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Il difficile superamento degli stereotipi

Il difficile superamento degli stereotipi

Media/ La differenza di genere in televisione - Sulla rappresentazione delle donne in tv, continua il dibattito - iniziato sul numero di ottobre di noidonne - provocato dalle istanze sollevate da Ancorpari

Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2005

“Quando abbiamo pensato a questo progetto avevamo una convinzione profonda: la modalità con la quale la televisione, tutta la tv generalista, rappresentava le donne non ci piaceva, non ci convinceva, anzi spesso ci faceva indignare”. Grazia Cotti Porro, vice presidente di Ancorpari e coordinatrice del progetto, illustra come dall’idea il gruppo di lavoro è passato alla costruzione di un progetto complesso e articolato.
“All’avvio del progetto avevamo consapevolezza che delle difficoltà a cui saremmo andate incontro e tuttavia non immaginavamo quanto il mondo della parola e il mondo dell’immagine fossero distanti, soprattutto quando si vuole rappresentare qualcosa che veda il superamento degli stereotipi di genere e l’affermazione di un linguaggio, nella sua accezione più ampia, che ponga maggiore attenzione ai valori della differenza. Il genere è presente nelle relazioni, nel lavoro e nella famiglia e nelle scelte che riguardano la terra, ma questo pare sia ancora patrimonio solo di poche/i specialiste/i che non sono riuscite ancora a far cogliere al resto della società la reale portata dell’abisso di significato fra l’assenza e la presenza di questa attenzione”. La Porro osserva che “i dati dell’Osservatorio di Pavia e anche della metaricerca realizzata nel contesto del progetto sulla base delle registrazioni di 400 ore di programmi andati in onda da nel mese di febbraio 2004 hanno confermato: la scarsa attenzione dedicata dai due principali network italiani alle tematiche femminili e la visione stereotipata della presenza e del contributo femminile, pur nella maggiore e migliore partecipazione delle donne, nella maggior parte delle trasmissioni, comprese quelle di ‘informazione e attualità’”. Quindi il vero punto critico è l’assenza della dimensione di genere “cioè di programmi ‘gender oriented’”. Il lavoro di elaborazione, ricerca e studio che il progetto ha richiesto rappresenta anche “una manifestazione della spinta alla sperimentazione ritenendola la unica via possibile per riaprire il dibattito sulla rappresentanza delle donne in televisione, avviare un nuovo filone di discussione basato sull’analisi di quanto gli stereotipi non siano superati, su come si può far meglio andando oltre l’annosa questione fra ‘genere’ e ‘generale’ trattati come due poli opposti, come se non avessero invece un unico ancoraggio nella realtà di una società formata da donne e uomini nel rispetto delle reciproche differenze e identità”. Occorre comprendere il perché la differenza di genere tende a non assurgere a tema e la televisione tende a confinarla ai margini della produzione o a banalizzarla, come ad esempio nelle plateali liti di coppia. Ma che cosa emerge dalla ricerca? “Gli stereotipi discriminanti più ricorrenti nella rappresentazione della donna riguardano le sue deboli capacità decisionali e il suo inserimento in contesti lavorativi familiari che presentano deficit di autonomia” e allora che fare?. La Porro indica alcune vie da percorrere. “Sgomberare la mente dal pregiudizio che è il padre degli stereotipi e soprattutto vedere il continuo giudicare ed essere giudicati per liberarsi di questo terribile e fondamentale condizionamento della mente; superare il cliché paternalistico, dovuto sia a continua riproposizione dei ruoli più tradizionali sia ad apprezzamenti sull’aspetto o all’insieme soffermarsi della telecamera sui particolari (gambe, scollatura, ecc); superare l’utilizzo del corpo come rappresentazione di ostentazione, seduzione e come mero trampolino di lancio, ma senza volerlo negare; rappresentare la nuova realtà della acquisita capacità decisionale delle donne nell’ambito lavorativo come in quello privato; riequilibrare la rappresentanza di donne autonome sia in contesti pubblici sia in dimensioni affettive e private come apertura di dibattito riconoscendo alle donne non solo la componente affettivo-relazionale e familiare ma anche la capacità di creare un connubio tra competenze emozionali e competenze professionali”. Un particolare ringraziamento la vice presidente l’ha voluto riservare all’artista Kimsooja, che ha concesso l’uso delle immagini dei suoi lavori per i materiali legati al progetto. “Le opere dell’artista coreana corrispondono ad un laboratorio in cui sono metaforicamente tagliate e cucite insieme pezze che compongono nuovi panni televisivi. Mi ha emozionato molto questa idea di rimettere insieme, ricostruire per andare oltre gli stereotipi e ricucire lo strappo fra l’attuale rappresentazioni del maschile e del femminile in TV e superare l’apparente ineluttabilità di una dimensione di genere che non trova ancora la giusta ‘taglia’ televisiva”.

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