indietro rispetto ad altri paesi e indica nella richiesta di più risorse per infrastrutture sociali un terreno fondamentale perché è là che c’è e potrebbe esserci molto lavoro per le donne. Arianna, del coordinamento per la scuola, racconta delle lotte e delle reti che si stanno sviluppando su questo terreno essenziale per la vita delle donne e chiede che ci sia una iniziativa comune per intervenire sui testi antifemminili dei libri scolastici. Monica di Sisto sottolinea come si stanno pagando con il Covid scelte fatte in tanti anni e che si deve ritrovare una voce forte di donne, nella diversità, per mettere in agenda altre priorità; Giulia Rodano invita a costruire un nucleo di proposte da portare fuori della Casa Internazionale partecipando in modo visibile come donne al mainstreaming che sta attraversa l’Europa. Nicoletta Dentico, esponente dei Verdi europei e impegnata sui diritti umani, ricorda che la leadership sul tema del clima è femminile in tutto il mondo e che le donne devono portare la loro diversità di punti di vista su tutte le politiche, evitando i ghetti di politiche di genere. Livia Turco invita a unirsi su pochi temi e rilancia la campagna per utilizzo di una parte importante dei fondi europei per la realizzazione di una rete nazionale di nidi come battaglia di uguaglianza per donne e bambini. Marta Bonafoni invita a costruire una risposta dal basso per preparare una campagna autonoma delle donne in vista delle amministrative di Roma. Valeria Valente, senatrice, sottolinea che è arrivato il momento che le donne chiedano in modo formale al governo di riconoscere il protagonismo delle donne, creando interlocuzioni forti sulle scelte sull’uso delle risorse. M.Luisa Boccia, politica e studiosa, sottolinea l’importanza di una visione distintiva delle donne sull’uscita dalla crisi e indica alcuni terreni su cui costruire iniziative concrete come la medicina del terriotorio, la scuola, il reddito universale europeo, l’emigrazione e lancia l’ idea di un incontro in cui le donne parlano e gli uomini ascoltano. Susanna Camusso della CGIL si sofferma sulla necessità di aprire una grande vertenza sul lavoro delle donne contro le nuove forme di precarietà mascherate da innovazione. Cecilia D’Elia, della conferenza delle donne del PD insiste sul bisogno di costruire reti dentro e fuori le istituzioni attorno a una visione innovativa della politica delle donne, per combattere i tentativi di arretramenti e rispondere ai bisogni di giustizia molto sentiti dalle donne. Bianca Pomeranzi propone un percorso di elaborazione e proposte che si misuri sui territori e si colleghi alle reti europee esistenti. Alessandra Bocchetti dice che le donne devono mostrare la loro forza con azioni visibili e propone una sorta di sciopero nel campo dei consumi. Titta Vaddalà propone di pensare a forme di mobilitazione non di massa ma in forma di carovane, sia reali che virtuali, per rivendicare una interlocuzione diretta ai diversi livelli delle istituzioni. Intanto l’impegno della Casa Internazionale, come ha sottolineato Maura Cossutta in conclusione, è quello di allargare ulteriormente il campo del confronto e dei collegamenti in rete, facendo girare materiali e proposte uscite dalle due giornate, impegnandosi a lavorare su una sorta di “manifesto” che dia voce alla visione delle donne sul Piano italiano e europeo per il Recovery Fund, collegandosi alle tante tante reti esistenti per concordare alcune iniziative, a partire dalla giornata nazionale del 25 novembre contro la violenza alle donne.
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